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La Vera Vite

Spirito Santo

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vieni...

Corpus Domini

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Nel Corpo e nel Sangue di Gesù

Ciascun uomo possa "sentire e gustare" la presenza di Gesù e Maria, SS. Madre della Pentecoste, nella propria vita, in ogni attimo della propria giornata.



Nello Splendore della Resurrezione del Signore l'uomo trovi la sua vera dimensione e riesca ad esprimerla con Amore e Carità. Un abbraccio Michy


Maria SS. di Montevergine

Maria SS. di Montevergine
Maria SS. di Montevergine

Ti seguitò Signore - Mons.Mario Frisina

venerdì 31 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XVII settimana del tempo ordinario) S.Ignazio di Loyola

Venerdì - Sant’Ignazio di Loyola - Mt 13,54-58
Coloro che non vengono ascoltati! – Tutti sono sicuri di essere alla ricerca della verità. Ma chi è pronto ad ascoltare Dio attraverso la voce di uno dei suoi vicini? Gesù stesso non è stato riconosciuto dai suoi compaesani. (Cf. Messalino EDB)
Nel Vangelo di oggi abbiamo una reazione all’insegnamento di Gesù. L’evangelista Matteo precisa dove nasce la contestazione a Gesù. Non nelle strade, non tra il popolo dove Gesù ha operato, guarito, consolato e perdonato i peccatori. Nasce nella sinagoga dove Gesù ha la pretesa di insegnare. La classe colta, che non comprende l’insegnamento di Gesù, è quella che si dimostra più restia ad accettare il suo messaggio di salvezza. Gesù non è attaccato sul contenuto del suo insegnamento ma disprezzato per le sue umili origini; Egli non proviene dalla classe sacerdotale e vuol pretendere di insegnare la sua dottrina nella sinagoga! Può capitare anche noi di non voler accettare un consiglio o un insegnamento. Può, allora succedere che siamo tentati a colpire quelli che riteniamo i nostri avversari sul piano personale. Gesù invece ci insegna a non disprezzare ciò che ci sembra umile. E’ l’invito a non giudicare dalle apparenze e nel saper accettare tutti senza nessun pregiudizio. (Monaci Benedettini Silvestrini)

giovedì 30 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XVII settimana del tempo ordinario)

Giovedì – Mt 13,47-53
L’ora della cernita – Verrà il momento in cui la rete sarà tirata a riva e ne sarà esaminato il contenuto. I peccatori sono invitati a riflettere su questa realtà e a convertirsi finché ne hanno il tempo.
Al termine del capitolo in cui ha riunito le parabole, Matteo colloca una parola di Gesù (v. 52) che invita i discepoli a imitarlo nella presentazione del mistero del regno per mezzo di parabole, nella fedeltà al linguaggio dell’antica alleanza, ma anche con fiduciosa apertura alla novità dello Spirito. (Cf. Messalino EDB)
Leggiamo ancora una parabola del Regno e della fine del mondo. Affluiscono pesci buoni e pesci cattivi nella rete gettata dal Signore nel mare del mondo. Come cresce la zizzania insieme al grano nel campo del Signore. Noi, specie se ci annoveriamo nell’ambito dei buoni, siamo impazienti di vedere la selezione finale. Procura un enorme fastidio vedere pesci cattivi appesantire inutilmente la rete con il rischio di farle strappare, come irrita vedere che la zizzania invade il campo e addirittura sembra prevalere sul grano buono, che appare come mortificato da quell’erbaccia. Il Signore sa che il male ci infastidisce, sa del nostro zelo e della nostra impazienza, mentre noi non siamo in grado di comprendere né il suo amore né la sua giustizia, né la sua pazienza. I tempi di Dio sono molto diversi dai nostri: Egli vede in chiave di eternità, noi siamo impauriti dal tempo che ci sfugge per condurci alla fine. Il nostro senso di giustizia e molto approssimativo e sommario. Egli, il Signore. Solo Lui, sa coniugare perfettamente amore e giustizia, misericordia ed equità, presente e futuro… Dobbiamo saper attendere quell’ultimo giorno e imparare sin da ora che l’argomento dell’esame sarà l’amore sentito e manifestato concretamente nella carità operosa. Allora vedremo anche la sorte dei pesci cattivi e della zizzania. Vedremo ardere anche i fastelli dei tralci secchi, ma soprattutto comprenderemo che i primi a beneficiare dell’attesa e della pazienza di Dio siamo stati proprio noi. Allora la nostra perplessità o incomprensione di oggi si cambierà in canto di lode e di benedizione in eterno. (Padri Benedettini Silvestrini)

mercoledì 29 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XVII settimana del tempo ordinario) S.Marta

Mercoledì -- Santa Marta -- Lc 10,38-42
Gli ospiti del Signore…La liturgia benedettina associa alla memoria di Marta quella di Maria e Lazzaro definiti ospiti del Signore. Il brano evangelico, tratto da San Luca è caratterizzato proprio dall’accoglienza del Signore. Le due sorelle, in due modi diversi accolgono lo stesso Gesù. L’una è preoccupata a pulire la casa e rendere accogliente l’ambiente che deve essere degno di ricevere Gesù. Maria invece è interessata ad accogliere la Parola stessa di Gesù in un atteggiamento raccolto da sua discepola. I due atteggiamenti non devono essere contrapposti, anzi possiamo unirli in un’unica esigenza per chi si accinge a partecipare alla Santa Messa. Per accogliere degnamente Gesù, nella forma Eucaristica dobbiamo prima purificare il nostro cuore. La Chiesa ci suggerisce come diventare degni di partecipare al banchetto eucaristico e richiede, quando necessario, la confessione sacramentale. In questo imitiamo Marta che pulisce la casa. E’ anche importante il nostro atteggiamento che favorisca l’unione intima con Gesù. In questo, invece imitiamo Maria che si è scelta la parte migliore.( Monaci Benedettini Silvestrini)

martedì 28 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XVII settimana del tempo ordinario)

Martedì -- Mt 13,36-43
Il tempo della scelta – Perché tanta cattiveria nel mondo? Se Dio esistesse veramente la tollererebbe? Eppure Dio non solo la tollera, ma impedisce ai suoi servi troppo zelanti di sterminare i malvagi con il pretesto di far scomparire il male. Si tratta invece di vincere il male col bene e di ricondurre i peccatoti a Dio, prima che il giudizio ponga fine al tempo in cui viene offerta all’uomo la possibilità di scegliere (Cf. Messalino EDB)
Il linguaggio usato da Gesù è sempre più semplice e significativo, i termini sono molto vicini alla realtà di tutti, ecco perché il contenuto risulta molto comprensibile. Il Figlio dell’uomo è Colui che semina nel campo, cioè nel mondo, il seme buono, i figli del Regno. Ma nel campo tra il seme buono cresce anche la zizzania, cioè i figli del Maligno. Al momento della mietitura, gli angeli, coloro che saranno mandati per la raccolta, getteranno nel fuoco la zizzania per bruciarla, mentre la parte buona del raccolto, cioè coloro che hanno vissuto, operando nella giustizia e nell’amore, saranno accompagnati nel Regno del Padre dove vivranno la Beatitudine eterna.
Attenzione, dunque cerchiamo di vigilare sulle nostre opere e sull’Amore che saremo capaci di dare con tutto il nostro cuore ai nostri fratelli e sorelle in Gesù.

lunedì 27 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XVII settimana del tempo ordinario)

Lunedì -- Mt 13,31-35
La crescita del regno di Dio – Dio stabilisce il suo regno in modo progressivo e nascosto, come rivelano le parabole del grano di senapa, un piccolo seme che germoglia e cresce fino a diventare un grande albero e del lievito mescolato alla farina, che a poco a poco fa fermentare tutta la pasta. (Cf. Messalino EDB)
Tutti in uguale misura riceviamo sin dalla nascita un “piccolo granellino di senapa”, che pur piccolo contiene in sé tanti “doni”, ovviamente, in formato ancora più piccolo, ma tanto quanto necessita alla nostra persona per potere vivere all’interno del Regno di Dio.
E’ compito dei genitori, i maestri, gli educatori in genere ad aiutarci a farli crescere. Un compito dal quale non possono sottrarsi le persone preposte alla crescita globale della nostra persona ed ovviamente noi stessi. Contemporaneamente al crescere della nostra autonomia, della capacità di operare scelte di sapere distinguere tra il bene ed il male per noi e per gli altri…. tale compito va diventando sempre più nostro. Parliamo quindi di persone adulte. In tutto questo come Gesù è stato parte della nostra crescita direttamente e mediante gli educatori, che ci hanno aiutato a sapere “leggere”, “individuare”… “sentire” la presenza di Dio nella nostra vita, continua il suo dialogo direttamente con i propri figli. Il Padre Celeste è un educatore a tempo pieno e per sempre, un sempre che non ha confini. Inizia il periodo più bello, il momento in cui si comincia a dialogare direttamente, un dialogo continuo che è compito del cristiano tenere sempre acceso, attraverso la preghiera, la Parola di Gesù, …, gli avvenimenti, la nostra vita. i consigli delle figure preposte alla nostra formazione permanente. Il granellino ha dato vita ad una realtà completamente “cresciuta”, “lievitata”, che porterà con sé sempre il suo bagaglio, il frutto dei propri percorsi….

domenica 26 luglio 2009

XVI Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì -- Mt 13,31-35
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:«Aprirò la mia bocca con parabole,proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».

Martedì -- Mt 13,36-43
In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».
Mercoledì -- Santa Marta -- Lc 10,38-42
In quel tempo, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: “Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma Gesù le rispose: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”. Parola del Signore. Oppure: (Gv 11,19-27) . In quel tempo, molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello. Marta, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà”. Gesù le disse: “Tuo fratello risusciterà”. Gli rispose Marta: “So che risusciterà nell’ultimo giorno”. Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me non morrà in eterno. Credi tu questo?”. Gli rispose: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo”.

Giovedì – Mt 13,47-53
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».Terminate queste parabole, Gesù partì di là.

Venerdì - Sant’Ignazio di Loyola - Mt 13,54-58
In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

Sabato -- Sant'Alfonso Maria de’ Liguori -- Mt 14,1-12
In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!».Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla con te!». Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta.Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre. I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù.

