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La Vera Vite

Spirito Santo

Spirito Santo
vieni...

Corpus Domini

Corpus Domini

Nel Corpo e nel Sangue di Gesù

Ciascun uomo possa "sentire e gustare" la presenza di Gesù e Maria, SS. Madre della Pentecoste, nella propria vita, in ogni attimo della propria giornata.



Nello Splendore della Resurrezione del Signore l'uomo trovi la sua vera dimensione e riesca ad esprimerla con Amore e Carità. Un abbraccio Michy


Maria SS. di Montevergine

Maria SS. di Montevergine
Maria SS. di Montevergine

Ti seguitò Signore - Mons.Mario Frisina

martedì 31 agosto 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXII Settimana del Tempo Ordinario

Martedì - Lc 4,31-37
Parlare con autorità.
Nel nostro mondo, particolarmente nella nostra epoca, il parlare, il comunicare in genere, sta assumendo una importanza sempre maggiore. Chi ha a disposizione i moderni mezzi di comunicazione di massa gode di grande prestigio ed autorità. Gesù ci dimostra invece che l’autorità della parola sgorga da fattori ben diversi. Egli innanzitutto si propone come modello di vita, quanto egli proclama - lo vive e lo testimonia: «imparate da me». Egli è il primo testimone del suo vangelo. Dichiara di essere venuto non per fare la propria volontà ma quella del Padre che lo ha inviato. L’autorità del Cristo si manifesta ancora nell’efficacia della sua preghiera: Egli compie segni e prodigi che dovrebbero indurre a conversione. Egli ancora ha pieno potere sulle forze del male che insidiano la vita degli uomini. Scaccia con autorità i demoni dagli ossessi. Rifiuta la loro testimonianza anche quando lo riconoscono figlio di Dio. Non può essere il Menzognero sin dal princìpio a proclamare la verità sul Cristo. Dobbiamo concludere che la nostra autorità di credenti la possiamo e dobbiamo esprimere innanzitutto con la verità e coerenza della vita. Dobbiamo per questo sorbire ogni giorno la Verità rivelata affinché sia luce e lampada ai nostri passi. Gesù ci ammonisce: «risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli». San Benedetto identifica tutto questo con lo zelo buono che debbono avere i suoi monaci: è la forza dell’esempio che diventa, nel vivere insieme, espressione di fraternità e aiuto reciproco nell’assidua ricerca di Dio. Dove regna questa carità e questo tipo di zelo non si avverte più il “peso” dell’autorità perché facilmente si raggiunge una perfetta unità d’intenti. Questo vale per la vita monastica ma vale anche per la vita famigliare.

Per un confronto personale
• Gesù causa ammirazione tra la gente. L’attuazione della nostra comunità nel quartiere causa ammirazione tra la gente? Che tipo di ammirazione?
• Gesù scaccia il potere del male e restituisce le persone a se stesse. Oggi molte persone vivono alienate da tutto e da tutti. Come restituirle a se stesse?

lunedì 30 agosto 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXII Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì - Lc 4, 16-30.
Consacrato per annunziare ai poveri.
Gesù nella sinagoga di Nàzaret, facendo una lettura sapienziale di un passo del profeta Isaìa, indica il significato della sua missione: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore». Viene confermata la testimonianza di Giovanni Battista: «Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui.», ma tutto il messaggio profetico biblico trova in Cristo il pieno adempimento: «Oggi si è adempiuta questa scrittura». Cristo è l’unto di Dio, consacrato e prescelto per una missione esclusiva di salvezza. Egli deve restituire la verità agli uomini, vittime della menzogna e del peccato, deve liberarli dai lacci del male, deve richiamare a sè tutti gli affaticati e oppressi per dare loro ristoro, deve rendere gli uomini soggetti della divina misericordia e capaci a loro volta di riconciliazione e di perdono. E’ triste costatare che sin dall’inizio della sua missione e proprio nella sua patria Gesù incontri ostilità e assurde resistenze. Quegli uditori che da secoli erano in attesa di un messia liberatore, ora che è venuto ad abitare in mezzo a loro, pur meravigliati per le parole di grazia che uscivano dalla sua bocca, non lo riconoscono, si scandalizzano di lui e già lo minacciano di morte. Quanta fatica facciamo noi uomini per entrare con semplicità e fede autentica nei misteri di Dio: chi sa quali idee avevano i concittadini del Signore sul Messia, quali erano le loro attese? Spesso, quasi istintivamente noi vorremmo che il Signore Dio rispondesse alle nostre speranze con i toni e gli accenti della grandiosità, della potenza, della spettacolarità. Nessuna di queste caratteristiche appartengono al Cristo; egli si è umiliato nella carne e la sua proposta di salvezza sappiamo che passerà attraverso l’ignominia della croce. Egli viene ad annunciare la verità e la libertà, ma per far questo deve cancellare dalla nostra mente tutte le manìe di grandezza e di prestigio per far rifiorire in noi l’umiltà dei figli e la gioia di poter chiamare il nostro Dio, Padre. M.B.S.

Per un confronto personale:

• Il programma di Gesù è quello di accogliere gli esclusi. Noi accogliamo tutti o escludiamo qualcuno? Quali sono i motivi che ci spingono ad escludere certe persone?
• Il programma di Gesù è veramente il nostro programma, il mio programma? Quali sono gli esclusi che dovremmo accogliere meglio nella nostra comunità? Chi o cosa ci dà la forza per svolgere la missione dataci da Gesù? PC

XXII Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì - Lc 4,16-30
In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Martedì - Lc 4,31-37
In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità.
Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!».
Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.

