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La Vera Vite

Spirito Santo

Spirito Santo
vieni...

Corpus Domini

Corpus Domini

Nel Corpo e nel Sangue di Gesù

Ciascun uomo possa "sentire e gustare" la presenza di Gesù e Maria, SS. Madre della Pentecoste, nella propria vita, in ogni attimo della propria giornata.



Nello Splendore della Resurrezione del Signore l'uomo trovi la sua vera dimensione e riesca ad esprimerla con Amore e Carità. Un abbraccio Michy


Maria SS. di Montevergine

Maria SS. di Montevergine
Maria SS. di Montevergine

Ti seguitò Signore - Mons.Mario Frisina

giovedì 31 dicembre 2009

Riflessioni....Risonanze.....Mercoledì - 31 Dicembre - VII giorno fra l'ottava di Natale

Gv 1,1-18
Il pensiero dominante, che oggi accompagna la stragrande maggioranza della gente, è la fine dell’anno; un giorno e soprattutto una notte da festeggiare con riti diversi, ma con la costante di voler rigettare tutti i mali passati e propiziare il futuro. È sorprendente costatare come la liturgia, che la chiesa ci propone per questo giorno ignori completamente questa realtà. Addirittura, quasi in tono di sfida, ci fa ancora una volta riflettere sul prologo del Vangelo di Giovanni proponendoci le stesse parole con cui inizia anche la Genesi, il primo libro della Scrittura Sacra: “in principio…”. Si parla di un principio senza data, quasi ci si volesse far astrarre dal tempo, ma per dirci che è stato lo stesso Dio a creare e riempire il tempo di tutto ciò che esiste, cominciando da noi uomini, creati a sua immagine e somiglianza. Siamo sollecitati perciò, a partire dalle nostre artificiose suddivisioni, a guardare al tempo in prospettiva di eternità e a riempirlo di sacro. Allora principio e fine si fondono nella continuità e noi a vivere quello spazio che ci è concesso. Il tempo senza Dio diventa un susseguirsi di istanti che consumano e bruciano il tempo perché non vissuto nella verità e nella fecondità. In questa prospettiva comprendiamo meglio l’alternanza della luce e delle tenebre, della cronaca senza significati reali e della storia che diventa sacra. Si tratta in fin dei conti o di accettare Dio come Signore della storia o di abbandonarci ai nostri calcoli umani e alle nostre penose solitudini. San Giovanni ci ricorda che venne la luce vera che illumina ogni uomo, che venne tra la sua gente, ma che i suoi non l’hanno accolta. A coloro che però l’hanno accolta ha dato il potere di diventare figli di Dio. Ecco la vera qualifica e la suprema aspirazione a cui dobbiamo tendere ogni giorno, per tutto il tempo che ci è concesso. Monaci Benedettini silvestrini.

mercoledì 30 dicembre 2009

Riflessioni....Risonanze.....Mercoledì - 30 Dicembre - VI giorno fra l'ottava di Natale

Lc 2,36-40
Le parole con cui la profetessa Anna loda Dio e parla del Bambino Gesù, portato al tempio da Maria e Giuseppe, non ci vengono riportate letteralmente dagli evangelisti, come fanno invece per il cantico di Maria, di Zaccaria e di Simeone. Si parla di lei, della sua vedovanza, della sua veneranda età, della sua piena fedeltà a Dio con digiuni e preghiere in un assidua presenza nel tempio. Poi l’incontro con Gesù e la sua esplosione di gioia, la sua testimonianza, la sua fede semplice e schietta che le consente di riconoscere nel bambino colui che realizzerà tutte le attese d’Israele. Quello di Anna evidentemente è un inno non fatto prevalentemente di parole, ma di una intera vita dedita completamente a Dio. La sua spirituale ascesi raggiunge il culmine proprio nell’incontro personale con Cristo in un momento di particolare illuminazione dello Spirito. Questa santa donna assurge così a simbolo e modello di tante e tante donne che nel corso della storia, hanno offerto e consacrato la propria vita, in modo esclusivo al Signore. Vediamo in lei particolarmente le così dette “recluse”, quelle monache cioè che vivono tutta la propria esistenza nel silenzio e nella preghiera, nei loro monasteri o conventi, completamente segregate dal mondo, ma in continua offerta di se per il mondo. Una categoria di persone, non molto numerosa e non sempre adeguatamente apprezzate nel mondo di oggi, ma che la chiesa invece guarda con particolare simpatia per l’eroicità della loro donazione a Cristo e ai fratelli. Non vivono più per se stesse, ma solo per Cristo a cui consacrano tutta la propria persona, tutta la vita, tutto il tempo. Imparano a riconoscere il valore sacro del silenzio cercato e voluto come strumento che consente l’unione con Dio, l’intensità della preghiera, l’affermazione vissuta del primato di Cristo nella loro esistenza. Per chi vive abitualmente nel chiasso, quotidianamente immerso nelle frenesie del mondo, è un bell’esempio. Monaci Benedettini Silvestrini

martedì 29 dicembre 2009

Riflessioni....Risonanze.....Martedì - 29 Dicembre - V giorno fra l'ottava di Natale

Lc 2,22-35
Anche la vergine immacolata, la madre del Cristo, si sottopone umilmente al rito della purificazione, lei che non aveva mai contratto nessuna impurità. Una indubbia lezione di umiltà. È ancora più significativo invece la presentazione al tempio del bambino Gesù. Prima che lo additasse al mondo Giovanni Battista come l’agnello che togli il peccato dal mondo, sono gli stessi Maria e Giuseppe a presentarlo ufficialmente all’intera umanità. È un gesto sacerdotale quell’offerta, che troverà il pieno compimento ai piedi della croce, quando il bambino sarà la vittima di espiazione da presentare al Padre. Un uomo giusto e timorato di Dio, il vecchio Simeone, illuminato dallo Spirito Santo e certo, per quella luce divina, che non sarebbe morto senza aver prima veduto il Messia del Signore, prende tra le braccia il bambino e, traboccante di gioia, benedice Dio con il suo cantico. Ora che i suoi occhi hanno visto la “salvezza”, non ha più nulla da chiedere a Dio e nulla ha ancora da sperare dalla vita, ora è pronto per andare nella pace eterna. Egli ha compreso che è sorta la luce attesa da tutte le genti, il messia è venuto. Si rivolge poi alla Madre santissima, a Maria: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima». In queste misteriose parole il Santo vecchio Simeone sintetizza la missione del Cristo, come ultima e suprema testimonianza dell’infinito amore misericordioso di Dio, segno di contraddizione per coloro che non comprenderanno quell’amore e svela poi il ruolo e compartecipazione piena della Madre al martirio del Figlio suo: per questo una spada le trafiggerà l’anima: avverrà ai piedi della croce. Monaci Benedettini Silvestrini

lunedì 28 dicembre 2009

Riflessioni....Risonanze.....Lunedì - 28 Dicembre - SANTI INNOCENTI -

Mt 2,13-18
Da Betlemme si scorge, su una collina, una fortezza in rovina: si tratta della tomba del re Erode. Il luogo di nascita di Cristo, invece, era un’umile grotta. Questi due diversi luoghi ben caratterizzano i due diversi re; dobbiamo scegliere tra loro: l’uno era superbo e crudele, l’altro mite e umile. Erode cercava di eliminare ogni rivale, tanto che nemmeno la sua stessa famiglia era al riparo. Di conseguenza, il suo cuore, indurito da lunghi anni trascorsi nel peccato, non provò pietà alcuna per la sofferenza di bambini innocenti, che oggi commemoriamo. La loro morte ci pone di fronte a un paradosso: essi sono morti al posto di Cristo, venuto a morire per loro! Cristo, Principe della Pace, era venuto a riconciliare il mondo con Dio, a portare il perdono ai peccatori e a farci partecipare alla sua vita divina. Possiamo dunque essere sicuri che, nonostante non avessero bisogno di perdono, i santi Innocenti, che hanno perso la loro giovane vita per Cristo e per il suo vangelo, sono stati fra i primi a entrare nella gioia della vita eterna. Commento “La Chiesa”

Ottava di Natale - Lunedì - 28 Dc. Santi Innocenti

Lunedì - 28 Dicembre - SANTI INNOCENTI - Mt 2,13-18
I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:«Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremìa:«Un grido è stato udito in Rama,un pianto e un lamento grande:Rachele piange i suoi figlie non vuole essere consolata,perché non sono più».