XVII Domenica del Tempo Ordinario

Santi Gioacchino ed Anna
In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo. Gv 6,1-15
Omelia
di
don Roberto Rossi
Inizia oggi la lettura del grande capitolo sesto di S. Giovanni che ci prepara con la moltiplicazione dei pani al discorso eucaristico di Gesù.Gesù poteva far scendere il pane e i pesci sul prato direttamente dal cielo, magari dopo aver pronunciato con fare misterioso qualche formula magica. La folla sarebbe rimasta a bocca spalancata. Invece no. Vuole partire dal contributo del ragazzino: cinque pani e due pesci.Un niente, anzi, meno di niente per cinquemila uomini, più le donne e i bambini: nemmeno una briciola per ciascuno.Eppure Gesù parte da lì: prende i pani e i pesci dalle mani del ragazzo e li distribuisce a quelli che si erano seduti, finché ne vogliono. E da quelle briciole scaturisce tanto ben di Dio da riempirne dodici ceste. Dodici! Come le tribù d'Israele, un simbolo dell'umanità. Come a dire: da quei cinque pani e due pesci tutta l'umanità si sarebbe potuta saziare.È strano Gesù? Tutt'altro! Segue e svela la logica di Dio, come avevano fatto Eliseo e tutti gli altri profeti: «Dio è generoso, immensamente generoso. Però, da padre buono e vero, vuole la nostra collaborazione. Ci sta vicino, ci aiuta a superare le difficoltà, ma esige che noi collaboriamo per quello che possiamo. Possiamo poco? Non importa. È importante che mettiamo quel poco che abbiamo. Possiamo pochissimo, quasi niente: soltanto cinque pani e due pesci per una marea di persone? Non importa. È sufficiente che mettiamo quello che abbiamo. Al resto pensa lui». Questo il messaggio di Gesù.Ecco la nostra meditazione. Quante volte, quando le cose ci sembrano superiori alle nostre forze - pensiamo alla miseria del mondo, soprattutto dei bambini... -, può venire il lamento: «Perché Dio non fa niente?».Quante volte, di fronte alle disgrazie, ai lutti, alle situazioni di dolore e di sofferenza, può venire il lamento: «Perché Dio non interviene?».Quante volte, di fronte alle difficoltà che incontriamo con noi stessi, nella famiglia, nel lavoro, possiamo arrabbiarci: «Ho pregato tanto, ma Dio non mi ha ascoltato, non mi ha aiutato».La domanda: li abbiamo tirati fuori i nostri cinque pani e due pesci?Forse no. Sembrandoci inadeguate le nostre risorse, abbiamo preteso che facesse tutto Dio. Se le avessimo messe nelle sue mani, si sarebbero moltiplicate.Possiamo riflettere e chiedere persono. Perché cinque pani e due pesci ce li abbiamo tutti.Paolo ci ricorda che siamo chiamati a comportarsi in maniera degna della nostra vocazione; a vivere consapevoli che siamo un solo corpo, che c'è «un solo Signore, un solo Spirito, un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti».Siamo chiamati, cioè, a creare pace, fraternità, perdono, benevolenza, uguaglianza, giustizia.Un impegno superiore alle nostre forze? Sicuramente!Però le nostre forze basteranno e avanzeranno se non lasciamo nella bisaccia i nostri cinque pani e due pesci, ma li tiriamo fuori e li mettiamo nelle mani di Cristo Gesù.Con questi pensieri, mi accingo a una visita ad alcune Missioni in India; conto sulla preghiera degli amici, ai quali chiedo scusa di non farmi presente per alcune domeniche.

sabato 25 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XVI settimana del tempo ordinario) San Giacomo

Sabato -- SAN GIACOMO -- Mt 20,20-28
Il colloquio che si svolge nel brano evangelico, scelto per la festa dell’apostolo Giacomo, è fin troppo chiaro nell’indicarci lo spirito con cui ci si deve mettere al servizio del Vangelo. Le categorie del pensare e dell’agire comuni sono rovesciate, così come lo sono nella seconda lettera ai Corinzi. Provate a considerare quale messaggio radicale e in controtendenza ci viene da questi passi. Si parla di croce, di morte, di sofferenza, e tutto questo vissuto nella speranza che “colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù”, ed ancora si dice che se si vuole comandare bisogna servire, che i primi posti da ricercare sono quelli che ci mettono a servizio dell’altro. Tentiamo di rileggere la nostra vita cristiana alla luce di questa parola e a pensare all’incidenza che termini quali quelli proposti hanno nei nostri comportamenti quotidiani: nel rapporto con la mia comunità parrocchiale, con la mia famiglia, nell’ambito del mio lavoro e in fondo con me stesso. Sì, perché il ricercare spasmodicamente il primo posto, in ordine al potere e non al servizio, potrebbe anche voler dire non sentirsi capaci di “habitare secum”, espressione dei Dialoghi di Gregorio Magno e cara alla tradizione benedettina, con cui si vuole indicare la possibilità di un animo pacificato di stare solo e di non dover provare necessariamente qualcosa a qualcuno. Scoprire i propri punti deboli è già un passo per poterli gestire e per conviverci. Forse anche San Giacomo, dalla risposta di Gesù, si sarà sentito infastidito ed anche mortificato, ma il suo martirio ci dimostra che quell’insegnamento di Gesù è stato recepito e vissuto fino alle estreme conseguenze. ( a cura dei Padri Benedettini Silvestrini)

venerdì 24 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XVI settimana del tempo ordinario) Santa Brigida di Svezia

Venerdì – Mt 20,20-28
Dal seme della Parola di Dio può germogliare la salvezza – La Parola di Dio non ha una fecondità diversa a seconda di come viene ricevuta. Chiediamo quale terreno offriamo noi alla buona notizia del regno: la soffocheremo o lasceremo che ci trasformi fino a renderci capaci di portare frutto? (Cf. Messalino EDB)
……….C'è un modo di considerare la parola di Dio come oggetto della nostra curiosità invece che come essa è, parola di vita. E un seme, ha detto Gesù. E c'è il rischio di fare come un naturalista che prende in mano un seme, lo osserva, lo seziona, lo esamina al microscopio e, soddisfatta la sua curiosità di studioso, lo butta via. il seme e così la parola di Dio non è fatto per questo, ma per suscitare la vita. Questa parabola è sempre utile per chiunque, perché il nostro atteggiamento verso la parola di Dio facilmente tende a svicolare davanti alle sue esigenze e così a non accogliere le grazie che in essa Dio ci comunica. Molti la studiano, ma senza comprenderla come parola di vita, che può salvare la nostra vita. Dice Gesù che c'è "l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante". E qui troviamo un altro motivo che rende molto utile riflettere ripetutamente su questa parabola. Noi cerchiamo la gioia della parola, ed è cosa ottima, ma sovente tutto sembra finire li, perché non abbiamo costanza. Bisogna cercare la vita che è nella parola, con uno sforzo penoso, duro, perché essa possa mettere radici nella terra sassosa del nostro cuore, radici profonde, che resistano a tutte le stagioni. Nella preghiera bisogna essere perseveranti nella parola di Dio, superando la stanchezza, lo scoraggiamento, per trovarvi la sorgente profonda; allora soltanto darà frutti in noi e non sarà solo motivo di una gioia superficiale. Accogliere la parola di Dio è vivere uniti a lui, è prendere sul serio la vita, offrendo con semplicità la nostra vita perché sia feconda per tutto il mondo. (commento “La Chiesa”)

giovedì 23 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XVI settimana del tempo ordinario) Santa Brigida di Svezia

Giovedì -- SANTA BRIGIDA DI SVEZIA - Mt 5,13-16
Voi siete ... del mondo
Un Vangelo provocante, quello odierno, per il celebre paragone di Gesù che disse ai suoi discepoli: "Voi siete il sale della terra..., voi siete la luce del mondo". Si noti la dimensione universalistica, espressa in "la terra" e "il mondo", sono l'intera umanità. Grandissima missione, essere uomini e donne che danno sapore e senso alla vita, che danno luce e convinzioni agli altri. Con altrettanta evidenza tuttavia c'è il rischio di essere insipidi, di perdere quella novità a cui tutti dovrebbero poter guardare per imparare a sperare in Dio. Se i discepoli venissero meno al loro compito rispetto al mondo, non servirebbero più a nulla, anzi, rischiano di essere "gettati via e calpestati dagli uomini". "Voi siete", grande fiducia da parte del Signore per i suoi discepoli! Grande responsabilità per i discepoli nei confronti di coloro a cui sono mandati! "Voi siete", costituisce già un'entità, data certo come dono, in unione con Gesù, vera "luce degli uomini". La luce, che non può essere nascosta come una città elevata e che sarebbe assurdo metterla sotto il moggio come la lucerna in casa, sono le "buone opere" dei discepoli. Si tratta di quelle opere che rendono visibili "la giustizia, la misericordia, la pace, l'impegno sociale" dei discepoli per mezzo delle quali si rivelano autentici figli di Dio. Infatti questo dovere, coerente e pratico dei discepoli è un irraggiamento di quella luce che deve condurre gli uomini a riconoscere la fonte luminosa e sapienziale: il Padre che è nei cieli. E se volessimo leggere ancora quel "voi siete..." nella luce della festa della Patrona d'Europa, santa Brigida? "Voi, siete per il mondo..." Non risuonano forse queste parole come profezia?, come compito..., come funzione, come dovere? Di fronte al "mondo" che vede nelle cose materiali il valore supremo... l'Europa deve dare il sapore giusto all'umanità. Che compito, che missione... che responsabilità...( a cura dei P. Benedettini Silvestrini)

mercoledì 22 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XVI settimana del tempo ordinario) S.Maria Maddalena

Quando il timore è buono
Nel Vangelo di questa giornata troviamo due termini familiari, specie negli ambienti benedettini: ascoltare e fare la volontà. Se nell'atteggiamento di ascolto, tutto il nostro essere si apre fiducioso verso l'altro, il fare la volontà, sia di Dio che di un'altra persona, a prima vista, non ci sembra così positivo. Anzi, sappiamo, grazie alle scienze psicologiche, quanti meccanismi perversi possono nascondersi dietro. Ma l'ascolto è propedeutico al "fare la volontà", anzi questa si manifesta in pienezza quanto più si è capaci di tendere l'orecchio del proprio cuore per scrutare i segni della presenza di Dio. In tal modo, il compiere la volontà divina non è un mero sottomettersi a qualcosa e/o a qualcuno che è più grande e potente di noi, sarebbe una sorta di fatalismo che ci ridurrebbe ad essere degli infelici, ma è un gesto profetico e come tale ci fa cogliere l'essenza stessa della realtà. Così, riconosciamo che ci sono legami che vanno ben al di là della carne e del sangue, che ci sono valori che superano le mode, e che la nostra contingenza può essere superata volgendo lo sguardo verso l'Assoluto. Un altro termine che possiamo desumere dalla prima lettura è il timore del Signore (v. Es.14,30). Ancora una parola abusata e ambigua, che però ha un'enorme importanza per il credente. Scoprire Dio, vuol dire anche restare abbagliati dalla sua potenza e provare quel senso di spavento e di ammirazione che coglie quando si è di fronte a qualcosa di immenso (pensate all'oceano in tempesta: staremmo ad ammirarlo per ore – da una scogliera! - benché provochi emozioni di timore e di attrazione). Vi propongo in finale questa simpatica storiella di Martin Buber: «Il Rabbi di Kotzk chiese a un chassid: "Hai mai visto un lupo?". "Sì" rispose quello. "E hai avuto timore?" "Sì". "Ma in quel momento hai pensato che avevi timore?". "No" rispose il chassid. "Ho soltanto avuto timore". "Così," disse il Rabbi, "si deve fare con il timore di Dio».