Mercoledì - Lc 4,38-44
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagòga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva.
Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.
Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato».

Giovedì - Lc 5,1-11
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.  

Venerdì - San Gregorio Magno - Lc 5,33-39
In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere; così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!».
Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».
Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».

Sabato - Lc 6,1-5
Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.
Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?».
Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?».
E diceva loro: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

domenica 29 agosto 2010

XXII Domenica del Tempo Ordinario


MARTIRIO DI SAN GIOVANNI BATTISTA
Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: "Cèdigli il posto!". Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: "Amico, vieni più avanti!". Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch'essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti». Lc 14,1.7-14

Omelia

di p. Ermes Ronchi

La gente sta ad osservare Gesù e Gesù osserva gli invitati.
C'è un incrociar­si di sguardi in quella sala che è la me­tafora della vita: conquistare i primi posti, competere, illusi che vivere sia vincere, pre­valere, ottenere il proprio appagamento. Gesù propone un'altra logica: Tu vai a met­terti all'ultimo posto. L'ultimo posto non è un castigo, è il posto di Dio, il posto di Ge­sù, venuto non per essere servito, ma per servire; è il posto di chi ama di più, di chi fa spazio agli altri.
Amico, vieni più su, dirà allora l'ospite. A co­lui che ha scelto di stare in fondo alla sala è riservato questo nome intenso e dolce: a­mico. Amico di Dio e degli altri. L'ha di­mostrato con quel gesto che sembra dire ad ognuno dei commensali: «Tu sei più im­portante di me, prima vieni tu». E così si fa amico di Dio, che eternamente altro non fa' che considerare ogni uomo più importan­te di se stesso. Lo garantisce la Croce di Cri­sto. Quando offri una cena non invitare né amici, né fratelli, né parenti, né vicini ric­chi: belli questi quattro gradini del cuore in festa, quattro segmenti del cerchio caldo degli affetti; non invitarli, perché poi anche loro ti inviteranno e il cerchio si chiude nell''eterna illusione del pareggio contabile tra dare e avere. Quando offri una cena invita poveri, storpi, zoppi, ciechi.
Ecco di nuovo quattro gradini che ti portano oltre il cer­chio della famiglia e degli affetti, oltre la gratificazione della reciprocità, che apro­no finestre su di un mondo nuovo: dare in perdita, dare per primo, dare senza con­traccambio. Nel Vangelo il verbo «amare» si traduce sempre con il verbo «dare».
E sarai beato perché non hanno da ricam­biarti.
In questa piccola frase è contenuto il doppio segreto della felicità: essa ha sem­pre a che fare con il dono, non può mai es­sere solitaria. Doni un po' di felicità a qualcuno e subito la riattingi, moltiplicata, dal volto dell'altro.
E sarai beato perché c'è più gioia nel dare che nel ricevere, come molti, come forse tutti abbiamo sperimentato.
E sarai beato perché agisci come agisce Dio, come chi impara l'amore senza calcolo che solo fa ripartire il motore della vita.
Invita i più poveri dei poveri e assicurati che non possano restituirti niente.
Vangelo stra­volgente e contromano, che convoca un altro modo di essere uomini, il coraggio di volare alto, nel cielo di Dio, «il totalmente Altro che viene affinché la storia diventi to­talmente altra da quello che è» (Barth), af­finché la forza giovane del Vangelo sia sem­pre come una breccia di luce.

sabato 28 agosto 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXI Settimana del Tempo Ordinario

Sabato - S. Agostino - Mt 25,14-30
I talenti, doni da fruttificare…

Nell’attesa del Signore che viene non dobbiamo restare inoperosi e sfaccendati. Non ci è lecito neanche nascondere, con il pretesto di una falsa umiltà, nascondere il prezioso talento che il buon Dio ci ha affidato. Sin dalla creazione egli ha dotato l’uomo di doni particolari affinché diventi il custode e il continuatore della sua opera. Oltre però a quest’impegno che riguarda tutta l’umanità, ad ognuno di noi ha dato un certo numero di talenti, secondo un suo arcano disegno. I talenti sono i doni di anima e di corpo che ci rendono concretamente capaci di operare per la gloria di Dio e per il bene nostro e del nostro prossimo. Ai suoi occhi non è importante che noi stiamo ad arrovellarci il cervello per valutare quali e quanti sono i suoi doni, ciò che conta che tutti, pochi o tanti, siano messi doverosamente a frutto e ciò anche perché egli ci premia con la stessa misura sia se abbiamo fatto fruttificare un solo talento, sia se ne abbiamo moltiplicati cinque: “Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Il premio è la gioia, che ha una duplice manifestazione: sulla terra è la gratificazione che sgorga dall’operare il bene, nel cielo è la beatitudine eterna. Scopriamo poi che ancora una volta la fedeltà al Signore trae origine dall’amore che abbiamo verso di lui, come l’infedeltà ha le sue radici nel concezione erronea che abbiamo del nostro Dio e Signore: “Signore, - sono le parole del servo infedele - so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo”. Forse sono ancora tanti che pensano a Dio come un uomo duro e troppo esigente per cui nei suoi confronti nutrono solo paura e non amore.

venerdì 27 agosto 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXI Settimana del Tempo Ordinario