Martedì - 29 Dicembre - V giorno fra l'ottava di Natale - Lc 2,22-35
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servovada in pace, secondo la tua parola,perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,preparata da te davanti a tutti i popoli:luce per rivelarti alle gentie gloria del tuo popolo, Israele».Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

Mercoledì - 30 Dicembre - VI giorno fra l'ottava di Natale – Lc 2,36-40
[Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore.] C’era una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Giovedì - 31 Dicembre - VII giorno fra l'ottava di Natale - Gv 1,1-18
In principio era il Verbo,e il Verbo era presso Dioe il Verbo era Dio.Egli era, in principio, presso Dio:tutto è stato fatto per mezzo di luie senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.In lui era la vitae la vita era la luce degli uomini;la luce splende nelle tenebree le tenebre non l’hanno vinta.Venne un uomo mandato da Dio:il suo nome era Giovanni.Egli venne come testimoneper dare testimonianza alla luce,perché tutti credessero per mezzo di lui.Non era lui la luce,ma doveva dare testimonianza alla luce.Veniva nel mondo la luce vera,quella che illumina ogni uomo.Era nel mondoe il mondo è stato fatto per mezzo di lui;eppure il mondo non lo ha riconosciuto.Venne fra i suoi,e i suoi non lo hanno accolto.A quanti però lo hanno accoltoha dato potere di diventare figli di Dio:a quelli che credono nel suo nome,i quali, non da sanguené da volere di carnené da volere di uomo,ma da Dio sono stati generati.E il Verbo si fece carnee venne ad abitare in mezzo a noi;e noi abbiamo contemplato la sua gloria,gloria come del Figlio unigenitoche viene dal Padre,pieno di grazia e di verità.Giovanni gli dà testimonianza e proclama:«Era di lui che io dissi:Colui che viene dopo di meè avanti a me,perché era prima di me».Dalla sua pienezzanoi tutti abbiamo ricevuto:grazia su grazia.Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.Dio, nessuno lo ha mai visto:il Figlio unigenito, che è Dioed è nel seno del Padre,è lui che lo ha rivelato.

Venerdì – 01-01.2010- MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO – Lc 2,16-21
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Sabato - Santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno - Gv 1,19-28
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elìa, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

domenica 27 dicembre 2009

Domenica 27 dicembre - SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE

Gesù è ritrovato dai genitori nel tempio in mezzo ai maestri.

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. Lc 2,41-52

Commento: “La Chiesa”

L’inquietudine e l’incomprensione di Maria e di Giuseppe, nonostante la loro vicinanza a Gesù, nonostante che siano stati preparati da Dio al compito di accompagnare i primi passi della vita di Gesù, ci riportano a quello che è il nostro atteggiamento di fronte all’opera di Dio in noi e intorno a noi. Ogni essere è un mistero per quelli che lo circondano. La sofferenza che nasce da questa solitudine collettiva non trova pace se non nella fede. Noi siamo vicini gli uni agli altri perché siamo tutti amati di un amore divino. L’amore che ci unisce, lungi dall’abolire il nostro essere diversi gli uni dagli altri, rafforza, anima e sviluppa quanto c’è di originale in noi. Ma solo una carità che venga da Dio può mettere nei nostri cuori una tale disposizione. Maria e Giuseppe non hanno capito a fondo ciò che Gesù diceva o faceva. Ma hanno accettato, nella fede e per amore, di vederlo compiere la sua vita e adempiere alla sua missione, partecipandovi nell’oscurità della loro fede. Che lezione per noi! Quando non capiamo l’azione del nostro prossimo, perché supera le nostre capacità, dobbiamo saper amare senza capire: solo con un tale atteggiamento tutto diventa possibile.

sabato 26 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la IV Settimana di Avvento - Natale del Signore Gesù) - Santo Stefano


Sabato - SANTO STEFANO - Mt 10,17-22

Le feste che seguono immediatamente il Natale hanno un nesso evidente con la nascita del Cristo: oggi la lapidazione del Diacono Stefano, primo martire e dopodomani la strage dei Santi bambini Innocenti, ci parlano in modo evidente della sorte che toccherà al Figlio di Dio, nato bambino. Ci parlano del prezzo del nostro riscatto, ci parlano delle trame oscure che gli uomini vanno ordendo da sempre contro di lui. Ci descrivono in anticipo una storia assurda, che si snoda nei secoli. Ci parlano del peccato del mondo e della storia vera della chiesa di Cristo. Si snoda già da oggi quel mirabile ed incessante duello tra le forze del male che vorrebbero chiudere definitivamente in un sepolcro di morte prima il Cristo e poi i suoi seguaci. Tutti i persecutori della chiesa dovrebbero finalmente capire che il sangue dei martiri, da Santo Stefano fino a quello dei nostri giorni, è stato sempre il seme che l'ha fecondata di nuovi figli e l'ha resa sempre più sposa degna del martire divino. Il martirio del Santo di oggi ricalca fedelmente, nei suoi tratti essenziali, quello di Cristo. Ancora una volta viene condannato un innocente, che si "vendica" con il suo perdono. Così egli diventa il vero vincitore e i cieli si aprono su di lui.. Monaci Benedettini Silvestrini

venerdì 25 dicembre 2009

Natale del Signore

Omelia di padre Gian Franco Scarpitta

La gioia che proviene da un Eventola gioia del Natale non è quella che ci deriva dalla propaganda immancabile dei consumi che, quando esagerata e deviante, tende a confonderci e a disorientarci screditando il vero senso della festa, per la quale sembrerebbe Natale solo l'evenienza di questa o quella marca di panettone o la corsa al regalo elettronico e alla pelliccia più esaltante; non è neppure quella che potrebbe provenire da un concetto astratto, da una scoperta scientifica o dal sensazionalismo di una notizia foriera di novità passeggere, ma semplicemente la gioia indefinita e del tutto speciale di un Evento realizzatosi una volta sola nella storia, che ha il suo riverbero in tutte le epoche e che anche ai nostri giorni non cessa di stupirci e di affascinarci: Dio, nonostante la sua indiscutibile magnificenza e grandezza, si è fatto Bambino. Il Verbo, Parola Creatrice costerno al Padre e partecipe della sua stessa sostanza, si è fatto carne, cioè ha assunto tutta le precarietà e le debolezze umane, confondendosi con gli uomini di un periodo determinato della storia ai fini di assumere la storia umana fino in fondo. Che Dio abbia creato il mondo ha già il suo fascino, ma ancora più esaltante e magnifico è che Egli abbia voluto spogliarsi di tutte le sue certezze per noi.Si tratta della gioia che è vano procacciare nel marasma delle disillusioni umane e che solo lo stesso Verbo Incarnato può garantire, perché Lui solo può avere interesse a che l'uomo ritrovi se stesso in Dio.Pochissimi giorni fa' il libro di Michea ci invitava a guardare Betlemme sotto l'aspetto geografico, in sintonia con la dimensione profetica di città piccola e dimessa e allo stesso tempo privilegiata: "E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti." (Mic 5, 1)Il profeta prometteva che il re di Israele sorgesse proprio da questo sparuto villaggio di Giudea, a significare come Dio esalta e privilegia l'umiltà e la mansuetudine resistendo ai superbi e agli altezzosi: nessuno infatti si sarebbe mai immaginato che il Salvatore potesse incarnarsi in una dimensione così sottomessa della storia, deliberando per una situazione familiare così precaria e una città così insignificante, stando alle interpretazioni degli stessi Israeliti: l'Onnipotente Eterno Dio, Creatore di tutte le cose nasce da donna, sotto la legge, per riscattare tutti quelli che sono sotto la legge (Gal 4, 4 - 5) e per intrattenersi con gli uomini svelando a tutti i misteri del Regno dei Cieli.Dio, che potrebbe nascere nella carne in una possente dimora regale, attorniato da innumerevoli sicurezze, sfarzi e comodità che gli garantirebbero l'esercizio della sua autorità indiscussa, preferisce nascere nella piccolezza e nell'umiltà di un paesino sperduto, per di più dal grembo di una umilissima fanciulla, che lo accudisce in un alloggio ostile e rude come quello della mangiatoia! Perché il Creatore decide di diventare Bambino sotto queste condizioni storiche che la nostra umanità interpreta come assurde, impensabili e inaudite? Semplicemente perché Egli prende le distanze dal comune sentire proprio dell'umanità e dalle pretese arrivistiche e ambiziose che caratterizzano le nostre scelte, non ama esaltarsi torreggiando sulla massa, come avviene nei nostri ambiti sociali e professionali, non predilige la grandezza e la caparbietà dietro la quale l'uomo tende a nascondersi per venire meno alla propria realizzazione di maturità e dignità personale; decide piuttosto di assumere quegli aspetti dell'umano che noi definiamo ignobili e aberranti e che tutti vorremmo evitare: la miseria, l'annientamento, l'abbandono. Nelle vesti di un Bambino indifeso, Dio smentisce se stesso per esaltare tutti gli uomini, ma soprattutto per solidarizzare con quanti sono vittime della stessa umanità, ossia con i poveri, gli emarginati, i diseredati, i dimenticati: Dio si mostra solidale soprattutto con coloro che subiscono le ingiustizie della convivenza umana, le discriminazioni sociali, le oppressioni e le ingiustizie di chi presume di esercitare un potere disgregante sugli altri; nascendo nella carne Dio sottomette la propria carne alle intemperie, alla fame e alle insicurezze per sperimentare il dolore di quanti anche oggi subiranno le stesse sofferenze. Per questo il Natale del Signore appartiene esclusivamente ai poveri e agli sfiduciati, che da sempre sono stati resi oggetto dell'amore privilegiato di Dio e che sederanno accanto a Lui nel giorno del giudizio per corrispondere assieme a Lui a ciascuno secondo i propri meriti. Natale è il giorno in cui il Tutto si perde volontariamente nel Nulla, la Grandezza si concede alla frammentarietà infinitesima e la Gloria si perde nella miseria e nel deprezzamento degli uomini, pertanto possiamo essere certi che se vogliamo trovare il Signore con certezza lo potremo rinvenire nei poveri e negli affranti e per estensione anche negli ammalati, nei sofferenti e in coloro che hanno smarrito la fiducia e la speranza.Tuttavia in questo giorno celebriamo che "il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi", per percorrere i cammini di tutti gli uomini, di qualsiasi appartenenza sociale e culturale, volendo condividere le ansie e i problemi di tutti e come afferma Paolo a Tito"si è manifestata la grazia salvatrice di Dio a tutti gli uomini", senza alcuna eccezione, pertantosiamo tutti spronati a rinnovare la fiducia e la speranza e a non perderci di coraggio nelle sfide del quotidiano, in tutti gli aspetti della vita, in cui le lotte, gli oneri e le delusioni sono all'ordine del giorno e non di rado vi è anche chi si lascia catturare dalla morsa della disperazione. Gesù viene a condividere la nostra storia percorrendone le tappe più impegnative e deprimenti perché il Lui possiamo trovare un alleato certo, pronto a schierarsi dalla nostra parte; mentre in questi mesi l'Italia conta oltre 240000 posti di lavoro in meno e si perdono moltissime prospettive per il futuro dei giovani, Gesù fatto uomo, vivente in mezzo a noi, che viene a visitarci con la sua salvezza, si rivolge alla gioventù odierna perché trovi orientamento in Lui, che ha condiviso le insicurezze professionali da umile apprendista artigiano, che ha patito le asperità consumandosi nella fatica per tanti anni prima di partire per il suo ministero di annuncio e che anche nella vita pubblica si è trovato a chinarsi sulle varie situazioni di miseria e di sofferenza. Occorre infatti non perdersi d'animo e perseverare nel bene con rinnovato entusiasmo e vigore, nonostante le avversità che incombono nella vita di tutti i giorni e il Signore Bambino che ha vissuto l'umanità fino in fondo, a questo ci sprona tutti quanti, garantendo la sua amicizia e la sua vicinanza.Mentre dietro a un deplorevole evento che in questi giorni ha interessato l'incolumità del nostro Premier si consumano innumerevoli, insinuazioni e polemiche ridicole e incresciose che denotano lo stato di tensione e di odio che acceca il nostro mondo politico, il Salvatore nelle vesti insicure di Fanciullo ci assicura che l'amore vince sempre l'odio e che qualsiasi sistema di governo è infallibile quando ci si china veramente al servizio degli altri, soprattutto nelle posizioni di presunto prestigio.Mentre celebriamo il privilegio che ci appartiene come cristiani di affidarci a un Dio così premuroso da farsi per noi Bambino, non possiamo pertanto disattendere il monito di Paolo ad assumere gli stessi sentimenti di Gesù Cristo che pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso" (Fil 2, 2 e ss) ma neppure possiamo trascurare l'invito alla gioia e all'esultanza che ci proviene dal profeta Isaia, che ci descrive come "il popolo che nelle tenebre vide una grande luce: "Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda." (Is 9, 1-4).Con questi sentimenti di gioia e di speranza che mi premuro di comunicarVi nelle intenzioni profonde di sincerità spassionata, voglio condividere con voi la gioia che scaturisce solamente da un evento unico e irripetibile e per questo non posso che comunicarvi BUON NATALE.Il giorno della celebrazione della Divina Infanzia possa essere per noi davvero motivo di orgoglio e di gioia infinita di fronte alle incertezze e alle inquietitudini del mondo e la nascita di Dio nella nostra storia possa avvero provvedere a che noi rinasciamo a noi stessi.BUON NATALE A TUTTI NEL SIGNORE.