martedì 21 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XVI settimana del tempo ordinario)

Martedì – Mt 12,46-50
Come entrare nella famiglia di Dio – Il Figlio di Dio chiama gli uomini a diventare suoi fratelli: questo è il dono di Dio. Per riceverlo, bisogna volere tutto quello che vuole il Padre, come ha fatto Gesù (cfr. Messalino EDB)
Quando il timore è buonoNel Vangelo di questa giornata troviamo due termini familiari, specie negli ambienti benedettini: ascoltare e fare la volontà. Se nell'atteggiamento di ascolto, tutto il nostro essere si apre fiducioso verso l'altro, il fare la volontà, sia di Dio che di un'altra persona, a prima vista, non ci sembra così positivo. Anzi, sappiamo, grazie alle scienze psicologiche, quanti meccanismi perversi possono nascondersi dietro. Ma l'ascolto è propedeutico al "fare la volontà", anzi questa si manifesta in pienezza quanto più si è capaci di tendere l'orecchio del proprio cuore per scrutare i segni della presenza di Dio. In tal modo, il compiere la volontà divina non è un mero sottomettersi a qualcosa e/o a qualcuno che è più grande e potente di noi, sarebbe una sorta di fatalismo che ci ridurrebbe ad essere degli infelici, ma è un gesto profetico e come tale ci fa cogliere l'essenza stessa della realtà. Così, riconosciamo che ci sono legami che vanno ben al di là della carne e del sangue, che ci sono valori che superano le mode, e che la nostra contingenza può essere superata volgendo lo sguardo verso l'Assoluto. Un altro termine che possiamo desumere dalla prima lettura è il timore del Signore (v. Es.14,30). Ancora una parola abusata e ambigua, che però ha un'enorme importanza per il credente. Scoprire Dio, vuol dire anche restare abbagliati dalla sua potenza e provare quel senso di spavento e di ammirazione che coglie quando si è di fronte a qualcosa di immenso (pensate all'oceano in tempesta: staremmo ad ammirarlo per ore – da una scogliera! - benché provochi emozioni di timore e di attrazione). Vi propongo in finale questa simpatica storiella di Martin Buber: «Il Rabbi di Kotzk chiese a un chassid: "Hai mai visto un lupo?". "Sì" rispose quello. "E hai avuto timore?" "Sì". "Ma in quel momento hai pensato che avevi timore?". "No" rispose il chassid. "Ho soltanto avuto timore". "Così," disse il Rabbi, "si deve fare con il timore di Dio». (a cura dei Padri Benedettini Silvestrini)

lunedì 20 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XVI settimana del tempo ordinario)

Lunedì - Mt 12,38-42
A chi Gesù rifiuta di dare un segno – I segni Gesù offre della propria missione di salvatore saranno causa di condanna per gli uomini che non vorranno riconoscerne il significato. E’ il caso dei farisei, ed è questo il motivo per cui Gesù non darà loro altri segni oltre alla propria predicazione, che sarebbe sufficiente ad illuminarli, se essi fossero in buona fede, come gli uomini che ascoltarono Giona. Soltanto Matteo, a questo punto, rievoca la passione di Gesù attraverso un accostamento alla storia dell’antico profeta. Ma il vero segno di Gioia , come risulta chiaramente da Luca (Cf. il lunedì della 28° settimana) non è altro che la predicazione del Vangelo. (Cf. Messalino EDB?
Credere, amare e... saltare!Quando la fede va alla ricerca del miracoloso, meraviglioso, della soddisfazione visiva, del segno, vuol dire che o è in crisi oppure non è mai cresciuta, non è divenuta mai adulta. Il “credere” si sostiene nella rinuncia del “vedere……. È il medesimo coraggio di cui si ha bisogno nel credere senza appoggi sensibili. Come il popolo riluttante si affida a Dio, così la fede, benché tante volte non supportata da prove manifeste, dovrebbe abbandonarsi senza richiedere tante dimostrazioni. Non basta avere in testa delle teorie metafisiche che mettono in pace la nostra ragione, poiché davanti ad un evento qual è la resurrezione, accennato dall’evangelista (v. 40), tutti i sistemi, anche i più complessi, crollano. Il credere, dunque, non può essere sostenuto solo dal ragionamento, anzi questo in certi momenti è di ostacolo, deve quindi essere informato dall’amore. Credere ed amare fanno parte della stessa modalità di rapportarsi alle persone, e di conseguenza a Dio. Credere e amare però richiedono un po’ di follia che dia il coraggio di saltare i precipizi o, per dirla biblicamente, attraversare un mare a piedi!(a cura dei Padri Benedettini Silvestrini)

XVI Settimana del Tempo Ordinario

XVI Settimana del T. O
Lunedì - Mt 12,38-42
In quel tempo, alcuni scribi e farisei dissero a Gesù: «Maestro, da te vogliamo vedere un segno». Ed egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. Nel giorno del giudizio, quelli di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona! Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone!».

Martedì – Mt 12,46-50
In quel tempo, mentre Gesù parlava ancora alla folla, ecco, sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti». Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre».

Mercoledì -- Santa Maria Maddalena -- Gv 20,1.11-18
Nel giorno dopo il sabato, Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Maria stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto”. Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!”. Essa allora voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: “Rabbunì!”, che significa: Maestro! Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e anche ciò che le aveva detto.

Giovedì -- SANTA BRIGIDA DI SVEZIA - Mt 5,13-16

Venerdì – Mt 20,20-28
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Sabato -- SAN GIACOMO -- Mt 20,20-28
In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: “Che cosa vuoi?”. Gli rispose: “Di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno”. Rispose Gesù: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?”. Gli dicono: “Lo possiamo”. Ed egli soggiunse: “Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio”. Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli; ma Gesù, chiamatili a sé, disse: “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”.

sabato 18 luglio 2009

XVI Domenica del tempo Ordinario

XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Mc 6,30-34

OMELIA
di
don ROBERTO ROSSI


Rinfrancati per amare di più«Venite in disparte con me» dice Gesù. Prendetevi del tempo. Venite là dove si rinnova con il Signore il senso e la profondità del vivere. Allora stare in disparte non è fuga dalle responsabilità ma creazione, perché ciò che diventa creativo nella nostra vita è riscoprire e rinnovare i grandi valori per la vita dell'uomo. Ciò che è creativo è vedere Dio instancabilmente all'opera nella sua creazione e per i suoi figli, lui seminatore di vita. E poi ritornare nella folla, nella porzione di mondo che ci è affidata, ma come chi ha saputo trovare nel groviglio delle strade l'itinerario verso il futuro buono. Ritornare nella folla portando in sé un santuario di bellezza che solo Dio può accendere. Ma ecco che, sbarcando, dice il Vangelo, «Gesù vide molta folla e si commosse per loro». Gesù è preso fra due commozioni contrapposte, fra due oggetti d'amore: la stanchezza degli amici e lo smarrimento della folla. E in questo conflitto egli insegna agli apostoli d'oggi l'arte più difficile, l'arte di dimenticarsi.E si mise a insegnare loro molte cose. Era partito con un programma, un tempo di riposo insieme con gli amici. Ora è pronto a modificarlo perché la folla conta di più, perché prima viene la pecora perduta. Impariamo anche noi a modificare i programmi quando lo esige il dolore altrui, quando lo esige la povertà o la fame di pietà e di amore degli altri. Gesù dice: prenditi del tempo. E subito aggiunge: il tuo tempo non è tuo. E una cosa è vera e buona, ma l'altra è ancora migliore. La vita è fatta di incontri.«Temo Dio che passa» diceva sant'Agostino «perché non so se ritorna.» Temo l'uomo che passa, perché non so se mai più vedrò i suoi occhi rimasti nella fame d'incontri. Guai a sprecare gli incontri!Il rischio supremo è restare senza persone. Se siamo capaci di vivere l'incontro con gli occhi e il cuore aperti non correremo questo rischio. E perché questo accada dobbiamo, come Gesù, lasciarci commuovere. Noi accampiamo sempre qualche scusa, abbiamo sempre un impegno, un programma che bloccano il miracolo, sempre una scusa per non commuoverci, come il levita o il sacerdote sulla strada da Gerusalemme a Gerico, per passare oltre quell'uomo caduto ai margini e bloccare il miracolo della misericordia. E Gesù invece si commosse per loro. È la commozione la risposta giusta, che ti porta fuori di te, che ti fa muovere insieme all'altro (con - muovere), che diventa motore delle tue azioni, non l'emozione sterile, fine a se stessa.E quando ti commuovi, il mondo si innesta nella tua anima. E i discepoli imparano da Gesù non solo le cose da insegnare, ma per prima cosa imparano a commuoversi. Se ancora c'è qualcuno che si commuove per gli altri, questo mondo può ancora sperare. È facile commuoversi per se stessi, è facile piangere su di me, ma ciò è inutile, sterile. Gesù si commosse per loro. Se uomo e Dio sentono dolore per il dolore d'altri, allora la terra ha «pastori secondo il cuore di Dio». «Erano come pecore senza pastore.» Pastore vero è solo colui che si lascia conquistare dalla commozione per gli altri, quella che dettò le stupende parole del Salmo 23: «Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla».Il Signore si commuove per me, non manco di nulla. I discepoli, partiti per restare in disparte, imparano a essere a disposizione di tutti, imparano che l'amore non va in disparte, non va in vacanza, non riposa, non ha tregua, finché c'è folla che tende le mani, che invoca pane e pace. Noi forse non saremo capaci di moltiplicare il pane, ma con Dio saremo capaci di moltiplicare il cuore e con esso misericordia e pace e compassione. Così saremo pastori, consapevoli che non siamo indispensabili, che non salviamo nessuno, sapendo bene che ciò che possiamo fare è solo una goccia nell'oceano, ma è questa goccia che dà profondità e significato a tutta la nostra vita.