Venerdì - S. Monica - Mt 25,1-13

Ecco lo Sposo, andategli incontro


Alcuni elementi della nota parabola di oggi ci offrono spunti interessanti di riflessione. Il tema dominante rimane ancora quello della vigilanza nell'attesa dello sposo che viene. Viene ribadito che non ci è dato di conoscere il momento e l'ora della sua venuta. Non possiamo perciò abbandonarci al sonno e ancor meno restare al buio perché privi di olio per alimentare le lampade. Vengono definite con chiarezza stolte o sagge le due categorie di vergini, tutte chiamate ad accogliere con puntualità e con il dovuto onore lo sposo in arrivo nel cuore della notte. Tutte e dieci hanno la lampada, tutte hanno avuto, come noi, il dono della fede. Tutte sono in attesa dello sposo e al grido che annuncia il suo arrivo tutte si destano per andargli incontro e illuminare il suo cammino verso la casa della sposa. Tutte sono consapevoli che la loro attesa non sarà priva di un premio adeguato: c'è per loro un invito ed una partecipazione al banchetto nuziale. La differenza è data da un particolare che però risulterà di fondamentale importanza: l'avere o non con se l'olio per alimentare le lampade. San Giacomo così ammoniva i suoi fedeli: "Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo?". E a conclusione del suo discorso affermava categoricamente: "La fede senza le opere è morta". È appunto come una lampada senz'olio. Le conseguenze del ritardo e del mancato appuntamento con lo poso sono davvero tragiche: solo le vergini che erano pronte entrano nel banchetto nuziale, le altre si sentono dire: "In verità vi dico: non vi conosco". Sono escluse dalla festa, restano fuori perché la porta per loro era già chiusa. Dobbiamo riflettere sui nostri ritardi e sulle nostre sprovvedutezze, potrebbero significare per noi l'esclusione dalla festa finale che attendiamo da tutta la vita.

giovedì 26 agosto 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXI Settimana del Tempo Ordinario

Giovedì - Mt 24,42-51

Oggi siamo invitati a meditare sulla vigilanza, una delle virtù della vita cristiana. La vigilanza alla quale ci chiama Gesù nasce da un ben preciso atteggiamento interiore che è informato dalla volontà di seguire sempre gli insegnamenti proposti da Cristo. Da qui sorge la docilità del cuore e la prontezza delle nostre azioni. Non è mai troppo tardi per compiere le buone azioni! La nostra fede in Gesù Cristo ci assicura della sua infinita misericordia, pronta sempre ad accogliere chi si dimostra disponibile ad accettare il suo amore ma noi non possiamo abusare di ciò. Vediamo che la vigilanza non è solo una virtù che influisce sulle nostre opere ma attiene direttamente alla vita spirituale in Cristo: è la testimonianza del nostro amore per Cristo e per i fratelli, perché è il nostro desiderio di operare sempre per il bene e nel bene. Da un atteggiamento interiore di amore nasce quindi la nostra azione di amore: è l’applicazione del comandamento dell’amore che lo stesso Gesù ci ha ricordato. Vegliate e tenetevi pronti, perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.
La vigilanza.

mercoledì 25 agosto 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXI Settimana del Tempo Ordinario

Mercoledì - Mt 23,27-32
I sepolcri imbiancati…
È una delle immagini più forti e significative che ci propone Gesù con il contrasto tra lo splendore dei sepolcri e il suo contenuto. Ancora una volta, Gesù non critica le convinzioni religiose dei farisei e degli scribi; la sua invettiva è rivolta all'ipocrisia di chi vuole mostrarsi per quello che non è. Sarebbe troppo facile per noi oggi confinare questo discorso di Gesù ad un ben preciso momento storico-culturale in una cornice prettamente religiosa. Dovremmo avere la capacità di leggere gli insegnamenti di Gesù in modo più largo, in modo da potervi inserire tutta la nostra vita. Siamo esortati quindi a vedere la nostra vita ed i nostri comportamenti in tutti i suoi aspetti: dagli affetti familiari, alla sfera lavorativa o di studio e alla nostra immagine sociale. Il metro di campione di come valutare ciò è Gesù stesso, con la sua vita, il suo insegnamento e il suo modo di operare. In Lui riconosciamo la via, la vita e la verità con la quale confrontarci sempre in modo semplice e leale nella fiducia del suo infinito amore.

Per un confronto personale
• Ancora due espressioni ‘Guai a voi’, ma due motivi per ricevere una critica severa da parte di Gesù. Quale dei due è in me?
• Qual è l’immagine di me che cerco di presentare agli altri? Corrisponde a ciò che di fatto sono davanti a Dio?

martedì 24 agosto 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXI Settimana del Tempo Ordinario

Sabato - Gv 1,45-51
Ecco davvero un israelita in cui non c’è falsità!

Un elogio di Gesù nella festa di san Bartolomeo. Ne troviamo altri nei Vangeli e sono tutti significativi. In questo caso, nel primo capitolo del Vangelo di Giovanni sono descritte le chiamate dei primi cinque discepoli. In una successione espressiva sono riportate diverse situazioni umane e troviamo anche una rivelazione progressiva proprio della figura di Gesù. Tra queste spicca quella di Natanaèle, l’apostolo poi identificato con Bartolomeo e proprio a lui il Signore affida la sua auto-rivelazione più completa. Gesù nell’elogiare questo discepolo valorizza la ricerca sincera di chi tenta di trovare il Signore con tutto il cuore e con tutta la mente. Natanaèle è un fine conoscitore delle Sacre Scritture vuole capire la figura di Gesù proprio alla luce dell’insegnamento dei profeti. Sono tutte indicazioni valide anche per noi; l’esortazione ad approfondire la conoscenza di Gesù con la lettura della Bibbia: come diceva San Giròlamo, esperto traduttore della Bibbia ebraica, che dice che l’ignoranza delle Sacre Scritture è ignoranza di Cristo stesso. Gesù vuole premiare, in qualche modo il modo giusto per ricercarlo nel modo giusto: con la lettura della Bibbia.



