In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.Lc 3,10-18
Omelia
di
padre Ermes Ronchi
«Esulterà, si rallegrerà, griderà di gioia per te, come nei giorni di festa». Nelle parole del profeta, Dio danza di gioia per l'uomo. Sofonia racconta un Dio felice il cui grido di festa attraversa questo tempo d'avvento e ogni tempo dell'uomo e ripete, a me, a te, ad ogni creatura: «tu mi fai felice». Tu, festa di Dio.Dio seduce proprio perché parla il linguaggio della gioia, perché «il problema della vita coincide con quello della felicità» (Nietzsche). Mai nella Bibbia Dio aveva gridato. Aveva parlato, sussurrato, tuonato, aveva la voce dei sogni; solo qui, solo per amore Dio grida. Non per minacciare, solo per amare. Mentre il profeta intuisce la danza dei cieli e intona il canto dell'amore felice, il Battista risponde alla domanda più feriale, che sa di mani e di fatica e incide nei giorni: «che cosa dobbiamo fare?». E l'uomo che non possiede nemmeno una veste degna di questo nome, risponde: «chi ha due vestiti ne dia uno a chi non ce l'ha».Colui che si nutre del nulla che offre il deserto, cavallette e miele selvatico, risponde: «chi ha da mangiare ne dia a chi non ne ha». Nell'ingranaggio del mondo Giovanni getta un verbo forte, «dare». Il primo verbo di un futuro nuovo.In tutto il Vangelo il verbo amare si traduce con il verbo dare (non c'è amore più grande che dare la vita; chiunque avrà dato anche solo un bicchiere d'acqua fresca; c'è più gioia nel dare che nel ricevere…). È legge della vita: per stare bene l'uomo deve dare.Vengono pubblicani e soldati, pilastri del potere: «e noi che cosa faremo?». «Non prendete, non estorcete nulla, non accumulate». Tre risposte per un programma unico: tessere il mondo della fraternità, costruire una terra da cui salga giustizia. Il profeta sa che Dio si trasmette attraverso un atteggiamento di rispetto e di venerazione verso tutti gli uomini, e si trasmette come energia liberatrice dalle ombre della paura che invecchiano il cuore. L'amore rinnova ( Sofonia), la paura invecchia il cuore. «E io, che cosa devo fare?». Non di grandi profeti abbiamo bisogno ma di tanti piccoli profeti, che là dove sono chiamati a vivere, anche non visti, giorno per giorno, siano generosi di giustizia, di pace, di onestà, che sappiano dialogare con l'essenza dell'uomo, portando se non la Parola di Dio almeno il suo respiro alto dentro le cose di ogni giorno.Allora, a cominciare da te, si riprende a tessere il tessuto buono del mondo.
Martirologio Romano: Memoria di santa Lucia, vergine e martire, che custodì, finché visse, la lampada accesa per andare incontro allo Sposo e, a Siracusa in Sicilia condotta alla morte per Cristo, meritò di accedere con lui alle nozze del cielo e di possedere la luce che non conosce tramonto.
RispondiEliminaCapita alle persone veramente sapienti quello che capita alle spighe di grano: si levano e alzano la testa dritta e fiera finché sono vuote, ma quando sono piene di chicchi cominciano a umiliarsi e ad abbassare il capo.
RispondiEliminaMichel de Montaigne
In Lui è la riconciliazione tra il cielo e la terra, l'uomo e il suo simile... Per Lui non cessare di posare lo sguardo su ogni figlio di uomo e sulla tenera erba dei suoi prati. Padre, venga a noi la tua Pace, venga a noi e sia "shalom": pienezza di vita da te, con ogni tua benedizione.
RispondiEliminaAnonimo
Attendiamo sempre le grandi occasioni per impegnarci in esse. Ed esse non vengono. Vengono invece "le pazienze". Sin dal mattino ci vengono incontro: sono i nostri nervi troppo tesi o troppo lenti, è l'autobus che passa affollato, è il telefono impazzito, è la voglia di tacere e il dovere di parlare, è la voglia di parlare e la necessità di tacere, è il disgusto della nostra parte quotidiana, è il desiderio febbrile di quanto non ci appartiene. Così vengono le nostre pazienze, in fila indiana, e dimenticano sempre di dirci che sono la grande occasione preparata per noi. E noi le lasciamo passare con disprezzo, aspettando – per dare la nostra vita - un'occasione che ne valga la pena.
RispondiEliminaMadaleine Delbrel
La gioia spirituale che viene dallo Spirito trasforma il corpo e lo rende spirituale; lo innalza, in modo che l'uomo tutto intero diviene spirituale.
RispondiEliminaS. Gregorio Palamas