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XV settimana del tempo ordinario)

Sabato - Mt 12,14-21
Il destino del servo di Dio – Chi vuole servire Dio ponendosi autenticamente al servizio dell’uomo, come ha fatto Gesù, deve sapere ciò che lo attende, e accettarlo con fede. (Cfr. Messalino EDB)
Gesù va diventando sempre più una figura scomoda, il suo comportamento, i suoi discorsi non sono accolti bene dai Farisei e da atri grandi, “detentori” della verità. L’interpretazione delle scritture da parte di Gesù è ovviamente la lettura fedele di quanto scritto. Egli è il Figlio di Dio, di Colui che ha guidato la mano dei Profeti, Egli è Dio, la Seconda persona della SS. Trinità.
Ormai è deciso: deve essere fermato e quindi si cerca in tutti i modi di ucciderlo. In questo brano si evidenzia ancora un Gesù che fa perdere le tracce di sé non prima, però di avere risposto ai bisogni di coloro che lo seguivano: “li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa”. Sì,ancora non era arrivato il momento della cattura, non era il momento che si adempisse la Profezia di Isaia, che Matteo riscrive senza nulla aggiungere, senza apportare alcuna variazione. Egli è Colui che “…annuncerà alle nazioni la giustizia. Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le nazioni.”

venerdì 17 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XV settimana del tempo ordinario)

Venerdì- Mt 12,1-8
La vera fedeltà – Non serve a nulla essere schiavi di un certo numero di pratiche religiose, se non si è fedeli allo spirito che dovrebbe animarle, E quando ricorda Gesù ai farisei in questo brano evangelico, affermando che il vero culto di Dio è ispirato dall’amore. (Cfr. Messalino EDB)
Misericordia io voglio e non sacrificio…Gesù riporta questa frase dell’Antico Testamento al termine di una ennesima controversia con i farisei. Leggiamo nel vangelo come loro si sono scandalizzati contro i discepoli di Gesù che, in giorno di festa, coglievano spighe per sfamarsi. I farisei erano certi di essere nel giusto, di fare la volontà di Dio perché compivano alla lettera le innumerevoli prescrizioni legali. Ma questo non è saggezza evangelica, non è caratteristica cristiana. Dio si è manifestato come liberatore e vuole che il nostro slancio verso di lui sia obbedienza, ma non un’obbedienza legalistica ma piuttosto l’obbedienza dei figli, l’obbedienza figliale. Noi siamo obbedienti ai suoi comandamenti proprio perché egli ci ha reso liberi, capaci di conoscere le situazioni, capaci di giudicarle, capaci di prendere le decisioni giuste per il bene nostro e degli altri. Il Signore vuole che viviamo nella carità ed ogni precetto, ogni comandamento è subordinato ad essa. Così la nostra vita renderà testimonianza a lui, Dio che crea gli uomini liberi.(Monaci Benedettini Silvestrini)

giovedì 16 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XV settimana del tempo ordinario)

Giovedì - Mt 11,28-30
Il Mistero della vita Cristiana – La perfezione definita dalla legge è un fardello troppo pesante per l’uomo debole e peccatore. Alla scuola di Gesù, impariamo a portare un altro peso per mezzo di un gioco nuovo: si tratta di sottomettersi umilmente a Dio come fa Gesù – questo è il giogo – e di amare i fratelli come Gesù li ama – questo è il fardello leggero del cristiano. (Cfr. Messalino EDB)
Io sono
Nella prima lettura di oggi Dio svela a Mosè il suo nome. “Io sono colui che sono”, io sono colui che è veramente, l’unico che esiste davvero. Tutti gli altri esseri esistono perché sono stati chiamati da Lui. Ed egli ci chiama: venite a me, venite tutti che siete affaticati, tutti che siete oppressi ed io vi ristorerò. Gesù ha conosciuto la fatica dell’essere uomo, capisce la nostra stanchezza, lui che agli Apostoli stanchi ha amorevolmente detto: venite, riposatevi un po’… Siamo in molti oggi a sentirsi affaticati e oppressi, nonostante tutto ciò che abbiamo, o forse proprio a causa di tutto ciò che abbiamo. Ecco il giogo che ci pesa, che ci schiaccia. E’ pesante perché carico di tante cose inutili delle quali ci carichiamo noi stessi. Il giogo del Signore invece è leggero, è dolce, perché segnato dalla sua di noi conoscenza, perché segnato dal suo amore verso di noi. E san Paolo ci insegna che Dio non ci mai caricherà dei pesi che non saremmo in grado di portare. Dobbiamo imparare da lui, o tradotto meglio… imparare lui. E che cosa? Imparare Gesù che è mite ed umile di cuore. Se lo contempliamo nei vangeli, nella preghiera quotidiana, diventa più facile imparalo perché egli è il maestro che insegna con l’esempio, esempio che poi a nostra volta attirerà anche gli altri alla sorgente della salvezza che è Gesù stesso. ( Padri Benedettini Silvestrini)

mercoledì 15 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XV settimana del tempo ordinario)


Mercoledì - Mt 11,25-27
Il Mistero della vita divina – Questa preghiera di lode pronunciata dal Cristo apre uno spiraglio sul mistero della vita di Dio. Soltanto il Padre e il Figlio conoscono questa vita, è soltanto coloro che si aprono con spirito filiale al dono di Dio, con la semplicità dei piccoli, possono riceverla. (Cfr. Messalino EDB)


Omelia (15-07-2009)
Monaci Benedettini Silvestrini
I grandi e i piccoli

Benedico te Padre, perché hai rivelato tutte queste cose ai piccoli. Dio non è impressionato dalla grandezza, dall’intelligenza, dalla sapienza umana. Quelli che li fanno tenerezza sono i più piccoli, gli ultimi, gli emarginati. A loro tutta la sua attenzione. Gesù, durante la sua vita terrena, ha sempre cercato quegli ultimi, è andato in cerca dei malati per sanarli, in cerca degli indemoniati per liberarli, in cerca degli afflitti per annunziare loro la speranza che lui stesso ha portato sulla terra. Anche noi, se vogliamo chiamarci cristiani, se vogliamo veramente esserli dobbiamo comportarci in tutto come si è comportato il Signore. Certo, non sempre questo sarà facile, non sempre ci aiuterà la nostra società, la nostra formazione, i nostri vicini. Ma proprio in questi momenti difficili il Signore è particolarmente con noi. Dobbiamo sforzarci sempre più di conoscerlo, anche se, come ci dice il Vangelo odierno, non lo conosceremo mai abbastanza. Solo il Padre conosce il Figlio e il Figlio conosce il Padre. Conoscere ma non per sentito dire, non dai racconti degli altri, quanto dalle nostre personali esperienze, dalla nostra con lui intimità. Egli conosce ciascuno di noi, ci conosce come il pastore conosce le sue pecorelle. Se noi lo vorremo egli ci si svelerà, ci apparirà, ci si comunicherà perché il Signore è sempre vicino a chi lo cerca con cuore sincero.

martedì 14 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XV settimana del tempo ordinario)

Martedì - Mt 11,20-24
Il senso delle minacce di Gesù – Quando gli uomini si rifiutano di accogliere i segni dell’amore di Dio che egli offre a loro. Gesù si sente stringere dall’angoscia. Nascondi di qui i “guai”, le minacce che egli pronuncia per vincere l’indifferenza umana.(Cfr. Messalino EDB)
Avranno la sorte meno dura della tua
Ognuno risponderà secondo quanto ha ricevuto. Se tu hai ricevuto cinquanta denari non potrai rispondere solo dei trenta. Ecco l’intervento di Dio straordinario e palese: il Signore si rivolge alle città nelle quali aveva compiuto il maggior numero dei miracoli, laddove ha risolto molte difficoltà, laddove ha portato molta gioia, sanando e guarendo molti. Ma tutto questo non è stato sufficiente per la conversione dei loro abitanti. Hanno ricevuto tanto, ma non altrettanto hanno guadagnato, hanno perso anche quello che da Dio hanno ricevuto. E’ per questo che il Signore pronuncia il suo «guai» su quelle città. Anche noi abbiamo ricevuto tante grazie, abbiamo ricevuto la vita, la fede, viviamo nella pace, senza grandi contrasti. Tutte queste sono le grazie di Dio che devono portarci alla fede ancora più grande, più forte. Non possiamo dormire come le vergini stolte aspettando il nostro sposo. Dobbiamo essere come quelle sapienti che sempre con sé portano non solo la lampada, ma anche dell’olio. Tutti i beni che riceviamo dalla Sua bontà devono servire a fare altri beni, altre grazie, devono avvicinarci sempre più a Dio e ai fratelli. Se non fosse così anche su di noi graverebbe il «guai» del Signore. Finché siamo in vita abbiamo il tempo per la conversione, abbiamo il tempo per la revisione della nostra vita. Abbiamo la speranza che all’ultima ora il Signore ci troverà giusti davanti a lui ed anche davanti a noi si apriranno le porte del cielo. (Padri Benedettini Silvestrini)

lunedì 13 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XV settimana del tempo ordinario)