Gesù proclamando le beatitudini aveva annoverato tra i beati i puri di cuore, motivando: perché vedranno Dio. Natanaèle, l’apostolo che oggi festeggiamo, viene definito dal Signore un vero israelita in cui non c’è falsità. Dove non c’è falsità c’è purezza di cuore, la virtù che consentirà all’apostolo di incontrare il Signore e lo indìce a fare la sua bella confessione di fede: “Rabbì, tu sei il figlio di Dio, tu sei il re d’Israele”. Ecco come Bartolomeo ha trovato il suo Dio e il suo re nella persona del Cristo. Gesù in premio della sua fede gli predìce la risurrezione: «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo». Ci viene così offerto uno splendido esempio di come incontrare il Signore e poi seguirlo in piena fedeltà. Occorre alimentare la fede, accettare la mediazione di chi può condurci verso Cristo (è Filippo ad indicare il Messia a Natanaele), lasciarsi guardare e riconoscere da lui. Vedere in fine in Lui la risposta ultima a tutti i nostri interrogativi. Natanaele, che era un intellettuale onesto, un vero israelita, comprende la novità di Cristo e ne professa esplicitamente la superiorità, riconoscendolo figlio di Dio. Oggi ci sprona non solo di ricercarlo ma anche di proclamare la nostra fede: tu sei il figlio di Dio, tu sei il re d’Israele. M.B.S.

Per un confronto personale

• Qual è il titolo di Gesù che più ti piace? Perché?
• Hai avuto un intermediario tra te e Gesù?  P.C.

lunedì 23 agosto 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXI Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì - Mt 25,14-30
Che cosa è più grande?


Che cosa è più grande, l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? L’evangelista Matteo, riporta la reazione di Gesù ad alcun pratiche giudaiche del tempo. La violenza delle sue frasi vuol evidenziare l’ipocrisia di alcuni responsabili religiosi dell’epoca. Gesù non entra nel merito dei dibattiti che sorgevano tra le diverse correnti dell’ebraismo del tempo; non troviamo insegnamenti dottrinali ma l’esortazione ad una religiosità vera e pura e che sgorga direttamente dal cuore. Leggiamo queste frasi e possiamo trovarci delle utili esortazioni anche per la nostra preghiera, sia personale che comunitaria. È l’esortazione ad un rapporto sincero con il Signore; l’incoraggiamento ad aprire completamente il nostro cuore perché in noi si realizzi il suo piano d’amore. Riconoscere Dio come nostro Signore ed affidarsi completamente a Lui, significa guardare il nostro prossimo, e non solo quello più vicino a noi, come veri figli di Dio, accomunati nella fratellanza in Cristo. Poniamo, anche durante la Celebrazione Eucaristica, la nostra offerta sull’Altare del Signore con cuore sincero e retto e l’offerta sarà resa sacra proprio da Cristo; in essa poniamo le gioie ed i dolori della nostra quotidianità che si sviluppa nel rapporto con i fratelli e le sorelle. Alla luce del Volto di Cristo, sulla mensa eucaristica della sua Offerta, ci riuniremo con le nostre offerte. M.B.S.

Per un confronto personale
• Nella nostra comunità, cerchiamo di conoscere e valorizzare i doni di ogni persona? La nostra comunità è uno spazio dove le persone possono far conoscere e mettere a disposizione i loro doni? A volte, i doni di alcuni generano invidia e competitività negli altri. Come reagiamo?
• Come capire la frase: "Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha?"P.C.

XXI Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì - Mt 23,13-22
In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso».

Martedì - SAN BARTOLOMEO - Gv 1,45-51
In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Mercoledì - Mt 23,27-32
In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».

Giovedì - Mt 24,42-51
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.
Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni.
Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti».
 
Venerdì - Santa Monica - Mt 25,1-13
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».
Sabato - Sant'Agostino -  - Mt 25,14-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

domenica 22 agosto 2010

XXI Domenica del Tempo Ordinario

 Beata Vergine Maria Regina
Verranno da oriente a occidente e siederanno a mensa nel regno di Dio.

In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme.
Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.
Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi». Lc 13,22-30