giovedì 24 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la IV Settimana di Avvento - Natale del Signore Gesù) - Vigilia del Natale del Signore Gesù

Questo testo è preceduto dalle motivazioni di quanto qui è annunciato come un evento di grande luce. Si tratta addirittura di un sole che sorge. E sappiamo bene che il nostro sole di vita e di gioia è Gesù. Come ha potuto avvenire un simile evento di chiarità solare, dunque di gioia e salvezza?Non è stata l'umanità a meritarlo con la sua storia tutta segnata da errori, cadute, a volte da oscure nefandezze. Tutto è avvenuto "grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio". La nostra meditazione si muove proprio su questa traiettoria: dall'immersione gioiosa nella fede-certezza di un Dio che infinitamente ci ama in forza della sua bontà (che è il suo stesso essere misericordia illimitata) a un emergere con sguardo che contempla un Sole Nascente. È un Sole che è luce piena d'amore. È Gesù che non ci lascia dentro le nostre tristezze, pessimismi e depressioni. Assolutamente no! È venuto ad aprirci la via della pace che è Lui stesso, il suo vangelo. È venuto a guidarci, passo passo, proprio su questa strada.Signore, Tu ci apri, in questa vigilia di Natale, la visione opposta a quella dell'affannosa corsa alle cose da preparare perché il Natale sia pieno di regali. Tu mi fai contemplare Gesù come un gran sole che si affaccia all'orizzonte della mia vita con la promessa di quello che più conta: la pace. Proprio quella pace che ottengo in cuore quando con Lui (non da solo) compio ciò che il Padre vuole. Eremo San Biagio

mercoledì 23 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la IV Settimana di Avvento - Natale del Signore Gesù

Mercoledì – Lc 1,57-66
Anche Maria, la Vergine Madre, nel suo cantico aveva lodato il Signore per la sua misericordia. Fanno la stessa cosa i vicini e i parenti di Elisabetta alla notizia che si è compiuto per lei il tempo del parto. Questo è sempre motivo di gioia perché una nuova vita viene in questo mondo, nel caso della nascita di Giovanni, così vuole Elisabetta che si chiami il suo bambino, ci sono motivi speciali per rallegrarsi e benedire il Signore. Quel bambino ha una missione davvero speciale da compiere: sarà il precursore del Cristo, colui che ha il compito di preparargli immediatamente la strada. Lo dovrà additare al mondo come l'Agnello che togli i peccati del mondo. Già la sua nascita prodigiosa viene accolta da molti come un'attesa di fausti eventi futuri. La gente si chiedeva: «Che cosa sarà mai questo bambino?». Lo scopriranno dopo non molti anni quando il Precursore sulle rive del Giordano, inizierà la sua vibrante predicazione. Il lieto evento tra l'altro segnerà la fine del mutismo del padre Zaccaria, il che ha un significato che trascende quello letterale. «Aprire la bocca dei muti» è appunto una dei compiti messianici, è quindi normale che tale azione salvifica inizi dal padre del Battista. Sarà poi Gesù a completare quell'opera quando insegnerà ai suoi apostoli e tramite loro ad ognuno di noi, a chiamare Dio con il nome di Padre.. Monaci Benedettini Slvestrini

martedì 22 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la IV Settimana di Avvento - Natale del Signore Gesù

Martedì – Lc 1,46-55
Tra i gioielli della letteratura cristiana è il Magnificat che Luca pone in bocca alla Vergine Madre! Maria, appena Elisabetta ricambia il suo saluto, riconoscendola come Madre del Signore, canta la gioia che le germoglia dentro!Vale la pena di riposarvi il cuore pregandolo per intero insieme alla Madonna.Qui però ci si sofferma su questa prima espressione che evidenzia due atteggiamenti di Maria, vero modello di orante.Anzitutto bisogna dire che è un'espressione di gioia profonda e diffusiva. Una gioia che sgorga anzitutto dal primo atteggiamento: quello di voler magnificare il Signore, cioè lodarlo con tutto lo slancio del cuore. Ed ecco il secondo atteggiamento di Maria: quello in cui riconosce che Dio "ha guardato all'umiltà della sua serva". Attenzione! La parola ‘umiltà' qui non equivale alla virtù dell'umiltà.Maria dice che il Signore ha posato gli occhi sul ‘niente' che lei è e si sente. È il senso evidente della sua creaturalità: di un limite, non di un vanto. E l'esultanza, l'esplodere e il dilagare della gioia viene proprio di lì. Lo sguardo di Maria è su Dio. E anche quando vede se stessa, il suo vedersi nel Signore non permette che il suo ‘niente' l'accasci. Tutt'altro! Si coglie amata, proprio dentro il proprio nulla. E la grande gioia sgorga da questo suo protendersi a Dio, contemplarlo e lodarlo, conoscendo anche se stessa in un'estrema povertà però trasfigurata dall'infinito amore di lui.Attendo il Natale in questo sguardo contemplativo consono a quello di Maria e lascio che la sua gioia dilaghi in me.Signore, sei grande e potente! Io sono un niente ma amato e salvato da te. Vieni, Signore Gesù. Vieni! Eremo San Biagio

lunedì 21 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la IV Settimana di Avvento - Natale del Signore Gesù