Lunedì - Mt 10,34-11,1
La scelta di fronte a cui ci pone il messaggio evangelico – Le esigenze di Dio sono le esigenze del suo amore. Fra chi le accetta e chi le rifiuta si crea una frattura profonda, come indica l’immagine evangelica della spada. L’apostolo dunque non deve stupirsi se il messaggio che gli è stato affidato divide gli uomini. Egli parla a nome di Dio, e riceverà la stessa accoglienza che verrà riservata a Dio. (Cfr. Messalino EDB)
• Il Discorso della Missione del capitolo 10 del Vangelo di san Matteo, offre molti spunti per poter svolgere la missione di discepoli e missionari di Gesù Cristo. Il vangelo di oggi ci presenta la parte finale di questo Discorso della Missione.
• Matteo 10,34-36: Non sono venuto a portare la pace, ma la spada. Gesù parla sempre di pace (Mt 5,9; Mc 9,50; Lc 1,79; 10,5; 19,38; 24,36; Jo 14,27; 16,33; 20,21.26). E allora, come capire la frase del vangelo di oggi che sembra dire il contrario: "Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada.” Questa affermazione non significa che Gesù stesse a favore della divisione e della spada. No! Gesù non vuole né la spada (Gv 18,11), né la divisione. Vuole l’unione di tutti nella verità (cf. Gv 17,17-23). In quel tempo, l’annuncio della verità che lui, Gesù di Nazaret, era il Messia divenne motivo di molta divisione tra i giudei. Nella stessa famiglia o comunità, alcuni erano a favore ed altri radicalmente contro. In questo senso la Buona Novella di Gesù era veramente fonte di divisione, un “segno di contraddizione” (Lc 2,34) o, come diceva Gesù, lui portava la spada. Così si capisce l’altra avvertenza: “Sono venuto infatti a separare ‘‘il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa’’. Era ciò che stava succedendo, infatti, nelle famiglie e nelle comunità: molta divisione, molta discussione, conseguenza dell’annuncio della Buona Novella tra i giudei di quel tempo, perché alcuni accettavano, altri negavano. Oggi succede la stessa cosa. Molte volte, lì dove la Chiesa si rinnova, l’appello della Buona Novella diventa ‘segno di contraddizione’ e di divisione. Persone che per anni sono vissute comode nella routine della loro vita cristiana, non vogliono lasciarsi scomodare dalle ‘innovazioni’ del Vaticano II. Scomodate dai mutamenti, usano tutta la loro intelligenza per trovare argomenti in difesa delle loro opinioni e per condannare i mutamenti considerandoli contrari a ciò che loro pensano essere la vera fede.
• Matteo 10,37: Chi ama suo padre e sua madre più di me, non è degno di me. Luca riporta questa stessa frase, ma molto più esigente. Dice letteralmente: "Se qualcuno viene a me, e non odia suo padre e sua madre, i suoi figli, i suoi fratelli, le sue sorelle, e perfino la propria vita, costui non può essere mio discepolo” (Lc 14,26). Come combinare questa affermazione di Gesù con quell’altra in cui ordina di osservare il quarto comandamento: amare e onorare il padre e la madre? (Mc 7,10-12; Mt 19,19). Due osservazioni: (a) Il criterio fondamentale su cui Gesù insiste sempre è questo: la Buona Novella di Dio deve essere il valore supremo della nostra vita. Non ci può essere nella vita un valore più grande. (b) La situazione economica e sociale all’epoca di Gesù era tale che le famiglie si vedevano obbligate a rinchiudersi in se stesse. Non avevano più le condizioni per rispettare gli obblighi della convivenza umana comunitaria, come per esempio: la condivisione, l’ospitalità, l’invito a tavola e l’accoglienza degli esclusi. Questa chiusura individualistica, causata dalla situazione nazionale ed internazionale, produceva distorsioni: (i) Rendeva impossibile la vita in comunità; (ii) Limitava il comandamento “onora il padre e la madre” esclusivamente al piccolo nucleo familiare e non più alla grande famiglia della comunità; (iii) Impediva la manifestazione piena della Buona Novella di Dio, perché se Dio è Padre/Madre noi siamo fratelli e sorelle gli uni degli altri. E questa verità deve incontrare la sua espressione nella vita in comunità. Una comunità viva e fraterna è lo specchio del volto di Dio. La convivenza umana senza comunità è uno specchio incrinato che sfigura il volto di Dio. In questo contesto, la richiesta di Gesù: “odiare padre e madre significava che i discepoli e le discepole dovevano superare la chiusura individualistica della piccola famiglia su di sé, ed ampliarla alla dimensione della comunità. Gesù stesso mise in pratica ciò che insegnò agli altri. La sua famiglia voleva chiamarlo a rinchiudersi in se stesso. Quando gli dissero: “Guarda, tua madre ed i tuoi fratelli sono fuori e ti cercano”, lui rispose: “Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli?” . E guardando le persone attorno a lui disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli. Chi fa la volontà di Dio, questo è mio fratello, mia sorella e mia madre" (Mc 3,32-35). Allunga la famiglia! Questo era e continua ad essere fino ad oggi per la piccola famiglia l’unico cammino per poter conservare e trasmettere i valori in cui crede.
• Matteo 10,38-39: Le esigenze della missione dei discepoli. In questi due versetti Gesù dà consigli importanti ed esigenti: (a) Prendere la croce e seguire Gesù: Chi non prende la sua croce e non mi segue non è degno di me. Per percepire tutta la portata di questo primo consiglio è bene aver presente la testimonianza di San Paolo: “Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo”. (Gal 6,14). Caricare la croce suppone, fino ad oggi, un taglio radicale con il sistema iniquo in vigore nel mondo. (b) Avere il coraggio di dare la vita: Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.” Si sente realizzato nella vita solo chi è capace di darla totalmente agli altri. Chi invece vuole conservarla, la perde. Questo secondo consiglio conferma l’esperienza umana più profonda: la fonte di vita sta nel dono della vita. Dando si riceve. Se il chicco di grano non muore ..… (Gv 12,24).
• Matteo 10,40: L’identificazione del discepolo con Gesù e con Dio stesso. Questa esperienza così umana della donazione e del dono riceve qui un chiarimento, un approfondimento: “Chi accoglie voi, accoglie me e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”. Nel dono totale di sé, il discepolo si identifica con Gesù; lì avviene l’incontro con Dio, e Dio si lascia incontrare da chi lo cerca.
• Matteo 10,41-42: La ricompensa del profeta, del giusto e del discepolo. Il Discorso della Missione termina con una frase sulla ricompensa: Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa”. In questa frase la sequenza è molto significativa: il profeta è riconosciuto per la sua missione come mandato da Dio. Il giusto è riconosciuto per il suo comportamento, per il suo modo perfetto di osservare la legge di Dio. Il discepolo è riconosciuto per nessuna qualità o missione speciale, ma semplicemente per la sua condizione sociale di gente piccola. Il Regno non è fatto di cose grandi. E’ come una casa molto grande che si costruisce con mattoni piccoli. Chi disprezza il mattone, difficilmente costruirà la casa. Anche un bicchiere di acqua serve da mattone per la costruzione del Regno.
• Matteo 11,1: La fine del Discorso della Missione. Fine del Discorso della Missione. Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città. Ora Gesù parte per mettere in pratica ciò che insegnò. Lo vedremo nei prossimi capitoli 11 e 12 del vangelo di Matteo.(Padri Carmelitani)

domenica 12 luglio 2009

XV Settimana del tempo Ordinario

XV Settimana del Tempo Ordinario
Lunedì - Mt 10,34-11,1
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.

Martedì - Mt 11,20-24
In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!».

Mercoledì - San Bonaventura
- Mt 11,25-27
In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».

Giovedì - Mt 11,28-30
In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Venerdì- Mt 12,1-8
In quel tempo, Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato». Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

Sabato - Mt 12,14-21
In quel tempo, i farisei uscirono e tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:«Ecco il mio servo, che io ho scelto;il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento.Porrò il mio spirito sopra di luie annuncerà alle nazioni la giustizia.Non contesterà né grideràné si udrà nelle piazze la sua voce.Non spezzerà una canna già incrinata,non spegnerà una fiamma smorta,finché non abbia fatto trionfare la giustizia;nel suo nome spereranno le nazioni»

sabato 11 luglio 2009

12 lug.XV Domenica del tempo Ordinario

XV Domenica del Tempo Ordinario

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano. Mc 6,7-13

Omelia
di
padre Ermes Ronchi

La condivisione arricchisce la fedePartono i discepoli a due a due. Nient’al­tro che un bastone a sorreggere il cammino, e un amico a sorreggere il cuore. Un bastone per appoggiar­vi la stanchezza e un amico per appoggiarvi la solitudi­ne.È importante questo andare a due a due, avere uno su cui contare, nelle cui parole cercare l’evidenza che esisti, che sei amato, che sei capace di relazioni positive. Se è solo, l’uomo è portato a dubitare perfino di se stesso.La fede si arricchisce se la condividi. Infatti l’annun­cio è fatto a due voci e la prima parola è questo legame, questo germe nuovo di co­munione. «Non arriveremo / alla meta ad uno ad uno, / ma a due a due. / Se ci ame­remo a due a due / ci ame­remo tutti. / E i figli ride­ranno / della leggenda nera / dove l’uomo piangeva / in solitudine» (P. Eluard).Non portate nulla per il viaggio. Perché tutto ciò che non serve, pesa; perché ogni possesso ti separa dal­l’altro. Perché l’uomo non è fra le cose. Perché vivrai dipendente dal cielo e da­gli altri, di pane condiviso e di fiducia. Perché l’abbondanza di mezzi non spenga la tua creatività e la fiducia nella potenza della Parola. L’annunciatore deve esse­re così: infinitamente pic­colo, solo allora l’annuncio sarà infinitamente grande. Tutto in noi domanda la vi­cinanza di un amico. Nien­te in noi postula questa nu­dità di croce, Vangelo che consola e poi sgomenta:non portate nulla. Come Gesù, povero di tutto, ma non di amici; senza un luo­go dove posare il capo, ma non senza case amiche do­ve confortare il cuore.Entrati in una casa lì rima­nete.Il punto di arrivo è la casa, non la sinagoga o il tempio. Nella casa, dove è naturale la sincerità del cuore, lì Dio ti sfiora, ti toc­ca. Lo fa in un giorno di fe­sta, quando dici a chi ami parole stupefatte e che si vorrebbero eterne. Lo fa in un giorno di lacrime, quan­do l’amarezza soffoca la speranza.Il cristianesimo deve esse­re significativo lì, nella ca­sa, nei giorni della festa e in quelli del dramma, nei figli prodighi, quando Caino si alza di nuovo, quando l’amore sembra finito e ci si separa, quando l’anziano perde il senno o la salute. Là dove la vita celebra la sua festa e piange le sue lacri­me, scende come pane e come sale, sta come roccia la Parola di Dio.L’annuncio è fatto di poche parole e di molto stile di vi­ta. Per farsi credere il Vangelo ha bisogno ancora og­gi di un anticipo di corpo, di un capitale di incarnazio­ne: è lo stile dei testimoni e dei martiri, una Parola scritta su tavole di carne.

venerdì 10 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XIV settimana del tempo ordinario)

