Martedì - San Leone Magno - Lc 17,7-10
È innato nell’essere umano attendersi una ricompensa ed una gratificazione, dopo aver adempiuto ad un proprio dovere. Tutto il lavorio dell’uomo è orientato infatti al conseguimento di un giusto salario e ad una adeguata ricompensa. Non è così nei confronti del Signore: da Lui, fonte di ogni bene, Signore dell’universo, nulla possiamo pretendere, anche se tutto speriamo da Lui. Il rapporto infatti che instauriamo con Dio non è confrontabile con quello che viviamo nei confronti del nostro prossimo. “Essere servi del Signore, significa regnare”, garantirsi cioè l’accesso al regno di Dio e godere della sua ineffabile presenza santificante già in questo mondo. Non può essere quindi oggetto di un baratto e ancor meno una pretesa. Ridurremmo il buon Dio ad un semplice buon padrone se lo pensassimo come un datore di lavoro con tutti quei vincoli e obblighi reciproci che li regolano. È per questo che il Signore oggi ci dice che: “Quando avrete fatto tutto quello che vi stato ordinato, dite “siamo servi inutili”. Non è l’esortazione ad un semplice gesto di umiltà, ma il riconoscimento del primato di Dio nell’amore e la consapevolezza che non saremo mai in grado di offrirgli un servizio adeguato alla sua divina maestà. Senza la sua grazia nessuna azione umana, per quanto giusta, potrebbe meritare un premio eterno, la cui essenza è lo stesso amore di Dio, di cui saremo riempiti per l’eternità. Tuttavia in altre parti del Vangelo lo stesso Signore non manca di esortarci al bene anche in vista del premio finale. Ai suoi apostoli egli dice: “In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele”. Ci parla ripetutamente del premio riservato a coloro che gli rimangano fedeli, ma tutto questo ci conferma che solo dalla bontà divina sgorga l’incommensurabile premio. Lo stesso San Paolo, prossimo ormai a concludere la sua buona battaglia, afferma: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione”. Monaci Benedettini Silvestrini
È innato nell’essere umano attendersi una ricompensa ed una gratificazione, dopo aver adempiuto ad un proprio dovere. Tutto il lavorio dell’uomo è orientato infatti al conseguimento di un giusto salario e ad una adeguata ricompensa. Non è così nei confronti del Signore: da Lui, fonte di ogni bene, Signore dell’universo, nulla possiamo pretendere, anche se tutto speriamo da Lui. Il rapporto infatti che instauriamo con Dio non è confrontabile con quello che viviamo nei confronti del nostro prossimo. “Essere servi del Signore, significa regnare”, garantirsi cioè l’accesso al regno di Dio e godere della sua ineffabile presenza santificante già in questo mondo. Non può essere quindi oggetto di un baratto e ancor meno una pretesa. Ridurremmo il buon Dio ad un semplice buon padrone se lo pensassimo come un datore di lavoro con tutti quei vincoli e obblighi reciproci che li regolano. È per questo che il Signore oggi ci dice che: “Quando avrete fatto tutto quello che vi stato ordinato, dite “siamo servi inutili”. Non è l’esortazione ad un semplice gesto di umiltà, ma il riconoscimento del primato di Dio nell’amore e la consapevolezza che non saremo mai in grado di offrirgli un servizio adeguato alla sua divina maestà. Senza la sua grazia nessuna azione umana, per quanto giusta, potrebbe meritare un premio eterno, la cui essenza è lo stesso amore di Dio, di cui saremo riempiti per l’eternità. Tuttavia in altre parti del Vangelo lo stesso Signore non manca di esortarci al bene anche in vista del premio finale. Ai suoi apostoli egli dice: “In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele”. Ci parla ripetutamente del premio riservato a coloro che gli rimangano fedeli, ma tutto questo ci conferma che solo dalla bontà divina sgorga l’incommensurabile premio. Lo stesso San Paolo, prossimo ormai a concludere la sua buona battaglia, afferma: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione”. Monaci Benedettini Silvestrini
Non cercate Gesù in terre lontane: Lui non è là. È vicino a voi. È con voi. Basta che teniate il lume acceso e Lo vedrete sempre. Continuate a riempire il lume con piccole gocce d'amore e vedrete quanto è dolce il Dio che amate.
RispondiEliminaMadre Teresa di Calcutta
Lavorate come se tutto dipendesse da voi, ma pregate come se tutto dipendesse da Dio.
RispondiEliminaSant'Ignazio di Loyola
I nostri cuori, quando sono liberi da tutti i motivi terreni, si danno pienamente a un servizio libero. L'amore di Dio deve spingere a un servizio totale.
RispondiEliminaMadre Teresa di Calcutta
Sta l'uccello nell'aria, / la pietra nel suolo, / vive nell'acqua il pesce, / il mio spirito nelle mani di Dio.
RispondiEliminaAngelus Silesius
La voce di un monaco del Monte Athos
RispondiEliminaQuando vivi e respiri cercando la misericordia di Dio, allora attorno a te si intesse una veste di incorruttibilità e dentro di te freme la dolcezza di una consolazione celeste. [...]. Tutto si riempie di luce. I dubbi si sciolgono silenziosamente. Ami Cristo, la vita. Non temi la morte.
Basilio di Iviròn