Lunedì - Lc 1,39-45
L'evangelista Luca ha appena narrato l'evento centrale della storia: con la collaborazione del ‘Sì' di Maria, "il Verbo di Dio si fece carne" nel grembo di una donna. E questa donna, subito, si lascia afferrare dalle urgenze della carità e va dalla vecchia cugina Elisabetta in situazione di faticosa gestazione di un figlio: Giovanni Battista. La scena è un affresco pieno di letizia tenerezza stupore e luce divina.La giovane donna Maria di Nazareth entra nella casa e abbraccia la cugina con un saluto in cui riverenza per l'anziana cugina e offerta di prestazioni amorevoli sono la stessa cosa. E quel saluto è impregnato delle presenza che già misteriosamente abita nel grembo di Maria. È la presenza dell'Onnipotente Iddio reso piccolo seme dell'uomo. Potrebbe distruggere tutti e tutto. Ma, al contrario, protegge e accarezza, vivifica il bambino che è nel grembo di Elisabetta. Il risultato ‘qui e ora'? Un sussulto di gioia del nascituro nello Spirito Santo.Com'è bello abbandonarsi a un momento contemplativo che faccia spazio, anche in te, a questa gioia! Essa è stata definita da Chesterthon "il gigantesco segreto cristiano".E scaturisce proprio da una presenza: quella di Gesù che vive, per fede, nel cuore di chi crede e vive coerentemente al vangelo.Signore Gesù, nell'imminenza del tuo Natale, rendimi capace di attenzione interiore a questi misteri che si rinnovano anche in me se vivo le contingenze di questi giorni con cuore aperto al dono del tuo amore e mi lascio rendere capace di amare a mia volta, donandomi.
Eremo San Biagio

IV Settimana di Avvento - S. Natale

Lunedì - Lc 1,39-45
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Martedì – Lc 1,46-55
In quel tempo, Maria disse:«L’anima mia magnifica il Signoree il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,perché ha guardato l’umiltà della sua serva.D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotentee Santo è il suo nome;di generazione in generazione la sua misericordiaper quelli che lo temono.Ha spiegato la potenza del suo braccio,ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;ha rovesciato i potenti dai troni,ha innalzato gli umili;ha ricolmato di beni gli affamati,ha rimandato i ricchi a mani vuote.Ha soccorso Israele, suo servo,ricordandosi della sua misericordia,come aveva detto ai nostri padri,per Abramo e la sua discendenza, per sempre».

Mercoledì – Lc 1,57-66
In quei giorni, per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.

Giovedì – Lc 1,67-79
In quel tempo, Zaccarìa, padre di Giovanni, fu colmato di Spirito Santo e profetò dicendo:«Benedetto il Signore, Dio d’Israele,perché ha visitato e redento il suo popolo,e ha suscitato per noi un Salvatore potentenella casa di Davide, suo servo,come aveva dettoper bocca dei suoi santi profeti d’un tempo:salvezza dai nostri nemici,e dalle mani di quanti ci odiano.Così egli ha concesso misericordia ai nostri padrie si è ricordato della sua santa alleanza,del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre,di concederci, liberati dalle mani dei nemici,di servirlo senza timore, in santità e giustiziaal suo cospetto, per tutti i nostri giorni.E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimoperché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,per dare al suo popolo la conoscenza della salvezzanella remissione dei suoi peccati.Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio,ci visiterà un sole che sorge dall’alto,per risplendere su quelli che stanno nelle tenebree nell’ombra di morte,e dirigere i nostri passisulla via della pace».

Venerdì - NATALE DEL SIGNORE

MESSA DELLA NOTTE -Lc 2,1-14
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:«Gloria a Dio nel più alto dei cielie sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

MESSA DELL'AURORA -Lc 2,15-20
Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

MESSA DEL GIORNO - Gv 1,1-18
In principio era il Verbo,e il Verbo era presso Dioe il Verbo era Dio.Egli era, in principio, presso Dio:tutto è stato fatto per mezzo di luie senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.In lui era la vitae la vita era la luce degli uomini;la luce splende nelle tenebree le tenebre non l’hanno vinta.Venne un uomo mandato da Dio:il suo nome era Giovanni.Egli venne come testimoneper dare testimonianza alla luce,perché tutti credessero per mezzo di lui.Non era lui la luce,ma doveva dare testimonianza alla luce.Veniva nel mondo la luce vera,quella che illumina ogni uomo.Era nel mondoe il mondo è stato fatto per mezzo di lui;eppure il mondo non lo ha riconosciuto.Venne fra i suoi,e i suoi non lo hanno accolto.A quanti però lo hanno accoltoha dato potere di diventare figli di Dio:a quelli che credono nel suo nome,i quali, non da sanguené da volere di carnené da volere di uomo,ma da Dio sono stati generati.E il Verbo si fece carnee venne ad abitare in mezzo a noi;e noi abbiamo contemplato la sua gloria,gloria come del Figlio unigenitoche viene dal Padre,pieno di grazia e di verità.Giovanni gli dà testimonianza e proclama:«Era di lui che io dissi:Colui che viene dopo di meè avanti a me,perché era prima di me».Dalla sua pienezzanoi tutti abbiamo ricevuto:grazia su grazia.Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.Dio, nessuno lo ha mai visto:il Figlio unigenito, che è Dioed è nel seno del Padre,è lui che lo ha rivelato.

Sabato - SANTO STEFANO - Mt 10,17-22
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato».

domenica 20 dicembre 2009

IV Domenica di Avvento


A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».Lc 1,39-45


Omelia
di
padre Ermes Ronchi
Dio viene come vita e come gioia


Nel Vangelo profetiz­zano per prime le madri, due donne con il grembo carico di cie­lo, abitate da figli inesplica­bili. Maria ed Elisabetta so­no i primi profeti del Nuovo Testamento: la prima pa­rola di Dio è la vita.Dio viene come vita. Due donne, la vergine e la sterile, entrambe incinte in mo­do «impossibile» annun­ciano che viene nel mondo un «di più», viene ciò che l'uomo da solo non può darsi.Dio viene come gioia. Per due volte Luca ripete che il bambino salta di gioia nel grembo. In quel bambino è l'umanità intera che speri­menta che Dio dà gioia, la terra intera che freme per le energie divine che in essa sono deposte ogni giorno.Dio viene come abbraccio. La preghiera di Maria non nasce nella solitudine, ma nell'abbraccio di due don­ne, in uno spazio di affetto. Dio viene nelle mie relazio­ni, mediato da persone, da incontri, da dialoghi, da ab­bracci. «Le mie braccia allargate sono appena l'ini­zio del cerchio. Un Amore più vasto lo compirà» (M. Guidacci).«Benedetta tu fra le donne!» La prima parola di Elisa­betta è una benedizione che da Maria discende su tutte le donne. Benedetta sei tu fra le donne che sono, tutte, benedette. Ad ogni frammento, ad ogni atomo di Maria, sparso nel mon­do e che ha nome donna (G. Vannucci) vorrei ripete­re la profezia di Elisabetta: che tu sia benedetta, che benefico agli umani sia il frutto dell'intera tua vita.Ogni prima parola tra gli uomini dovrebbe avere il «primato della benedizio­ne». Dire a qualcuno «ti be­nedico!» significa vedere il bene in lui, prima di tutto il bene e la luce, e il buon gra­no, con uno sguardo di stu­pore, senza rivalità, senza invidia. Se non imparo a benedire chi ho accanto, la vita, non potrò mai essere felice.Ogni prima parola con Dio abbia il primato del ringra­ziamento. Come fa Maria con il suo Magnificat, che è il suo Vangelo: la lieta noti­zia dell'innamoramento di Dio, che ha posto le sue ma­ni nel folto della vita. Per dieci volte Maria ripete: è lui, è lui che guarda, è lui che innalza, è lui che riem­pie, è lui. Il centro del cristianesimo è ciò che Dio fa per me, non ciò che io fac­cio per Dio. Anch'io abiterò la vita con tutta la mia complessità, con la parte di Zaccaria che fatica a credere, di Elisa­betta che sa benedire, con la parte di Maria che sa lo­dare, di Giovanni che sa danzare, portando in mol­ti modi il Signore nel mon­do. E forse verrà pronunciata anche per me la paro­la: Benedetto sei tu perché porti il Signore, come Ma­ria.

sabato 19 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la III Settimana di Avvento

Sabato - Lc 1,5-25
Il "non temere" del Vangelo di oggi, è un'espressione utilizzata sovente per introdurre un evento straordinario in ordine al progetto di Dio. Il Suo intervento nella nostra vita spesso ci spaventa! Il progetto di Dio sembra, a volte, capovolgere la nostra ‘normalità': così è dell'evento qui annunciato, la nascita di Giovanni Battista. Nonostante l'età avanzata e la sterilità di Elisabetta nascerà a Zaccaria un figlio!Zaccaria esita di fronte a questo straordinario annuncio e dubita: non è possibile! E il suo dubbio gli chiude l'accesso al mistero, diventa muto. L'angelo Gabriele lo avvisa "tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compieranno a loro tempo". E gli annuncia inoltre la missione del figlio:"Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto".Nella sua misericordia, Dio fa concorrere ogni frammento di storia al compimento del Suo piano di salvezza per l'umanità e invita alla collaborazione tutti, anche me e te, oggi. Eremo San Biagio

venerdì 18 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la III Settimana di Avvento