San Benedetto da Norcia
Patrono d'Europa
• Oggi è la festa di San Benedetto, patrono d'Europa. Per questo, in Europa, il vangelo di oggi è diverso. Gli altri continenti continuano a meditare il Discorso della Missione (Mt 10,16-23), iniziato il 9 luglio. In Europa il vangelo di oggi ci parla dell'invito di Gesù ad abbandonare tutto e a seguirlo (Mt 19,27-29). Per capire tutta la portata di questo invito è bene aver presente il suo contesto. Gesù aveva detto al giovane ricco: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri, ed avrai un tesoro nel cielo. Poi vieni e seguimi. Nell'udire ciò, il giovane si riempì di tristezza, perché era molto ricco" (Mt 19,22). Dinanzi alla reazione negativa del giovane, Gesù commenta dicendo "è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno dei Cieli" (Mt 19,24). Questa parola di Gesù spaventò i discepoli: "Ma allora, chi potrà salvarsi?" Gesù rispose: "Per gli uomini questo è impossibile, ma nulla è impossibile a Dio". E a continuazione viene la domanda di Pietro che introduce il vangelo di oggi.
• Matteo 19,27: La domanda di Pietro. "Gesù, ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?" Nonostante avessero abbandonato tutto per seguire Gesù, loro non hanno ancora abbandonato la mentalità di prima. Non hanno capito ancora il senso del servizio e della gratuità. Abbandonarono tutto, ma in realtà per avere qualcosa in cambio. "Cosa avranno?". La risposta di Gesù è simbolica. Ed è divisa in due parti:(a) la ricostruzione del nuovo Israele (Mt 19,28)(b) la ricompensa per coloro che abbandonano tutto per amore suo (Mt 19,29).
• Matteo 19,28: La ricostruzione del nuovo Israele. "In verità vi dico, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele". C'è una ricompensa, sì, ma non per meriti. La ricompensa sarà il frutto naturale dell'impegno gratuito, liberamente assunto, di seguire Gesù in questa vita. Poiché chi segue Gesù in questa vita, starà con lui nell'altra vita. La ricompensa sarà: sedersi sul trono della gloria insieme a Gesù. Nel mondo rinnovato, annunciato da Isaia (Is 65,17-25; 66,22-23), in cui Gesù apparirà come il Figlio dell'Uomo, il giudice universale, annunciato da Daniele (Dan 7,13-14), gli apostoli staranno con Gesù, non nel potere, ma nel servizio. Nel vangelo di Giovanni Gesù formula la stessa cosa, in altro modo: "Voglio che stiano con me dove io stia".
• Matteo 19,29: La ricompensa per coloro che abbandonano tutto per amore a Gesù. "Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna". Si tratta di una duplice promessa: il centuplo in questa vita e nel futuro la vita eterna. Oggi, in molte comunità ecclesiali di base, la gente riconosce la verità di questa promessa di Gesù in questa vita. Poiché la vita in comunità fa crescere il numero di sorelle e fratelli, di padri e di madri. La condivisione aumenta l'aiuto reciproco fino al punto di non esserci più in comunità persone nel bisogno. Le comunità raggiungono l'ideale dei primi cristiani (cf At 2,44-45;4,34-35).• La scelta a favore dei poveri. Al tempo di Gesù, c'erano diversi movimenti che cercavano, come Gesù, di vivere in comunità, in modo nuovo: gli esseni, i farisei e, più tardi, gli zeloti. Ma nella comunità di Gesù c'era qualcosa di nuovo che si differenziava dagli altri movimenti. Era l'atteggiamento dinanzi ai poveri ed agli esclusi. Le comunità dei farisei e degli esseni vivevano separate. La parola "fariseo" vuol dire "separato". Vivevano separati dalla gente impura. Alcuni farisei consideravano la gente ignorante e maledetta (Gv 7,49), in peccato (Gv 9,34). Gesù e la sua comunità, al contrario, vivevano insieme alle persone escluse: poveri, pubblicani, peccatori, prostitute, lebbrosi (Mc 2,16; 1,41; Lc 7,37). Gesù riconosce la ricchezza e il valore che i poveri posseggono (Mt 11,25-26; Lc 21,1-4). Li proclama felici, perché loro è il Regno, il Regno è dei poveri (Lc 6,20; Mt 5,3). Definisce la sua missione così: annunciare la Buona Novella ai poveri" (Lc 4, 18). Lui stesso visse da povero. Non possedeva nulla per sé, nemmeno una pietra dove reclinare il capo (Lc 9,58). E a chi vuole seguirlo per vivere con lui, ordina di scegliere: o Dio, o il denaro! (Mt 6,24). Ordina di fare la scelta a favore dei poveri! (Mt 19,21-22) La povertà che caratterizzava la vita di Gesù e dei discepoli, caratterizza anche la missione. Al contrario degli altri missionari (Mt 23,15), i discepoli e le discepole di Gesù non possono portare nulla con sé, né oro, né argento, né due tuniche, né borsa, né sandali (Mt 10,9-10). Devono affidarsi all'ospitalità (Lc 9,4; 10,5-6). E se sono accolti dalla gente, devono lavorare come tutti e vivere di ciò che ricevono in cambio (Lc 10,7-8). Inoltre devono occuparsi dei malati e dei bisognosi (Lc 10,9; Mt 10,8). E solamente così possono dire alla gente: "Il Regno è qui!" (Lc 10,9). Questa testimonianza diversa a favore dei poveri era il passo che mancava nel movimento popolare dell'epoca. Ogni volta che nella Bibbia sorge un movimento per rinnovare l'Alleanza, loro ricominciano ristabilendo il diritto dei poveri, degli esclusi. Senza di questo, l'Alleanza non si ricostruisce! Così facevano i profeti, così fa Gesù. Denuncia il sistema antico che, in nome di Dio, escludeva i poveri. Gesù annuncia un nuovo inizio che, in nome di Dio, accoglie gli esclusi. Questo è il senso ed il motivo dell'inserimento e della missione della comunità di Gesù in mezzo ai poveri. La scelta per i poveri attinge la sua radice dalla nuova alleanza e la inaugura.( Padri Carmelitani)

giovedì 9 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XIV settimana del tempo ordinario)

Venerdì - Mt 10,16-23
La forza dell’apostolo – Per compiere la propria missione e superare le difficoltà, l’apostolo ha in sé la forza dello Spirito, che fa di lui un figlio di Dio, e gli insegna a essere semplice, in modo che non rinunci mai al suo scopo, e insieme prudente, in modo da scegliere con elasticità la via migliore per raggiungerlo (Cfr. Messalino EDB).
Come vivere questa Parola?Queste parole di Gesù sembrano quasi in contraddizione con l'immagine del buon pastore che lascia le novantanove pecore nell'ovile per andare in cerca di quella perduta perché potrebbe essere mangiata dai lupi. Qui, invece, è proprio il pastore che getta il suo gregge nella mischia, senza salvavita. Ma il contesto è diverso. Nella parabola, le pecore rappresentano quelli che seguono il pastore forse solo per stare al sicuro e si accontentano di essere protetti. Sono ancora agli inizi del cammino, non possono assumersi compiti di cura per altri. I discepoli, invece, quelli che Gesù manda su sentieri pericolosi per raggiungere tutti i confini del mondo, sono quelli che hanno vissuto con lui, che conoscono i suoi pensieri e la sua parola. Per questi, il Maestro pronunzia vere e proprie "Linee guida". E' inutile illudersi: la strada di chi decide di camminare al fianco del più piccolo, più povero, dell' "abbandonato" non viene capita dal "mondo" dalla cultura dominante, da chi non si interessa dell'altro. Anzi viene continuamente ostacolata: quasi un accanimento.Il Signore Gesù non illude i suoi discepoli. Dice loro che non saranno sempre accolti volentieri, anzi, dovranno incontrare il rifiuto, il disprezzo, il ridicolo, ed anche la violenza nei loro confrontiLui sa bene che i discepoli vanno "come agnelli in mezzo ai lupi". E non è agevole per un "agnello" far cambiare vita al "lupo". E tutto è ancora più difficile se questi "agnelli" debbono presentarsi senza "borsa, né bisaccia, né sandali". L'unica loro forza è l'amore. E' una "forza debole". Debole perché non ha né armi, né arroganza; eppure è a tal punto forte da spostare i cuori degli uomini. C'è dunque un potere dato ai discepoli: quello di voler bene a Dio e agli uomini ad ogni costo e sopra ogni cosa. C'è inoltre lo Spirito che parla a favore e a nome di chi porta l'annuncio della buona notizia su strade pericolose. Questo stesso Spirito gli insegna ad essere semplice, in modo da non rinunciare mai allo suo scopo e insieme prudente nel scegliere la via migliore per raggiungerlo. (A cura dell’ Eremo San Biagio)

mercoledì 8 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XIV settimana del tempo ordinario)

Giovedì - Mt 10,7-15
La vita dell’apostolo – Chiamato gratuitamente ad annunziare una salvezza gratuita, l’apostolo deve compiere la propria missione senza chiedere nulla in cambio; nella povertà di un disinteresse totale e nella fiducia e nella fiducia che Dio gli darà il necessario per vivere tramite coloro che accoglieranno la loro parola. (cfr. Messalino EDB)
Strada facendo...«Predicate che il Regno di Dio è vicino»: gli Apostoli, adempiono la loro missione, guidati e sorretti dalla Spirito Santo. Il loro compito è di dare al mondo un annuncio di pace e di salvezza, che hanno già ricevuto a loro volta e che, se accolto, sortirà effetti prodigiosi nella vita degli uomini: gli infermi, i malati di lebbra sono guariti, i morti risuscitano, i demoni sono scacciati. Sono così in sintesi enunciati gli effetti della grazia divina, che fa d'ogni uomo una creatura nuova. È l'avvento del Regno di Dio. E' necessario però che tale annuncio sia dato nell'assoluta gratuità, sia perché è dono di Dio e non degli uomini, sia perché rifulga che esso sgorga dall'amore e non può essere in nessun modo barattato con il denaro. L'operaio deve andare sgombro d'ogni umana sicurezza perché egli deve riporre la sua fiducia solo in Colui che lo ha inviato e nella purezza del messaggio che ha da annunciare. Non può fare affidamento neanche sulla certezza che quanto egli predica sia poi effettivamente accolto. Anzi l'apostolo sa bene che andrà incontro all'odio e alle persecuzioni. La storia della chiesa è ricca di esempi di annunciatori eroici e di martiri in una catena ininterrotta fino ai nostri giorni. Ogni cristiano, per vocazione, deve diventare un fedele testimone di Cristo e ciò anche quando il mondo ci ostacola, ci contraddice e ci umilia. Le strade del mondo debbono essere ancora percorse da schiere di apostoli, da ferventi testimoni di Cristo affinché la verità rifulga e il bene prevalga. ( A cura dei Padri Benedettini Silvestrini)

martedì 7 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XIV settimana del tempo ordinario)

Mercoledì - Mt 10,1-7
La Missione degli apostoli – L’apostolo è chiamato a far conoscere agli uomini il disegno di Dio e a liberarli da tutte le potenze del male che cercano di separali da Dio. E’ una chiamata che esige una risposta, e a cui si può essere infedeli, come Giuda. (cfr. Messalino EDB)
In questi versetti sono elencati i primi discepoli di Gesù, i primi dodici “chiamati” a lavorare insieme a lui la “grande messe”, gli “apostoli”, Giuda, colui che lo tradirà, compreso.
Essi ricevono direttamente dal “Maestro” insegnamenti, indicazioni: il “potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.”
“Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino”. Il Pedagogo per eccellenza, il Figlio di Dio fattosi uomo, raccomanda in particolare le “pecore perdute della casa d’Israele, ” di riportare coloro che si sono smarriti, che si sono allontanati da Dio Padre, sulla retta via, metaforicamente al Pastore, che nella Sua infinita bontà e Misericordia li riprenderà con sé con tutto il suo immenso Amore.
Inviati quindi per sanare il “grande gregge”, per riportare sulla roccia le “case”, quella parte della grande città, scivolata sulla sabbia, inviati quindi a consolidare il cuore di chi in qualche modo è in cammino per riportarlo nella “diritta via”. Una priorità di obbligo per raggiungere l’obiettivo principale: la diffusione del Regno di Dio. Non si esclude, ovviamente, di predicare che “ il Regno di Dio è vicino”.

lunedì 6 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XIV settimana del tempo ordinario)

Martedì - Mt 9,32-38
La buona notizia della liberazione – Gesù trova un’umanità asservita al demonio e priva di capi che si preoccupino di liberarla e di condurla a Dio. Egli non solo trionfa sul demonio, ma rivela ai suoi discepoli che Dio vuole che gli uomini collaborino con lui: dovranno annunciare la liberazione compiuta da Gesù, perché tutti credano il lui e siano veramente liberi (Cfr. Messalino EDB).
”Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore…”
E’ una realtà che ha accompagnato e continua ad accompagnare la storia dell’uomo! C’è tanto bisogno di lavoratori nella grande “messe”. Abbiamo bisogno di pastori, di guide, di uomini e donne che con la loro vita, vissuta nella testimonianza della Parola di Gesù ci indichino, ci aiutino a trovare, ci rimettono in cammino quando perdiamo la strada della vita, la strada dell’Amore. Abbiamo bisogno di noi stessi, della nostra presenza a noi stessi, di trovare in noi, nel nostro cuore, i doni che Gesù ha dato e dà a tutti noi in uguale misura, che ci affida per farli lievitare, crescere dentro di noi, con la forza della sua Grazia, Grazia che ci arriva copiosamente dai Sacramenti, dal nostro praticarli con intensità e profondità di cuore.
Abbiamo bisogno di Sacerdoti, di pastori veri che nella verità dell’Amore di Dio, ci facciano vivere per noi e per gli altri con piena generosità, i doni del Suo Amore, dell’Amore di Gesù, il Figlio di Dio, fattosi uomo, morto in Croce per dirci e darci tutti gli insegnamenti, “tutte le istruzioni” per entrare nel Regno di Dio. Preghiamo, è Gesù che ci ha lasciato il messaggio:
”Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!». E’ Gesù che ci chiede di pregare, diamo il nostro contributo, con tutta la forza del nostro cuore, preghiamo costantemente perché il “Signore della messe” mandi operai nella sua messe. Chiamati siamo tutti, ciascuno, allora cerchi, finché trovi il suo angoletto di messe da lavorare e farle portare molto frutto.