Omelia
di
p. Ermes Ronchi


Dio non si merita, ma si accoglie


Sono pochi quelli che si salvano, o molti? Gesù non risponde sul nume­ro dei salvati ma sulle moda­lità. Dice: la porta è stretta, ma non perché ami gli sforzi, le fatiche, i sacrifici. Stretta per­ché è la misura del bambino: «Se non sarete come bambini non entrerete!». Se la porta è piccola, per passare devo far­mi piccolo anch'io. I piccoli e i bambini passano senza fati­ca alcuna. Perché se ti centri sui tuoi meriti, la porta è stret­tissima, non passi; se ti centri sulla bontà del Signore, come un bambino che si fida delle mani del padre, la porta è lar­ghissima.
L'insegnamento è chiaro: fat­ti piccolo, e la porta si farà grande; lascia giù tutti i tuoi bagagli, i portafogli gonfi, l'e­lenco dei meriti, la tua bravu­ra, sgònfiati di presunzione, dal crederti buono e giusto, e dalla paura di Dio, del suo giu­dizio.
La porta è stretta ma aperta. In questo momento aperta. Quello che Gesù offre non è solo rimandato per l'aldilà, ma è salvezza che inizia già o­ra. È un mondo più bello, più umano, dove ci sono costrut­tori di pace, uomini dal cuore puro, onesti sempre, e allora la vita di tutti è più bella, più pie­na, più gioiosa se vissuta se­condo il vangelo.
È aperta e sufficiente per tan­ti, tantissimi, infatti la grande sala è piena, vengono da o­riente e da occidente e sono folla e entrano, non sono mi­gliori di noi o più umili, non hanno più meriti di noi, non è questo. Hanno accolto Dio per mille vie diverse. Dio non si merita si accoglie. Salvezza è accogliere Dio in me, perché cresca la mia parte divina, ed è così che io raggiungo pie­nezza. Più Dio equivale a più io.
La porta è stretta ma bella, in­fatti l'attraversano rumori di festa, una sala colma, una mensa imbandita e un turbi­nare di arrivi, di colori, cultu­re, provenienze diverse, un mondo dove gli uomini sono finalmente diventati fratelli, senza divisioni.
Nel seguito della Parabola la porta da aperta si fa' chiusa e una voce dura dice: «Voi, non so di dove siete». Sono come stranieri, eppure avevano se­guito la legge, erano andati in chiesa... Tutti abbiamo senti­to con dolore questa accusa:
vanno in chiesa e fuori sono peggio degli altri... Può acca­dere, se vado in chiesa ma non accolgo Dio dentro. Dio che entra e mi trasforma, mi cam­bia pensieri, emozioni, paro­le, gesti. Mi dà i suoi occhi, e un pezzo del suo cuore. Il Dio della misericordia mi insegna gesti di misericordia, il Dio dell'accoglienza mi insegna gesti di accoglienza e di co­munione.
E li cercherà in me nell'ultimo giorno. E, trovandoli, spalan­cherà la porta.

sabato 21 agosto 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XX Settimana del Tempo Ordinario

Sabato - San PIO X  Papa -  Mt 23, 1-12.
Dicono e non fanno.


Non esiste maestro peggiore di colui che insegna un comportamento con le parole e lo contraddice palesemente con le azioni. Gli esempi attraggono, le parole sono come pula che il vento disperde. L’incoerenza è sempre un grave peccato, ma quando questa è perpetrata da coloro che siedono sulle cattedre e si ergono a maestri di santità, diventa motivo di peggiore condanna, perché genera lo scandalo specialmente nei più deboli. Oggi Gesù con parole dure stigmatizza il comportamento degli scribi e dei farisei, i suoi dichiarati e indomabili nemici. Gesù ci insegna come difenderci dai falsi maestri e dai falsi profeti: «Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno». Anzi pretendono ed esigono dagli altri ciò che loro si guardano bene dall’osservare: «Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito». A tale assurda severità aggiungono una ipocrita ostentazione di santità: «Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange; amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare «rabbì» dalla gente». È il regno della falsità e dell’ipocrisia. Il Signore rivolgendosi poi ai suoi raccomanda loro di non fregiarsi di titoli altisonanti e soprattutto di non arrogarsi prerogative che spettano solo alla infinita sapienza divina e che possono sgorgare soltanto dall’amore senza limiti dello stesso Signore. A conclusione del suo discorso Gesù ribadisce un concetto che gli è particolarmente caro e che vuole sempre sia praticato dai suoi discepoli: «Il più grande tra voi sia vostro servo».

Per un confronto personale
• Quali sono i motivi che ho per vivere e lavorare in comunità?
• La comunità, come mi aiuta a correggere e migliorare le mie motivazioni?

venerdì 20 agosto 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XX Settimana del Tempo Ordinario

Venerdì - Mt 22,34-40

Il comandamento dell’amore.
Le interrogazioni degli scribi e dei farisei mirano sempre a «mettere alla prova» il Signore. Si ritenevano àrbitri infallibili e insindacabili nei loro giudizi e nelle loro interpretazioni della legge e di conseguenza, ritenevano di poter giudicare lo stesso Cristo. Non si arrendono neanche dinanzi all’evidenza e persistono ostinatamente nelle loro trame. La gente semplice ed umile invece accoglie le parole di Cristo e gli riconosce una speciale «autorità», che mancava invece ai falsi dottori della legge, ma proprio questo ulteriormente li ingelosisce. Le loro interrogazioni comunque, a prescindere dalle perverse intenzioni, ci offrono l’occasione propizia di ascoltare le sapienti ed illuminanti risposte del Cristo. Oggi Egli ci informa sul primo e più importante di tutti i comandamenti, quello che tutta la legge contiene e sublima: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». Dio va messo al primo posto, va amato con la migliore intensità possibile, nulla, assolutamente nulla dobbiamo anteporre a quell’amore. E ciò perché Dio è Amore e vuole inabitare in noi e solo amandoLo gli consentiamo di essere e agire in noi santificandoci con la sua grazia. In virtù di questo amore, che ci rende figli e fratelli in Cristo. Diventiamo capaci di amare anche il nostro prossimo come noi stessi. Diventiamo capaci soprattutto di superare la schiavitù della legge e conseguire la vera libertà dei figli di Dio. Così formiamo un solo corpo, «Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito». Non dobbiamo però mai dimenticare che noi amiamo con l’amore che Dio stesso ci dona e di conseguenza non possiamo attingere da noi stessi, è Lui la fonte, da Lui dobbiamo attenderci nell’intensità della preghiera, la capacità e la forza di amarlo e di amare il nostro prossimo e noi stessi nel modo giusto. Sappiamo bene infatti quante deviazioni accadono in nome dell’amore quando questo sgorga soltanto dal cuore inquinato dell’uomo. M.B.S.