Venerdì - Mt 1,18-24
Oggi, Matteo continua a radicare Gesù nella storia del popolo d'Israele, segnalando la continuità tra le profezie circa il messia tanto atteso e la generazione e nascita di Gesù, compimento delle promesse; cita il profeta Isaia: "Ecco la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome Emmanuele, che significa Dio con noi" (Is 7,14). E nel Vangelo il grande progetto di Dio sta realizzandosi; ne è coinvolto, suo malgrado, anche Giuseppe, fidanzato di Maria.Il fatto che Maria fosse incinta l'aveva sconvolto e confuso perché era un uomo giusto che viveva secondo la legge. Amava Maria, non voleva pensare male di lei, ma c'era la legge …; e mentre Giuseppe si preoccupava cercando una soluzione umana al problema, Dio interviene nel sogno per rassicurarlo e affidargli una missione nella storia della salvezza: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria tua sposa. Infatti, il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccatti".Giuseppe accoglie umilmente la volontà di Dio e prende Maria nella sua casa. Sarà lui a dare il nome a Gesù (prerogativa del padre che voleva dire: accettazione piena del figlio). E Gesù diviene così, a pieno titolo, ‘figlio di Davide', Salvatore del suo popolo (Eremo s. Biagio)

giovedì 17 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la III Settimana di Avvento

Giovedì - Mt 1,1-17
I primi diciassette versetti del Vangelo di Matteo contengono una lunga lista di nomi. Vogliono raccontare una genealogia che inizia da Abramo, nostro padre nella fede, e giunge fino a Cristo, della stirpe di Davide. E’ difficile per chi non è assuefatto al linguaggio biblico comprendere che dentro ogni nome è contenuta una storia, apparentemente slegata l’una dall’altra, storia di ansie e di dolori, di santità e di tradimenti, di attese e di speranze, che risultano alla fine, in una visione teologica della storia, tutte incollate ad un approdo, ad un tempo, ad un evento e soprattutto ad una persona, alla persona del Cristo. I disegni di Dio hanno i propri percorsi, s’insinuano nelle vicende degli uomini, sembra talvolta ne risultino sconvolti e distorti, ma alla fine la conclusione nella fede è sempre la stessa: “quello che il Signore vuole, Egli lo compie in cielo e sulla terra”. Dio è Signore della storia e ad ogni Natale tale realtà rifulge di particolare evidenza. Quando le nostre storie sembrano calare a precipizio negli abissi del male, dovremmo ricordarci del Dio che salva, che interviene, che redime le nostre vicende, anche le peggiori. Monaci Benedettini Silvestrini

mercoledì 16 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la III Settimana di Avvento

Mercoledì – Lc 7,19-23
Quando l'attesa si fa più urgente, quando gli eventi del mondo sembrano precipitare nel baratro del male, l'invocazione di un salvatore diventa accorata. Lo stesso Giovanni, che aveva annunziato la presenza del Messia e l'aveva battezzato nel Giordano, raccoglie quest'ansia di certezza ed invia alcuni dei suoi discepoli per porgere a Gesù una precisa domanda: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?» Gesù rassicura Giovanni Battista e tutti noi. I segni, di cui parlavano le antiche profezie, e le opere che egli compie, manifestano in modo evidentissimo che il Regno di Dio si sta attuando, è già presente nella sua persona e nelle sue opere, si è calato ormai in modo definitivo nella storia del mondo: «andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Ecco come si manifesta concretamente il regno di Dio: è la salvezza delle anime e dei corpi, è la potenza di Dio che si pone a servizio dell'uomo. Fa tristezza il dover costatare che ancora oggi quell'interrogativo a cui è già stata data la più piena ed esauriente risposta, venga ancora ripetuto all'infinito. Ancora permane lo scandalo nei confronti di Gesù. Quel messaggio di salvezza, che ha coinvolto e coinvolge tutti gli uomini di tutti i tempi con preferenza per gli oppressi, i malati nel corpo e nello spirito, viene ancora ignorato e rifiutato. Fin quando permane l'interrogativo: «chi dobbiamo attendere?» e non sgorga la pienezza della fede, inevitabilmente Cristo non trova spazio ed accoglienza e altri regni tentano di instaurarsi sulla terra, altri salvatori si propongono. Coloro che si aprono alla buona Novella potranno godere invece di una pienezza che Giovanni, pur essendo un grande profeta, tra i nati di donna non è sorto uno più grande di lui, non ha potuto raggiungere. Padri Benedettini Silvestrini

martedì 15 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la III Settimana di Avvento

Martedì - Mt 21,28-32
La conversazione di ieri con i dottori della legge ha un seguito nella pericope di oggi: nella parabola dei due figli. Come reazione spontanea a questa storia mi è per prima cosa venuta in mente la formula seguente: “Che il vostro sì sia sì ed il vostro no sia no”, che non sembra qui avere nessun seguace. Mentre uno dei figli dice “sì, sì”, ma senza agire di conseguenza, l’altro riflette e ritorna sul suo primo rifiuto. Finisce per compiere la missione che suo padre gli aveva affidato. Considerando il risultato, non ho nessuna esitazione a riconoscere che è lui che ha compiuto la volontà del padre - non vi è nessun dubbio, nemmeno per i farisei. Considerata la situazione del brano - e non solo questa - i farisei - e, ancora una volta, non solo loro - si trovano messi davanti ad uno specchio. Perché, in fin dei conti, a cosa servono un pio discernimento e un santo discorso, se vi sono due mondi interi tra le parole e gli atti? Commento “La Chiesa”

lunedì 14 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la III Settimana di Avvento

Lunedì - San Giovanni della Croce - Mt 21,23-27
Mentre Gesù insegnava nel Tempio, dopo l'episodio della profanazione, i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo gli dissero: "Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità"? Non lo interrogavano perché alla ricerca della verità ma per imbrogliare Gesù con i loro ragionamenti tortuosi. Volevano condurlo ad opporsi alle tante leggi che offuscavano l'autorità di Dio.Conoscendo il loro intento, Gesù sta al gioco e pone anch'Egli una domanda acuta :"Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?". Rispondere a tali domande era impossibile senza prendere posizione pro o contro Giovanni, considerato dal popolo una profeta di Dio. Implicita, nella provocazione di Gesù, è la sfida di pronunciarsi per Lui o contro di Lui.Gesù coglie ogni occasione per manifestare la sua vera identità, ma i capi dei sacerdoti e molti anziani rimangono chiusi nel loro individualismo.Avevano ascoltato giorno dopo giorno il suo insegnamento, avevano visto i miracoli, avevano sentito la testimonianza di Giovanni e conoscevano le scritture, ma non hanno saputo interpretare l'oggi di Dio. La cecità più grave è quella della volontà: non vogliono vedere perché presumono di sapere più di Gesù. Eremo San Biagio

III Settimana di Avvento

III Settimana di Avvento

Lunedì - San Giovanni della Croce - Mt 21,23-27
In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?». Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?». Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta».Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».

Martedì - Mt 21,28-32
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

Mercoledì – Lc 7,19-23
In quel tempo, Giovanni chiamati due dei suoi discepoli li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”». In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

Giovedì - Mt 1,1-17
Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.

Venerdì - Mt 1,18-24
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa «Dio con noi».Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

Sabato - Lc 1,5-25
Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccarìa, della classe di Abìa, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.Avvenne che, mentre Zaccarìa svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso. Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccarìa si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccarìa, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elìa, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto». Zaccarìa disse all’angelo: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni». L’angelo gli rispose: «Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo».Intanto il popolo stava in attesa di Zaccarìa, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto.Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini».