domenica 5 luglio 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XIV settimana del tempo ordinario)

Lunedì - Mt 9,18-26
Gesù sorgente di – Gesù guarisce e richiama alla vita non per manifestare la propria potenza, ma per dimostrare agli uomini che Dio vuole la loro salvezza, e per far nascere in loro la fede che salva.(Cfr. Messalino EDB)
La Fede è la più significativa risposta dell’uomo all’amore di Gesù, una fede come certezza assoluta che affidarsi a Lui è l’unica scelta certa della propria vita, una fede sentita e vissuta, una fede che si consolida che va crescendo giorno dopo giorno anche pochissimo, pochissimo, ma cresce, che costruisce senza tentennamenti l’abbandono in lui, Signore e Creatore di tutto;
In Lui l’unico grande Amore Vero, che solo ed unicamente conosce tutti i nostri bisogni, i bisogni veri, quelli che ci aprono le porte di una vita di pace, di serenità, ….in un modo che possibilmente è completamente inatteso da parte nostra, ma che certamente darà gli esiti promessi da Gesù nei suoi insegnamenti, creduti, vissuti, testimoniati, con gli esiti conseguiti da una “Moltitudine”, impossibile da contare, data la numerosità….di uomini e donne che occupano un posto nella beatitudine eterna della Corte Celeste.
La fede del padre della fanciulla morta, che si reca da Gesù per chiedere che la figlia già morta si risvegli, la fede della donna che si fa spazio insistentemente tra la folla per arrivare a toccare, sfiorare solamente il mantello di Gesù, certa che solo così potrà guarire.
Non è un cammino facile ma se vogliamo anche noi fare parte della vita eterna dobbiamo lavorare sulla nostra persona per costruire il nostro edificio interiore sulla roccia, se vogliamo raggiungere come “la moltitudine”…la vita eterna.

XIV Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì - Mt 9,18-26
In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli.Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata.Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.

Martedì - Mt 9,32-38
In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni».Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!».

Mercoledì - Mt 10,1-7
In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino».

Giovedì - Mt 10,7-15
In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli:«Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città».

Venerdì - Mt 10,16-23
In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli:«Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo».
Sabato - SAN BENEDETTO - Gv 15,1-8
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”.