Per un confronto personale

1.L’amore per Dio e per il prossimo è per te solo un vago sentimento, un’emozione, un moto passeggero o una realtà che afferra tutta la tua persona: cuore, volontà, intelligenza e tratto umano?
2.Tu sei stato creato per amare. Sei consapevole che la tua realizzazione avviene nell’amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente? Tale amore richiede un riscontro di carità per i fratelli e le loro situazioni esistenziali. Lo vivi nella pratica quotidiana? P.C.

giovedì 19 agosto 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XX Settimana del Tempo Ordinario

Giovedì - Mt 22,1-14
Il banchetto e l’abito nuziale.

Nasce da un bisogno irrefrenabile di comunione da parte di Dio nei nostri confronti l’invito al suo banchetto. Vuole renderci partecipe dei suo beni, ci vuole come suoi commensali. Per questo ci ha fatto somiglianti a se con un innato desiderio di essere sfamati e dissetati nel corpo e nello spirito. Il nostro primo peccato e tutti quelli che ne sono seguiti hanno la stessa radice e la stessa origine: abbiamo scelto noi il banchetto a cui sederci e mangiare e ne siamo rimasti avvelenati dentro. È iniziata immediatamente l’opera risanatrice di Dio: ci ha invitati di nuovo alla mensa della sua parola, ha ripreso il dialogo con noi. Poi il banchetto di nozze! Il Figlio di Dio che sposa la nostra umanità, s’incarna, si dona, s’immola, diventa cibo e bevanda di salvezza per noi. È un banchetto di festa per un ritorno alla casa del Padre perché eravamo perduti e morti e siamo tornati in vita. Ci è stato dato un abito nuovo, un abito nuziale dal giorno del nostro battesimo ed abbiamo assunto l’impegno di conservare limpido quell’abito e di non smetterlo mai. È la veste candida che ci rende degni del banchetto e ci autorizza ad entrare nell’intimità di Dio. Dobbiamo stare desti perché l’invito non ci colga distratti e distolti, senz’abito o impegnati nelle nostre cose e diretti a banchetti non salutari o addirittura venefici. È un assurdo, ma ci può capitare di rifiutare l’invito del Signore perché impegnati nelle nostre vicende quotidiane, magari a bramare le carrube. «Ho paura del Signore che passa!» – soleva ripetersi Sant’Agostino. Costatiamo che il mondo è pieno di affamati, che dissertano però la mensa del Signore. Conosciamo bene i brani biblici che ci parlano del pane di vita. Ci insegna il Signore che chi non mangia di quel pane e non beve quel sangue non ha la vita. Il festeggiato si fa pane per noi, è Lui ha nutrirci di sé. Siamo noi a godere di quel germe di immortalità che solo al banchetto divino possiamo trovare. Il banchetto è ora la nostra Messa, quella cena eterna che ad ogni festa si ripete. Sono ancora pochi a rispondere all’invito e ancora tantissimi gli affamati di Dio. M.B.S.

Per un confronto personale
• Quali sono le persone che sono normalmente invitate alle nostre feste? Perché? Quali sono le persone che non sono invitate alle nostre feste? Perché?
• Quali sono i motivi che oggi limitano la partecipazione di molte persone nella società e nella chiesa? Quali sono i motivi che certe persone addicono per escludersi dal dovere di partecipare alla comunità? Sono motivi giusti? P.C.

mercoledì 18 agosto 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XX Settimana del Tempo Ordinario

Mercoledì - Mt 20, 1-16.

Qualsiasi sindacalista avrebbe inoltrato una vibrante protesta nei confronti del padrone della vigna. Egli infatti chiama operai in diverse ore del giorno per cui alcuni lavorano l’intera giornata e gli ultimi solo poche ore. Tutti però ricevono lo stesso salario. Sembrerebbe una palese ingiustizia, è invece una sublime lezione di amore. Questo, quando sgorga dal cuore stesso di Dio, va sempre oltre i criteri umani anche quelli che sembrerebbero i più legittimi. È perciò temerario pretendere di poter valutare la giustizia divina con quella nostra. A noi manca la misura perfetta del bene, abbiamo soltanto briciole di sapienza e, a proposito di giustizia, la pretendiamo dagli altri e non sempre siamo disposti a praticarla noi. Ci mancano soprattutto le dimensioni dell’amore e la giustizia senza amore non può esistere. Rischiamo poi di diventare gelosi della bontà di Dio e vorremmo spegnerla in nome della nostra legge. Anche il fratello maggiore del figlio che ritorna non comprende i motivi della festa che il Padre ha ordinato. Ci risulta difficile comprendere persino la sorte beata del ladrone che con una semplice preghiera e un pentimento finale si accaparra il paradiso. Troppo facile ci verrebbe da dire. Nulla però è impossibile a Dio. Soltanto Lui sa coniugare perfettamente amore e giustizia. Noi no. È già molto se riusciamo a far tacere il desiderio di vendetta e i morsi della rabbia quando reclamiamo giustizia, soprattutto quando l’offesa e grave e ci ha procurato cocenti dolori. Dovremmo mai dimenticare che Dio con noi non ha applicato la giustizia, ma ci ha usato misericordia per cui ci dice: «Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro celeste». M.B.S. 
Per un confronto personale
• Quelli dell'undecima ora arrivano, hanno vantaggi e ricevono priorità nella fila d'entrata del Regno di Dio. Quando tu aspetti due ore in fila, ed arriva una persona che senza dir nulla ti si mette davanti, tu l'accetteresti? Le due situazioni sono paragonabili?
• L'azione di Dio supera i nostri calcoli e il nostro modo umano di agire. Lui sorprende e a volte è scomodo. E' successo a volte nella tua vita? Che lezione ne hai tratto? P.C.

martedì 17 agosto 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XX Settimana del Tempo Ordinario

Martedì - Mt 19,23-30
Cento volte tanto e la vita eterna.