domenica 13 dicembre 2009

III Domenica di Avvento - S. lucia

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.Lc 3,10-18

Omelia
di
padre Ermes Ronchi

«Esulterà, si ralle­grerà, griderà di gioia per te, co­me nei giorni di festa». Nel­le parole del profeta, Dio danza di gioia per l'uomo. Sofonia racconta un Dio fe­lice il cui grido di festa at­traversa questo tempo d'avvento e ogni tempo dell'uomo e ripete, a me, a te, ad ogni creatura: «tu mi fai felice». Tu, festa di Dio.Dio seduce proprio perché parla il linguaggio della gioia, perché «il problema della vita coincide con quello della felicità» (Nietz­sche). Mai nella Bibbia Dio aveva gridato. Aveva parla­to, sussurrato, tuonato, a­veva la voce dei sogni; solo qui, solo per amore Dio gri­da. Non per minacciare, so­lo per amare. Mentre il profeta intuisce la danza dei cieli e intona il canto dell'amore felice, il Battista risponde alla do­manda più feriale, che sa di mani e di fatica e incide nei giorni: «che cosa dobbiamo fare?». E l'uomo che non possiede nemmeno una veste degna di questo no­me, risponde: «chi ha due vestiti ne dia uno a chi non ce l'ha».Colui che si nutre del nulla che offre il deserto, caval­lette e miele selvatico, risponde: «chi ha da man­giare ne dia a chi non ne ha». Nell'ingranaggio del mondo Giovanni getta un verbo forte, «dare». Il primo verbo di un futuro nuovo.In tutto il Vangelo il verbo a­mare si traduce con il ver­bo dare (non c'è amore più grande che dare la vita; chiunque avrà dato anche solo un bicchiere d'acqua fresca; c'è più gioia nel da­re che nel ricevere…). È leg­ge della vita: per stare bene l'uomo deve dare.Vengono pubblicani e sol­dati, pilastri del potere: «e noi che cosa faremo?». «Non prendete, non estor­cete nulla, non accumula­te». Tre risposte per un pro­gramma unico: tessere il mondo della fraternità, co­struire una terra da cui sal­ga giustizia. Il profeta sa che Dio si trasmette attraverso un atteggiamento di rispet­to e di venerazione verso tutti gli uomini, e si tra­smette come energia libe­ratrice dalle ombre della paura che invecchiano il cuore. L'amore rinnova ( Sofonia), la paura invec­chia il cuore. «E io, che cosa devo fare?». Non di grandi profeti ab­biamo bisogno ma di tanti piccoli profeti, che là dove sono chiamati a vivere, an­che non visti, giorno per giorno, siano generosi di giustizia, di pace, di onestà, che sappiano dialogare con l'essenza dell'uomo, por­tando se non la Parola di Dio almeno il suo respiro alto dentro le cose di ogni giorno.Allora, a cominciare da te, si riprende a tessere il tessu­to buono del mondo.

sabato 12 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la II Settimana di Avvento

Sabato – Mt 17,10-13
Con la loro domanda, i discepoli esprimono le riserve dei dottori della legge verso Gesù. Se Gesù fosse il Messia atteso, il profeta Elia avrebbe dovuto essere tornato da molto tempo per preparare la sua venuta. E se Elia fosse effettivamente stato là, avrebbe già cominciato molte cose: non ci sarebbero più oppressioni politiche, il dominio dell’uomo sull’uomo sarebbe giunto alla fine, non vi sarebbero più opposizioni sociali tra poveri e ricchi, una nuova era di pace sarebbe già iniziata. Gesù spiega ai suoi discepoli che la nuova era di pace comincia adesso, per coloro che colgono la loro opportunità, che rispondono all’appello alla conversione e instaurano la pace nel proprio cuore. Ma le attese degli uomini sono altre: essi contano su un potente che possa aiutarli automaticamente a stabilire la pace. Ecco perché le parole di Giovanni Battista si sono perse nel vuoto. E perché la violenza minaccia quelli che portano la pace: Giovanni Battista muore di morte violenta, e Gesù presagisce che anch’egli sarà colpito da un destino simile. (La Chiesa)

venerdì 11 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la I Settimana di Avvento

Venerdì – Mt 11,16-19
C'è per noi il rischio, a causa delle nostre distrazioni, di non accorgerci degli inviti e delle celesti sollecitazioni che il buon Dio ci offre ripetutamente. Non danziamo nella gioia, non siamo partecipi del lutto. E' l'apatia del cristiano, dell'uomo in genere che non è più capace di meravigliarsi di Dio, non è più partecipe del suo pianto. Gli apatici sembra siano in numero crescente su questo nostro mondo, l'indifferenza è un grave peccato quando è rivolta a Dio, che mai cessa di trasfonderci la vita e la grazia. Perfino di fronte al Natale, all'evento più meraviglioso e coinvolgente della storia si può rimanere indifferenti, distratti, apatici. In questo è racchiusa la più grande infelicità del mondo, privi di gioia e di esaltanti emozioni, si piomba nel baratro del nulla, del fatuo, dell'evanescente. Ecco perché sin dalle prime battute dell'Avvento siamo stati sollecitati a svegliarci dal sonno con la promessa di una liberazione vera e totale! Padri Benedettini Silvestrini

giovedì 10 dicembre 2009

Giovedì - Mt 11,11-15
"Non è sorto uno più grande di Giovanni Battista": è l'elogio che Gesù tesse per colui che grida la sua presenza e l'addìta al mondo come l'"Agnello" che toglie il peccato dal mondo. E' l'elogio della fede autentica e del testimone coraggioso, da annoverare tra coloro che s'impadroniscono del Regno di Dio. Possiamo dire che Giovanni giunge anzitempo alla grotta e s'impegna personalmente a spianare la via al Signore, pronto poi a scomparire quando egli si manifesterà al mondo. Giovanni impersona la figura di Elia, del grande profeta rapito su un carro di fuoco e che deve tornare nella pienezza del tempo. Profezia e realtà s'intrecciano misteriosamente nell'evento del natale di Cristo! Ancora una volta Egli viene, ci sollecita ad un incontro nelle fede per renderci suoi testimoni dinanzi al mondo. Monaci Benedettini Silvestrini.

mercoledì 9 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la I Settimana di Avvento

Mercoledì – Mt 11,28-30
Gesù ci invita: “Venite a me, voi tutti”. Ma chi sono i suoi invitati? Sono coloro le cui spalle si piegano sotto il peso delle cose che si pretendono da loro: comandamenti e leggi, obblighi ad essere prestanti e concorrenza asserviscono agli uomini. Gesù ci invita a liberarci da queste esigenze grazie a lui. Ma cosa ci offre come alternativa? Ci promette un giogo nuovo e un nuovo fardello. Come rispondere ad un tale invito? Eppure vi è una differenza fondamentale tra il giogo che ci impongono gli altri e quello che ci propone Gesù. Gesù non ha altre esigenze, si propone come esempio. Egli stesso non obbedisce a ciò che si esige da lui dall’esterno. Obbedisce al proprio cuore, a ciò che sa che Dio sostiene in lui. Quando si è trovata questa via, si cessa di essere sballottati qua e là, e si può riposare. Gesù non vuole schiacciarci: non si aspetta che noi ci trasformiamo dall’oggi al domani, ma che noi siamo pronti a imparare da lui qualche cosa. (La Chiesa)

martedì 8 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la II Settimana di Avvento Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria


Martedì – IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA -Lc 1,26-38
Una delle più belle feste mariane questa dell'Immacolata. Ben collocata nel tempo d'Avvento, ci indica quale è il modo con cui attendere il Dio-che-viene.Maria è Immacolata, cioè è pura: il suo cuore, la sua mente, il suo corpo sono tutti di Dio, Ella è tutta di Dio!Certo, come dicono alcuni grandi mistici, Dio non poteva non farsi una degna dimora in terra. Ma la bellezza di Maria la "tota pulcra", come canta una antica antifona, è stato il suo "sì" a Dio.In piena umiltà, in spirito di servizio che è appunto l'espressione dell'Amore nella nostra identità di creatura. Così Maria ha collaborato al progetto del Padre di salvare il mondo con l'Incarnazione del Verbo. Il momento apice della storia, dunque, è in certo senso dipeso anche dal suo sì umile, libero, pieno d'amore. Però poi tutto, nei suoi giorni, è stato quotidianità di semplice adesione a quello che il Signore, momento per momento, le chiedeva. Cose grandi? Tutt'altro! Solo l'amore era grande. Eremo San Biagio

lunedì 7 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la II Settimana di Avvento - Sant'Ambrogio

Lunedì - Sant'Ambrogio -Lc 5,17-26
Quanto sono vitali e consolanti le letture di oggi! Presentano la salvezza come un incontro tra Dio e l'uomo. Isaia, per esprimere l'intima gioia che l'attesa dell'incontro suscita, prende a prestito tutti gli elementi della natura: dal deserto al fiore di narciso, dalle paludi ai torrenti, dalle sorgenti ai canneti. Le ginocchia vacillanti diventeranno gambe robuste, capaci di percorrere la "via santa"! Qui nessuno più potrà vivere nel pianto e nella tristezza, solo gioia e canto.Sì, la salvezza che ci è promessa è come lo scaturire di acqua nel deserto della storia, è lo scorrere di torrenti salvifici nella steppa di una quotidianità a volte tanto arida e faticosa.Dio, in Gesù, è il Dio che viene. E viene a ‘muoverci' dalle nostre paralisi, a rinvigorire i nostri passi verso di Lui.Gesù accoglie il paralitico: perdonandogli i peccati sblocca la sua paralisi interiore e con la sua grazia dà nuova forza alle sue gambe, ed "egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio."Quando il divino ‘scende' sulle nostre strade, le trasforma dal di dentro ed è subito vita!
Eremo San Biagio

II Settimana di Avvento

Lunedì - Sant'Ambrogio -Lc 5,17-26
Un giorno Gesù stava insegnando. Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge, venuti da ogni villaggio della Galilea e della Giudea, e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni. Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza. Vedendo la loro fede, disse: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati». Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: «Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?». Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: «Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire “Ti sono perdonati i tuoi peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua». Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio. Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio; pieni di timore dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose».