XIV Domenica del tempo Ordinario - Omelia di don M.Pedron

Mc 6,1-6
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
Omelia di don Marco Pedron
Incredibile ma vero
Il vangelo racconta il rapporto tra Gesù e i suoi concittadini. Tutti noi viviamo in un paese, in una città, in un luogo e abbiamo relazioni sociali con chi ci sta vicino. A tutti noi piacerebbe essere accettati e amati dai vicini; che ci riconoscessero; che parlassero bene di noi; che ci aiutassero. Questo è il nostro desiderio, questo è quello che noi stessi, a volte non facciamo.Tutti noi diciamo spesso: “Se noi fossimo vissuti al tempo di Gesù gli avremmo creduto!; se l’avessimo visto non avremmo dubbi di fede!”. Anche i suoi paesani aspettavano il Messia… ma non lo riconobbero.Questo vangelo ci presenta infatti Gesù che fa nella sua città quello che fa altrove: predica, di sabato, nella sinagoga. Lo ascoltano e rimangono stupiti, meravigliati, percepiscono che c’è qualcosa di grande in quest’uomo.Gesù risveglia in loro qualcosa, tocca le corde della loro anima, ma è troppo ideale, troppo forte, troppo dirompente, nuovo. I suoi paesani hanno le loro idee, hanno le loro tradizioni, hanno i loro schemi. Questo uomo dice cose che non si sono mai udite, cose “pericolose”, mette in gioco, scopre “altarini”.Gesù agiva e parlava senza preoccuparsi se ciò che diceva o faceva poteva urtare qualcuno e infatti, urtava molte persone. Gesù diceva quello che riteneva giusto davanti a Dio. Gesù diceva ai religiosi farisei che la loro religione era tutta falsità. Gesù diceva ai nobili sadducei che dietro la loro religione c’erano solo interessi di potere. Gesù riteneva stupide tante pratiche religiose prive di vita. Provate a pensare come poteva sentirsi chi le aveva fatte, chi le professava!Tutta questa gente, quindi, va in crisi, si sente messa in gioco, interpellata, toccata in prima persona e ha due possibilità: o rimettere in gioco le proprie convinzioni o attaccare Gesù dicendogli e facendolo passare per un pazzo, mettendo voci malevoli in giro e se non bastasse, sopprimerlo. E così fecero i suoi paesani.Nel caso di Gesù, poi, c’è un ulteriore complicanza. Finché Gesù predicava in giro per la Palestina la gente non lo conosceva. Ma i suoi paesani sì che lo conoscevano! Conoscevano bene la sua famiglia, le sue origini, si ricordavano bene di quando lui era piccolo! Ecco tutte le domande che si dicono: “Donde gli vengono queste cose?”. “Ha studiato qui con noi, mica è laureato, non ha mica titoli di studio in merito, come può dire queste cose? Ti ricordi era in banco con te, con me, neppure era bravo a scuola”.“E che sapienza è mai questa?”. “Adesso arriva lui e ci cambia tutte le carte in tavola. Ma se abbiamo sempre creduto così dovremmo cambiare solo perché lui ha queste idee strane? Ma è uno di noi, ma chi si crede? E poi, tutta la sua famiglia era un po’ strana, è anche lui di quelli lì!”.“Non è costui il carpentiere, il figlio di… e le sue sorelle…”. “E’ uno come noi, lo conosciamo bene. Ma lo conosciamo bene, quello lì! Ha giocato con noi, era mio vicino di casa! Da piccolo io andavo meglio di lui a scuola! Era antipatico una volta! Se sapeste chi erano i suoi genitori! Ma cosa vuoi che esca di buono da quella famiglia lì! Quello lì: se sapeste cosa ha fatto una volta…!”.Hanno già deciso: “Non vogliono credere”. Non possono credere Dio si renda visibile in uno che conoscono. Hanno deciso che lui può essere solo quello che hanno conosciuto. Perché per certe persone tu rimarrai sempre lo stesso qualunque cosa tu faccia: hanno bisogno di etichettarti, di definirti in maniera rigida.C’erano tre sorelle: la prima aveva novant’otto anni, la seconda novantasei e la terza novantacinque. La prima chiamava la terza sorella “la piccolina!”.Ad un colloquio per un posto di lavoro una donna, parlando dei suoi due figli, ha detto: “Sì, ho due cuccioletti di trentatre e trent’anni”!Il dramma dei suoi paesani è che lo conoscevano (pensavano di conoscerlo!) e quando la gente ti conosce tende a classificarti e vederti non più per quello che sei, per quello che sei diventato, ma per quello che eri. Perché cambiare opinione è sempre un cambiamento, una difficoltà, un lasciare vecchie posizioni.Dove sono nati i miei genitori io e mio fratello siamo chiamati come “i figli di Pedron”. Non abbiamo un nome, siamo definiti, etichettati come “i figli di Pedron”.Un uomo una decina d’anni fa stava camminando per le strade di Belfast e ad un certo punto si sente puntare una pistola alla nuca e una voce gli chiede: “Sei cattolico o protestante?”. L’uomo fu costretto a pensare in fretta e trovò – a suo parere - una brillante soluzione per sottrarsi alla situazione non sapendo chi aveva dietro. Ripose: “Sono ebreo”. Allora sentì la voce sghignazzante dell’uomo che gli aveva puntato la pistola: “Devo proprio essere l’arabo più fortunato della città”.E’ assurdo ma noi giudichiamo spesso le persone in base ai ruoli, a quello che erano dieci anni fa, ai genitori di quelle persone, se le conoscevamo, ecc.E così gli abitanti di Nazareth rifiutarono Dio perché Gesù – dicevano loro – lo conoscevano bene. Conoscevano Gesù o l’immagine lontana, passata, l’etichetta di Gesù? Conosci Dio o la tua idea di Dio (etichetta)? Conosci tua moglie o l’idea che tu hai di tua moglie?Una delle espressioni più terribili è: “Come tua madre non ti conosce nessun altro”. Esprime una verità (certamente una madre conosce il proprio figlio) ma diventa facilmente un giudizio feroce.Oppure: “Lo sapevo che finiva così, ti conosco bene”. E’ come dire ad uno: “Io so chi sei tu, tu non mi puoi sorprendere, io ti posso prevedere”.Un avvocato aveva ricevuto la fattura dell’idraulico e gli era sembrata decisamente troppo cara. Chiamò allora l’idraulico e gli disse: “Ehi, ma tu mi costi duecento euro all’ora. Non li prendo nemmeno io che sono avvocato!”. E l’idraulico: “Nemmeno io li prendevo quando facevo l’avvocato”.La realtà, le persone, la vita sono più grandi dei nostri pensieri e delle nostre etichette.Il giudizio ha origini lontani nella nostra vita. Il bambino divide la realtà in buona e cattiva. “Buona” è ciò che non è un pericolo per lui, ciò che non gli fa male, ciò che può controllare; “cattiva” è la realtà pericolosa, che lo fa piangere e che non può gestire. L’educazione spesso è: “Sei buono quando… sei cattivo quando…; ci piaci se… non ci piaci se…; ti vogliamo bene se… non ti vogliamo bene se…”, allora un bambino divide la realtà. Ci hanno detto: “C’è qualcosa di brutto, cattivo e sporco in te. Questo (anche se c’è in te) lo devi eliminare, non ci piace, non vogliamo vederlo”. Così abbiamo imparato a giudicare, a dividere la realtà di noi stessi. C’è una realtà buona da tenere e ce n’è un’altra cattiva da eliminare, da non sentire, da sopprimere.Il dramma è che niente di noi è buono o cattivo, ma semplicemente esiste. I comportamenti possono essere dannosi o utili ma non le persone. Il dramma è che quando tu dici ad un bambino: “Sei cattivo… sei brutto… sei un monello… vergognati… ” hai giudicato lui e non il suo comportamento. Gli hai detto che lui non va bene, che in lui c’è qualcosa che non va e che deve essere eliminato.Mi ricordo che a quattro anni scrissi sul muro di casa con dei pennarelli. Mi divertii un sacco anche perché: che c’è di più bello che avere un foglio bianco grande tutta una parete dove puoi disegnare tutto quello che vuoi!? Fui guardato in maniera terrificante dai miei genitori (ricordo ancora lo sguardo): io, invece, pensavo addirittura che fossero contenti visto il disegno che a me piaceva tanto! Le presi e mi dissero che ero stato un bambino “terribile” e “papà e mamma non ti vogliono più quando fai così”, cosa che mi mandò nella più totale disperazione. In realtà non ero terribile, il mio comportamento era stato “terribile” per loro. Da quel giorno non disegnai quasi più e tutt’ora oggi mi trovo in difficoltà. Sarebbe stato diversi se mi avessero spiegato le ragioni del mio comportamento e se mi avessero detto che io non sono cattivo, ma che fare certe cose può provocare disagi!Il giudizio spezza, divide, distrugge le persone (in greco krino giudicare vuol dire proprio dividere).Giudicare è il tentativo di controllare, di possedere la realtà perché ci fa paura. Quando una persona giudica molto vuol dire che ha molto paura. Tenta cioè di fissare delle etichette, dei ragionamenti, che semplificano e classificano la realtà.Giudicare è come voler far passare tutta l’acqua del mare per il tubo del lavandino.Gli antichi conoscevano il mito del “letto di Procuste”. Procuste era un bandito malvagio e colossale che rapiva i passanti e li faceva prigionieri. Poi li stendeva su di un letto e se il prigioniero era troppo piccolo gli stirava gli arti e lo allungava, se era troppo grande glieli mozzava.Il “letto di Procuste” rappresenta tutte quelle persone che non sono in grado di accettare la realtà per quella che è e che devono “tagliarla”, giudicarla, cambiarla, deformarla, farla rientrare nei loro rigidi schemi mentali. La giudicano non perché sia così ma perché loro non sono in grado di accettarla.C’è poi la bellissima storia dell’uomo che con il figlio e il mulo va in paese. Partono: il figlio sale sul mulo con il materiale da vendere e il padre va piedi. Ma per strada alcune persone, vedendo la scena, giudicano: “Che ingrato quel figlio, lui sul mulo e il vecchio padre a piedi”. Così fecero cambio: il padre sul mulo e il figlio a piedi. Ma altre persone lungo la via giudicarono: “Che ingrato quel padre, lui sul mulo e il giovane figlio a piedi”. Così entrambi andarono a piedi. Ma altre persone lungo la via giudicarono: “Che stupidi, hanno il mulo e vanno a piedi!”. Allora entrambi si sedettero sul mulo. Ma non andò bene neppure così perché altre persone giudicarono pure questo: “Che bastardi: non hanno proprio pietà per il mulo che già è carico e deve portare anche il loro peso”.Nel vangelo colpisce molto come alcune persone incontrando Gesù ne fossero trasformate, cambiate, non fossero più loro, diventassero totalmente nuove. Altre ancorate nei loro giudizi e nei loro schemi, invece, non venivano neppure toccate. Gesù dirà ad un certo punto: “Morirete nei vostri peccati”, attaccati cioè ai vostri giudizi. Molte persone rimanevano assolutamente indifferenti anzi infastidite, estranee, fuori. Per alcuni era chiaro e lampante che in quell’uomo fosse presente Dio, mentre per altri era totalmente oscuro.Ciò che è decisivo per la vita cristiana è la fede. La fede è la capacità di poter vedere, riconoscere, percepire che Lui vive, agisce, si manifesta nella nostra vita. Dio non può operare nulla se l’uomo non lo riconosce. Dio è assente, se per l’uomo Lui è assente. Se l’uomo non si apre alla fede nulla gli sarà possibile e la vita sarà un continuo tormento e un errare.La fede non è capire: la fede è l’esperienza, l’incontro con Lui vivo. Ma se non vogliamo lasciarci coinvolgere, tirare dentro, cambiare, neanche Dio lo può fare per noi.È molto difficile per noi accettare e accogliere questo, perché teoricamente, con le parole tutti noi vogliamo Dio, tutti noi lo amiamo, tutti noi diciamo di volerlo accogliere. E’ molto difficile per noi e responsabilizzante accettare che Dio ci salvi, ma solo se noi lo vogliamo. Che Dio ci ami, ma solo se noi ci apriamo. Che Dio ci cambi, ma solo se noi glielo permettiamo. Che Dio ci porti al centro della Vita, ma solo se noi camminiamo. Dio, senza di me, non può far nulla con me.Il vangelo poi dice che “si scandalizzavano di lui”. Il verbo è molto forte; indica l’indignazione verso Gesù. Non riescono ad accettare che uno di loro, uno che conoscono, sia diverso. In quel verbo c’è tutto il rifiuto, l’odio, lo sdegno, la rabbia, il disprezzo per Gesù.La storia di Gesù è la storia di un uomo che fu da alcuni amato alla follia, tanto che, per lui, lasciarono tutto e lo seguirono; mentre altri lo odiarono all’inverosimile tanto da ucciderlo.Gesù non è mai indifferente o tiepido: o lo ami o lo odi, o ti entra dentro o ti rimane esterno.La storia di Gesù è la storia di un uomo molto accettato e amato. Ma la storia di Gesù è la storia di un uomo soprattutto rifiutato.Non ricerchiamo mai il rifiuto, la lotta, o il conflitto. Sarebbe segno di grave patologia, di masochismo. Ci sono alcuni gruppi, delle persone che più sono osteggiate e più si sentono sante. E’ chiaramente una forma di malattia: “Guarda come soffro, guarda quanto è crudele il mondo con me”.C’è una persona che ritiene di avere delle doti paranormali, sovrannaturali, pranoterapeutiche, (lei le chiama “spirituali”), e poiché chi ha un po’ di buon senso ci ride su (ma non purtroppo le anime fragili che invece le credono), lei crede che tutti ce l’abbiano con lei. E più ce l’hanno e più lei si sente investita da Dio e chiamata ad espiare le pene degli uomini così cattivi!Ma il rifiuto può essere un momento di ascesi, di grande crescita per tutti noi. Di fronte al rifiuto, emerge la verità della nostra strada e delle nostre scelte: “Quanto le vuoi?”.Se quando sei osteggiato, lasci subito, quanto sono radicate le tue convinzioni? Quanto sono profonde?Ho bisogno dell’ostilità per capire se veramente credo in ciò che dico. Ho bisogno di pagare in pria persona per vedere se ciò che dico sono solo parole o mie verità. Quante persone dicono: “Io ci credevo ma era troppo difficile”. No, tu credevi di crederci.Credere vuol dire aderire con la mente e soprattutto essere disposti a mettersi in gioco in prima persona. Altrimenti sono solo parole. Altrimenti siamo come i politici che credono nelle guerre e mandano i giovani, ma non i loro figli, nei conflitti. “Se un uomo non paga per ciò che crede o non vale l’uomo o non valgono le idee”.Poi c’è questa frase proverbiale che è un’amara constatazione: (l’A.T. è la storia di un popolo che non ha ascoltato i suoi profeti): “Un profeta non è disprezzato che nella sua patria”. Così fu tutta la storia d’Israele.Le parole di Gesù indicano la sua rassegnazione e il rifiuto della sua persona; esprimono il suo dolore e la nostra impotenza di fronte al pregiudizio delle persone: meglio non insistere, ma come Gesù, andare altrove.Altrove dirà: “Neanche se Dio scendesse voi credereste”. E’ così.E’ inutile intestardirsi e volersi fare accettare da chi non ci vuole accettare. Meglio cambiare.E si meravigliava della loro incredulità: “Ma come fate a mettere in discussione ciò che faccio? Ma come fate a non percepire l’amore, l’apertura, la misericordia che trasuda da ogni mia parola, da ogni mio gesto, da ogni mio sguardo? Ma come fate a non vedere che vi amo? Ma come fate a non vedere? Come fate a non vedere che potreste essere diversi e vivere in maniera più umana, intensa e divina? Come fate a non riconoscere la vostra ottusità, i vostri attaccamenti e le vostre chiusure?”.Ma non ci fu verso! E qui c’è tutta la delusione di Gesù.E’ il dramma di chi vive Dio, di tutti i profeti. Scontrarsi con persone che non sanno vedere la realtà.Qui si usa il verbo thaumatizo, “meravigliarsi”. Altrove, ad es. in Mt 8,10 Gesù “si meraviglia” della fede di un pagano. Ma qui lo stupore di Gesù è ben diverso.Gesù rimane costernato, incredulo, senza parole di fronte alla cecità di chi ha davanti. Gesù è traumatizzato di fronte alla cocciutaggine e all’irrigidimento di chi ha davanti.Einstein – e se ne intendeva di queste cose – diceva: “E’ più facile spezzare l’atomo che il pregiudizio!”.C’era una vecchietta che affermava che, tranne lei e la sua amica Mary, tutti sarebbero finiti all’inferno. Intervistata su questo argomento si dimostro irremovibile: “Io e la mia amica Mary”. “Ma è proprio sicura, signora?”. “Sì, le ho detto io e la mia amica Mary”. “Ma ne è proprio certa signora?”. “Beh adesso che mi ci fa pensare non sono più sicura della mia amica Mary”. Purtroppo non c’è niente da ridere.Un uomo ama la moglie ma è bloccato da tutta una serie di paure dell’infanzia. Anche lei lo ama. Tutti gli dicono di farsi aiutare, di farsi dare una mano, perché altrimenti il matrimonio non potrà durare. Incredibile ma vero: ha preferito lasciare la moglie che farsi aiutare.Due genitori (entrambi con posti di rilievo nella società) hanno una figlia anoressica: pesa trentaquattro chili. Ma la “loro figlia sta benissimo, è solo un po’ magra”. E’ incredibile ma vero!Marito e moglie, separati, si fanno la guerra e si palleggiano pesantemente le responsabilità del fallimento del matrimonio. Il loro figlio è triste, aggressivo, ha comportamenti devianti e ha solo nove anni! Ma, per loro, è la società, il compagno di classe, la maestra, che non vanno. E’ incredibile, ma vero.Ma non è incredibile che la gente creda ancora che il problema sia il mondo, l’avere più soldi, che se il vicino di casa cambiasse, che se il lavoro andasse meglio, che se la suocera cambiasse, che se il collega fosse diverso, allora sì sarebbero felici?E’ incredibile ma vero la negazione di certe realtà da parte delle persone. Si rimane come allibiti, senza parole, costernati, impotenti.Ma non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere e peggior sordo di chi non vuol sentire.Pensiero della SettimanaNessuno ci può rifiutare se non noi stessi.E, spaventati dall’impossibile, spesso rifiutiamo il possibile.