Gesù stesso fa un amara riflessione sull’episodio del ricco, che non ha il coraggio di seguirlo, nonostante le ottime intenzioni che l’animavano: «Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli». Il ricco che s’identifica necessariamente con chi ha molti beni, ma piuttosto con coloro che sono smodatamente attaccati alle ricchezze fino a farle diventare il proprio idolo. Gli stessi apostoli restano sgomenti all’affermazione del loro maestro e Gesù precisa che con l’aiuto di Dio è possibile staccare il cuore dalle cose della terra e aspirare con tutta l’anima a quelli del cielo. Pietro si ricorda allora della chiamata, delle reti, dei suoi cari, della immediata sequela e chiede: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?». Il premio è di un valore infinitamente più grande di qualsiasi umana ricchezza. Si tratta della vita eterna oltre i beni indispensabili durante l’esperienza terrena. È forse per questo speciale tipo di contratto che le persone del mondo invidiano i religiosi che hanno lasciato tutto per il nome di Cristo e sin da questo mondo godono di una grande pace e una profonda serenità. È comunque difficile distogliersi dagli assilli della vita che premono e non ripagano mai adeguatamente. È l’inganno delle umane cose, è un ritmo che coinvolge e spesso travolge, delude ma non illumina. Per questo San Paolo raccomandava ai primi cristiani: «Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra».

lunedì 16 agosto 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XX Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì - Mt 19,16-22
Se vuoi essere perfetto.

Va subito detto che tendere alla perfezione è un dovere di ogni cristiano, ciascuno nel suo stato di vita. È un comando del Signore: «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». È invece mentalità comune che la perfezione che coincide con la santità sia una mèta riservata a pochi. Ciò deriva dal fatto che solo alcuni la Chiesa elenca nella schiera dei santi e li propone a modello e protezione nostra. Resta però sempre vero che tutti dobbiamo conseguire la mèta. Possiamo quindi fare nostra la richiesta dell’anonimo del Vangelo che chiede a Gesù: «Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?». La risposta di Gesù si articola in due momenti: prima egli ricorda e detta ciò che è essenziale per avere la vita eterna, l’osservanza cioè dei dieci comandamenti, poi indica una via privilegiata che può condurre alla perfezione della santità. Tale via implica il distacco totale ed incondizionato da tutti i beni e le umane sicurezze per seguire Cristo povero, casto ed obbediente. Nel proseguo della conversazione emerge un grosso ostacolo alla sequela di Cristo. È l’attaccamento ai beni di questo mondo o forse ancor più il dubbio circa le garanzie che Gesù stesso offre a coloro che lo seguono. Le ricchezze e le sicurezze di questo mondo per quanto fragili e passeggere possano apparire, esercitano sempre un grande fascino e una grande tentazione per l’uomo. Non ci stupisce più di tanto perciò che quel signore che aveva potuto affermare con verità di aver osservato tutti i comandamenti sin dalla sua infanzia, che anelava ai beni celesti, che voleva scoprirne la via migliore per raggiungerli, se sia poi andato «triste perché possedeva molte ricchezze». Sì, davvero i beni di questo mondo, ci posseggono talvolta e ci appesantiscono vietandoci di volare verso Dio.

XX Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì - Mt 19,16-22
In quel tempo, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?».
Gesù rispose: «Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!».
Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze.



Martedì - Mt 19,23-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».

Mercoledì - Mt 20,1-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».



Giovedì - Mt 22,1-14
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».



Venerdì - Mt 22,34-40 -  San Bernardo
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Sabato - Mt 23,1-12 - San Pio X
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

domenica 15 agosto 2010

Assunzione della Beata Vergine Maria - XX Domenica del Tempo ordinario



ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (Messa del Giorno) Lc 1,39-56

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

Commento a cura di
don Angelo Sceppacerca
(Agenzia SIR)

Vivere la parola ed essere madre. Dinanzi a Maria di Nazareth e di Gerusalemme, la fanciulla del villaggio galileo e la regina della città celeste, il Figlio offre un nuovo vertice del suo insegnamento, svelando il legame stretto che c'è tra l'accoglienza della Parola e la capacità di mostrare nella storia la presenza del Verbo eterno, di Gesù in mezzo a noi. Sempre l'evangelista Luca aveva scritto: "Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica"; e oggi ribadisce e proclama, in certo modo, la maternità dei discepoli nei suoi confronti. I veri figli di Dio sono quelli che vivono la maternità in stretta unione con l'ascolto e l'accoglienza della Parola di Dio. Per questo l'insieme dei discepoli, la Chiesa tutta, è Madre in senso proprio.

Gesù parla del dover essere dei suoi discepoli mostrando la madre e ci presenta la madre come la prima discepola. Lo fa usando la voce di una donna che si alza dalla folla. Una donna svela il vero volto di Maria. Anni prima, ad Ain Karim, due donne si erano incontrate e riconosciute: entrambe avevano ascoltato e accolto una parola portata dallo spirito; Elisabetta aveva vinto la sterilità generando il più grande dei figli dell'uomo; l'altra aveva dato carne a Dio stesso.