Martedì – IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA -Lc 1,26-38
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Mercoledì – Mt 11,28-30
In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Giovedì - Mt 11,11-15
In quel tempo, Gesù disse alle folle: «In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elìa che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!».

Venerdì – Mt 11,16-19
In quel tempo, Gesù disse alle folle: «A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”.È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”. Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».

Sabato – Mt 17,10-13
Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?». Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro». Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista. - Mt 17,10-13

domenica 6 dicembre 2009

II Domenica di Avvento

Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:«Voce di uno che grida nel deserto:Preparate la via del Signore,raddrizzate i suoi sentieri!Ogni burrone sarà riempito,ogni monte e ogni colle sarà abbassato;le vie tortuose diverranno dirittee quelle impervie, spianate.Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!». Lc 3,1-6

Omelia
Di
padre Ermes Ronchi

Il Vangelo chiama a con­fronto storia e profezia. La grande storia è rias­sunta da Luca nell'elenco i­niziale di sette nomi propri che tracciano la mappa del potere politico e religioso. Sono sette, a simboleggiar­ne la pienezza e a convoca­re tutto il potere di ogni tem­po e di ogni luogo.Alla geografia dei potenti sfuggono però un deserto, un uomo, una parola. Il quasi-nulla, quanto basta tutta­via a mutare la direzione della storia: mentre a Roma si decidevano le sorti dei po­poli, mentre Pilato, Erode, Anna e Caifa si spartivano il potere su quella terra asso­lata e passionale, su questo meccanismo perfettamen­te oliato, cade un granello di sabbia del deserto, un gra­nello di profezia: la Parola discese, a volo d'aquila, so­pra la sua preda, Giovanni, figlio di Zaccaria e figlio del miracolo, nel deserto.La nuova capitale del mon­do è il deserto di Giuda. Lontano dalle capitali e da­gli imperi, da templi e da pa­lazzi, la profezia è l'estasi di una storia che non basta a se stessa.Nel deserto, dove un uomo vale quanto vale il suo cuo­re, dove è senza maschere e senza paure, solo nel deser­to la goccia di fuoco della profezia può dare il suo frut­to.«La Parola fu su Giovanni». In cinque semplicissimi ter­mini è racchiusa la mia e la tua vocazione. Chiamati ad essere profeti: metto il mio nome al posto di quello del profeta, e so che molte vol­te ormai la Parola è venuta sopra di me, e non mi ha tro­vato. Ma so che deve venire, verrà, perché di me non è stanca. Ha bisogno non di grandi profeti, ma di picco­li e quotidiani che, là dove vivono, incarnino un pro­getto senza inganno o vio­lenza, facciano risuonare parole più profonde, orizzonti chiari, lealtà, coeren­za, giustizia. E la misteriosa e mai revocata scelta di Dio: fare storia con chi non ha storia, scegliere la via della periferia, entrare nel mondo dal punto più basso, da do­ve l'uomo soffre. Ciascuno di noi può diven­tare voce di una Parola, di u­na sillaba di Dio. Ma prima deve essere raggiunto, afferrato, conquistato da Cri­sto. Per questo: «Preparate le vie del Signore», inventa­te vie attraverso le quali la Parola giunga fino al cuore; moltiplicate le strade della seduzione di Dio, date ogni giorno un po' di tempo e un po' di cuore alla lettura del Vangelo, lasciatevi affasci­nare.E poi, nel tuo eremo inte­riore, con perseveranza, rendi continuo come il re­spiro, normale come il pane, il dialogo del cielo.

sabato 5 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la I Settimana di Avvento

Sabato - Mt 9,35-10,1.6-8
La liturgia di oggi è intessuta di parole di consolazione. Vediamo Dio chinarsi sulle miserie umane per soccorrere e prospettare un futuro di gioiosa ripresa.Nel Vangelo, folle sbandate "come pecore che non hanno pastore" vagano prive di prospettive e di mete. Uno spaccato di umanità non molto dissimile da quello attuale. Folle, che dopo aver inseguito miraggi di realizzazione e averne sperimentato l'inconsistenza, si trova, avvilita e delusa, a trascinarsi nel deserto di una vita senza senso. Gesù ne prova compassione, oggi come ieri, e lascia a noi la consegna di prendercene cura. Cosa possiamo fare? - ci verrebbe da dire con sgomento - Lui è Dio, ma noi…Si tratta di prendere più sul serio la parola del Vangelo: "Diede loro potere". Sì, abbiamo po-tere! Non quello di compiere ordinariamente gesti clamorosi, che lasciano ‘a bocca aperta'. Ma quello meno appariscente di offrire una presenza fraterna che restituisce l'altro alla sua dignità di persona; ne cura le ferite più profonde, quelle dell'animo, versandovi l'olio della comprensione e dell'affetto; ne apre gli occhi mostrandogli gli orizzonti che Gesù ci ha spalancato dinanzi; ne apre l'orecchio perché possa tornare ad ascoltare la sua Parola che è vita…È a noi cristiani di oggi che Gesù riconsegna il mandato.È a noi che è demandato il compito di restituire anche a questo periodo di Avvento il suo significato au-tentico di un'attesa che non verrà smentita, perché Cristo è già in mezzo a noi con la sua compassione che soccorre e redime. Eremo San Biagio

venerdì 4 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la I Settimana di Avvento

Venerdì - Mt 9,27-31
In questo versetto, sintesi della speranza cristiana, il senso profondo dell'Avvento. Sì, ciò che ci sollecita, in questo tempo dell'anno liturgico, non è il ricordo sfumato di un evento che estraiamo dalle risacche del passato, ma la certezza di poter contemplare già ora, e poi in pienezza nel futuro, "la bontà del Signore" che ha voluto e vuole percorrere le strade della nostra storia. Si tratta di affinare l'occhio per scoprire la sua presenza qui, in questo istante, in questo luogo che si rivela quale "casa del Signore", quella di cui il salmo ci fa dire: "Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita" (Sl 27,4).Ma è necessario che lo sguardo sia abilitato a frugare nelle pieghe del quotidiano per cogliervi la sua luce. E allora ci accorgiamo di essere ciechi, sentiamo il bisogno di chi ci apra gli occhi. Ed è grazia!Solo se si arriva a soffrire la cecità da cui tutti siamo più o meno affetti, la profezia di Isaia (prima lettura) sarà colta nella sua gaudiosa attualità: "liberati dall'oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno" (29,18), e il gesto risanante di Gesù che ridona la vista (vangelo odierno) non ci risulterà estraneo. Andremo a lui gridandogli la nostra cecità certi di poterne contemplare la bontà. Eremo San Biagio

giovedì 3 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la I Settimana di Avvento -S. Francesco Saverio

Giovedì - San Francesco Saverio - Mt 7,21.24-27
La Liturgia della parola di oggi ci presente due fatti differenti: da una parte l’incredulità dell’uomo e dall’altra il suo fondamento, la necessità di fondamento sulla roccia. Il primo ci ricorda l’evento catastrofico di babilonia nel quale l’uomo fondò la sua radice nella sicurezza su se stesso, sugli idoli e quindi ha rotto la sua alleanza con il Signore, subendone anche le conseguenze. Il profeta Isaia, per volontà del Signore, annunzia e proclama la grande rivelazione che la sicurezza dell’uomo viene da Dio e dalla fedeltà a lui, la vera garanzia di vita. Aggiunge poi il salmista che “è meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nell’uomo”. Tutto questo per Matteo, è il punto di partenza sull’ascolto docile della parola del Signore e il presupposto per metterla in pratica. L’uomo fidandosi di Dio realizza pienamente la sua alleanza perenne, la sua adesione intima, fonda cioè la sua vita sulla roccia, che è Cristo, Figlio Unico, pietra angolare su cui il Padre costruisce la sua forte dimora e città del suo popolo.. Monaci Benedettini Silvestrini

mercoledì 2 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la I Settimana di Avvento

Mercoledì - Mt 15,29-37
La scena che oggi ci presenta il vangelo è fonte di grande speranza per noi credenti in Cristo, ma anche per tutta l'umanità: molta gente, una grande folla, si raduna intorno a Gesù "recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì". Il redentore, che si era autodefinito "medico", adempie così la sua missione: guarisce i corpi malati e suscita la fede negli astanti, ridona la vista ai ciechi. Quest'opera divina non è mai cessata: è ancora Lui che sana corpi e anime, è ancora lui a sentire compassione di tutte le nostre miserie e di tutte le nostre infermità. Ha compassione anche della nostra fame e, come allora, è ancora lui che è miracolosamente provvido per soccorrere tutte le nostre necessità fisiche e spirituali. Dinanzi alla folla di allora, dinanzi agli affamati di oggi, egli ripete ancora: «Sento compassione di questa folla... e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non svengano lungo la strada». Se però molti svengono e muoiono lungo le strade del mondo, ciò è dovuto ai nostri egoismi, alla mancanza di amore a Dio e al nostro prossimo. Troppo spesso e per troppo tempo lasciamo gemere nell'attesa i poveri del mondo. Dobbiamo ancora accrescere e dilatare la catena della solidarietà e godere nel costatare come anche oggi i miracoli della carità cristiana, diventino motivo di fede nell'unico vero Dio. Gesù così ha pregato per noi: "risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli". Monaci Benedettini Silvestrini

martedì 1 dicembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la I Settimana di Avvento

Martedì - Lc 10,21-24
L’autore della prima lettura ci orienta alla grande rivelazione messianica, cioè di una nascita prodigiosa nella stirpe di Davide, un uomo su cui lo Spirito Santo è fonte di potenza e di sapienza di Dio. Egli viene ad inaugurare la pace universale, a garantire l’amore fra gli uomini, a ristabilire il paradiso perduto, ciò che afferma anche il salmista, dicendo che viene il Signore come re di giustizia e di pace. L’evangelista Luca invece illustra questa rivelazione in chiave di dono, di grazia perfetta a coloro che sanno accogliere e ascoltare la parola del Signore. Questa accoglienza si rivela soltanto ai piccoli, agli umili e ai semplici di cuore, come gli apostoli e la Santa Vergine, che hanno riconosciuto la loro insufficienza dinanzi a Dio e si sono aperti alla Sua parola. Con tutto questo l’evangelista ci vuole significare un rapporto intimo di conoscenza amorosa che passa tra il Padre e il Figlio e viene partecipato anche ai piccoli e ai poveri. Oggi questo brano del vangelo non è riservato soltanto a loro, ma si rivolge anche a noi, cioè a tutti i cristiani al fine di porre una attenzione particolare all’ascolto della parola del Signore ed essere umili nei confronti di Dio e del prossimo. Monaci Benedettini Silvestrini

lunedì 30 novembre 2009

Lunedì – S. Andrea - Mt 4,18-22
All'inizio dell'avvento, torna quanto mai opportuno il richiamo evangelico relativo alla festa dell'apostolo Andrea. Gesù non è ancora conosciuto. Ha appena iniziato a percorrere le strade della Palestina, ed eccolo sostare presso la barca di due uomini intenti al lavoro. Con gesto largo, essi lanciano in mare le loro reti, nella speranza di ritrarle cariche di pesci: il sostentamento per la famiglia. Il loro pensiero è totalmente assorbito dall'attività che stanno svolgendo, e, certamente, non fanno molto caso a quello sconosciuto che li sta osservando. Eppure è proprio là, nel vivo del loro impegno che Dio li raggiunge.Il ‘mare', la vita di ogni uomo, con le sue preoccupazioni, i suoi impegni, le sue incognite… E ‘sulla riva', in una prossimità non ancora pienamente percepita ma reale, uno sconosciuto ci interpella... Non è difficile riconoscerci in questo quadretto esistenziale! Forse qualche perplessità può venire dal termine ‘sconosciuto': noi Gesù lo conosciamo, abbiamo aderito a lui con il battesimo, lo incontriamo ogni domenica nell'Eucaristia…Ma siamo proprio così certi di conoscerlo di quella conoscenza viva, esperienziale a cui rimanda la Bibbia? L'avvento ci dice che Lui è alle porte, la porta della mia e tua casa, del mio e tuo cuore; ‘sulla riva' della nostra vita, cioè vicino a noi. È lì, nel vivo della nostra esistenza che ci contatta, ci interpella, ci sollecita a una sequela che trasformi il nostro esistere e il nostro operare in impegno per la costruzione di un mondo più giusto, più umano.Forse questo avvento viene a dirci: accorgiti che nella tua lotta per l'esistenza per il bene per la giustizia, non sei solo. Io sono venuto, io vengo, io verrò perché nessuno si dibatta nella solitudine, nel non-senso, nel vuoto. Accoglimi!
Apri i miei occhi, Signore, perché mi accorga della tua presenza. Apri i miei orecchi, perché percepisca la tua voce che chiama. Apri il mio cuore, perché ti risponda con slancio ed amore: eccomi!
Eremo San Biagio

I Settimana di Avvento

lunedì – S. Andrea - Mt 4,18-22
In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

Martedì - Lc 10,21-24
In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».

Mercoledì - Mt 15,29-37
In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele.Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?». Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.

Giovedì - San Francesco Saverio - Mt 7,21.24-27
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

Venerdì - Mt 9,27-31
In quel tempo, mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!». Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione.

Sabato - Mt 9,35-10,1.6-8
In quel tempo, Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità.Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. E li inviò ordinando loro: «Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

domenica 29 novembre 2009

I Domenica di Avvento

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo». Lc 21,25-28.34-36
Omelia
di
Mons. Vincenzo Paglia

La liturgia di questo tempo di Avvento ci invita ad alzare lo sguardo e ad aprire il cuore per accogliere Colui che è atteso dal mondo intero, Gesù. C'è in tanti il desiderio di un tempo nuovo, di un mondo nuovo. È il desiderio di tanti paesi martoriati dalla fame, dall'ingiustizia e dalla guerra; è il desiderio dei poveri e dei deboli, dei soli e degli abbandonati. La liturgia dell'Avvento raccoglie questa grande attesa e la dirige verso il giorno della nascita di Gesù. È lui, infatti, colui che salverà il mondo dalla solitudine e dalla tristezza, dal peccato e dalla morte. Sono passati poco più di duemila anni da quel giorno che ha cambiato non solo la numerazione del calendario, ma la storia stessa del mondo. Il profeta Geremia lo predisse vari secoli prima: "Ecco, verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d'Israele e alla casa di Giuda. In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra" (Ger 33,14-15).Quei giorni si stanno avvicinando, eppure noi siamo così caparbiamente chinati su noi stessi e sui nostri affari da non renderci conto che sono ormai alle porte. La stessa vita che conduciamo è spesso segnata da uno stile per lo più disimpegnato e complessivamente privo di vigore. In genere ci rassegniamo ad una vita banale e senza futuro, senza speranze, senza sogni. La proposta del tempo di Avvento scuote questo modo rassegnato e abitudinario di vivere. La Parola di Dio infatti ci mette in guardia contro il lasciarci sopraffare da uno stile di vita egocentrico, ci richiama a non soccombere ai ritmi convulsi delle nostre giornate. Sono vere anche per noi le parole del Vangelo di Luca: "State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando" (Lc 21,34-36a).
Stare svegli e pregare: ecco come vivere questo tempo da oggi sino a Natale. Sì, dobbiamo stare svegli. Il sonno nasce dall'ubriachezza del girare sempre attorno a se stessi e dal restare bloccati nel chiuso della propria vita e dei propri problemi. È qui la radice di quell'intontimento e di quella pigrizia di cui ci parla il Vangelo. L'Avvento ci invita ad allargare la mente e il cuore per aprirci a nuovi orizzonti. Non ci viene chiesto di fuggire dai nostri giorni e tanto meno di proiettarci verso mete illusorie. Al contrario, questo tempo è opportuno per avere un senso realistico di sé e della vita in questo mondo, per porci domande concrete su come e per chi spendiamo la nostra vita. Non si tratta semplicemente di compiere uno sforzo di carattere psicologico o di creare qualche stato di superficiale ravvedimento. Il tempo di Dio, che irrompe nella nostra vita, chiede a ciascuno un impegno serio di vigilanza: "Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina" (Lc 21,28), dice Gesù. È tempo, perciò, di alzarsi e di pregare. Ci si alza quando si attende qualcosa, o meglio, quando si attende qualcuno. In questo caso attendiamo Gesù. Non dobbiamo restare bloccati sul nostro egocentrismo, sui nostri problemi, sulle nostre gioie o sui nostri dolori. La Parola di Dio ci esorta a rivolgere i nostri pensieri e il nostro cuore verso Colui che sta per venire. Per questo ci chiede anche di pregare. La preghiera è strettamente legata alla vigilanza. Chi non attende non sa cosa significa pregare, cosa significa rivolgersi al Signore con tutto il cuore. Le parole della preghiera iniziano a sbocciare sulle nostre labbra quando alziamo il capo da noi stessi e dal nostro orizzonte e ci rivolgiamo in alto verso il Signore: "A te, Signore, innalzo l'anima mia", ci ha fatto cantare la liturgia. In questo tempo di Avvento tutti dovremmo unire le nostre voci e gridare assieme verso il Signore perché venga presto in mezzo a noi: "Vieni, Signore Gesù!".Questi giorni di Avvento siano perciò giorni di frequentazione del Vangelo, giorni di lettura e di riflessione, giorni di ascolto e di preghiera, giorni di riflessione sulla Parola di Dio, fatta sia da soli che assieme. Non passi giorno senza che la Parola di Dio scenda nel nostro cuore. Se l'accoglieremo, il nostro cuore non somiglierà più ad una grotta buia; potrà divenire invece la mangiatoia ove il Signore Gesù rinasce. Accogliamo perciò la benedizione dell'apostolo: "Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell'amore fra voi e verso tutti" (1 Ts 3,12a). È il modo giusto per muovere i nostri primi passi in questo tempo di Avvento.