Quando, nel 1950, Pio XII proclamò il dogma dell'Assunzione di Maria, C.G.Jung dichiarò con entusiasmo: "Questo dogma è attuale da ogni punto di vista e lo ritengo il più importante avvenimento religioso dal tempo della Riforma", perché "Maria è unita al talamo celeste come sposa al Figlio e come Sophia con la divinità". E il cardinale Ignace Moussa I Daoud, già patriarca di Antiochia dei Siri, ha detto: "La liturgia siriana invoca Maria, che porta nel grembo il Bambino Gesù, chiamandola secondo Cielo. Prima di ogni apostolo e sacerdote è Maria che ha dato Gesù al mondo".

Un altro porporato, il cardinale vietnamita François Xavier Nguyen Van Thuan: "Il 15 agosto 1975, festa dell'Assunta, a Saigon sono stato invitato a recarmi al Palazzo dell'Indipendenza. Là sono stato arrestato. Erano le 14. In quel momento tutti i sacerdoti, i religiosi e le religiose erano stati convocati al Teatro dell'Opera, allo scopo di evitare ogni reazione da parte del popolo. Inizia così per me una nuova e specialissima tappa della mia lunga avventura. Sono partito da casa vestito con la talare e con un rosario in tasca. Durante il viaggio verso la prigione, mi rendo conto che sto perdendo tutto. Non mi resta che affidarmi alla provvidenza di Dio. Pur in mezzo a tanta ansia, sento una grande gioia: oggi è la festa dell'Assunzione della Beata Vergine Maria in cielo. Da quel momento è vietato chiamarmi vescovo, padre… Sono il signor van Thuan. Non posso più portare nessun segno della mia dignità. Senza preavviso, mi viene chiesto, anche da parte di Dio, un ritorno all'essenziale".

Oggi, festa dell'assunzione di Maria in cielo, in anima e corpo, è occasione buona per tornare all'essenziale, con l'anima e col corpo. Con semplicità e convinzione, dinanzi a lei, cielo di Dio e "più madre delle nostre madri" (il monaco Giovanni).

sabato 14 agosto 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XIX Settimana del Tempo Ordinario

Sabato - Mt 19,13-15 - San Massimiliano Maria Kolbe

Una scena conosciuta quella del vangelo, anche se non sempre ben compresa e ben interpretata. Infatti, la predilezione di Gesù per i bambini, così come viene espressa dai sinottici, da qualcuno era fatta risalire ad uno sviato senso della purezza. Niente di tutto ciò! I bambini nelle culture antiche, compresa quella ebraica, erano gli esseri meno considerati, coloro che non godevano di alcun diritto ed è proprio a questa categoria di parìa che si rivolge il Signore. È lo stesso discorso di “prostitute e pubblicani vi precederanno nel Regno dei cieli”. La predilezione di Gesù è quindi verso gli ultimi, i diseredati che per il solo fatto di essere tali (attenzione! non per la loro fede o per le opere) erediteranno il Regno dei cieli.

Per un confronto personale
• Bambini: cosa hai imparato dai bambini lungo gli anni della tua vita? E cosa imparano i bambini da te su Dio, su Gesù e sulla vita?
• Qual è l'immagine di Dio che irradio ai bambini? Dio severo, buono, distante o assente? P. C.

venerdì 13 agosto 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XIX Settimana del Tempo Ordinario

Venerdì - Mt 19,3-12


Fedeltà creativa.

Se il discorso sul perdono visto nel vangelo di ieri spinge ad irrobustire la nostra fede e a viverla coerentemente, non meno esigente si mostra la richiesta di fedeltà di cui è portatore il vangelo odierno. L’episodio si inserisce all’interno di una diatriba tra Gesù e i farisei. Questi da rigidi custodi della legge sanno che c’è una norma, fatta risalire a Mosé (Dt 24, 1), per cui è lecito ripudiare la propria moglie, ma Gesù vi si oppone decisamente facendo prevalere i diritti/doveri della persona sulla legge stessa. È la legge a servizio della persona e non questa sottomessa a quella. Nel libro di Giosuè troviamo una grande liturgia commemorativa, probabilmente una celebrazione di rinnovamento dell’Alleanza, in cui Israele fa memoria, attraverso l’ascolto, delle grandi gesta compiute da Dio in favore del suo popolo. Ascolto e Parola sono due dimensioni che troviamo in entrambe le letture. Se l’ascolto avviene come memoriale allora la Parola si attualizza: ciò che viene letto non è la storia di altre persone, ma è la mia storia, ne sono coinvolto personalmente. Così il vangelo ci indica che verso la Parola occorre una “fedeltà creativa”: sappiamo quanto siano deleteri i fondamentalismi di ogni genere, specialmente dove hanno a che fare con il letteralismo. Preservare la lettera è certamente cosa buona, ma esserne ostinatamente vittime è distruttivo per sé e per gli altri. Non c’è bisogno di scandalizzarci per la rigidità dei farisei, pensiamo invece ai vari fondamentalismi, in campo religioso e non, che scorgiamo oggi in questo nostro mondo ed anche, perché no, dentro di noi! M. B. S.

Per un confronto personale
• Per quanto riguarda il matrimonio sappiamo accogliere l’insegnamento di Gesù con animo semplice senza adattarlo alle nostre legittime scelte di comodo?
• Il brano evangelico ci ha ricordato che il disegno del Padre sull’uomo e sulla donna è un mirabile progetto d’amore. Sei consapevole che l’amore ha una legge imprescindibile: comporta il dono totale e pieno della propria persona all’altro? P.C