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La Vera Vite

Spirito Santo

Spirito Santo
vieni...

Corpus Domini

Corpus Domini

Nel Corpo e nel Sangue di Gesù

Ciascun uomo possa "sentire e gustare" la presenza di Gesù e Maria, SS. Madre della Pentecoste, nella propria vita, in ogni attimo della propria giornata.



Nello Splendore della Resurrezione del Signore l'uomo trovi la sua vera dimensione e riesca ad esprimerla con Amore e Carità. Un abbraccio Michy


Maria SS. di Montevergine

Maria SS. di Montevergine
Maria SS. di Montevergine

Ti seguitò Signore - Mons.Mario Frisina

mercoledì 30 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXVI Settimana del tempo ordinario) S. Girolamo

Mercoledì - Lc 9,57-62 - San Girolamo
Nel nostro mondo, chi si mette sotto la protezione di un potente, è certo di trarne vantaggi di ogni genere, chi segue un “capo” sa o prevede di trarne dei profitti; non è così nel caso di Cristo. Egli al discepolo che esprime il desiderio convinto di seguirlo dice: “le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Egli vuole dire al suo interlocutore che per mettersi alla sua sequela bisogna essere disposti a lasciare tutto per mettersi in piena libertà a seguire strade completamente diverse da quelle che il mondo offre e propone. Ricordiamo che in un episodio simile a questo il giovane ricco non ha la forza e il coraggio di staccarsi dalle ricchezze che possedeva e desiste di conseguenza dal seguire Gesù. Egli stesso a tutti i suoi seguaci ricorda di dover passare per la “porta stretta” e arriva a dire che “chi ama suo padre o sua madre più di Me non è degno di Me”. Il Signore non accetta di averci a mezzo servizio, la nostra adesione a Lui deve essere piena ed incondizionata. Forse proprio da tale esigenza divina di radicale distacco e completa dedizione, deriva la crisi odierna di vocazioni sacerdotali e religiose. Monaci Benedettini Silvestrini

martedì 29 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXVI Settimana del tempo ordinario) S. Michele - Gabriele - Raffaele Arcangeli

Martedì - Gv 1,47-51 - SANTI ARCANGELI MICHELE, GABRIELE E RAFFAELE
La realtà degli angeli, creature spirituali, è un dato evangelico. In un senso diffuso di religiosità, oggi, si stanno riscoprendo gli angeli come un qualcosa di reale, anche se non direttamente percepibili dai nostri sensi. La rivelazione che la Bibbia contiene sugli angeli, si illumina progressivamente proprio con la Rivelazione di Gesù. Leggiamo con attenzione il Vangelo per scoprire, in queste creature, non delle diverse espressioni della divinità, come vorrebbe un sincretismo religioso sempre più attuale, ma scopriamo che gli angeli sono esseri creaturali a servizio di Dio per la nostra salvezza. Gesù lega in modo esplicito, infatti, gli angeli con la sua Rivelazione e con il suo Mistero. Non possiamo comprendere gli angeli al di fuori della nostra fede in Cristo. A Natanaele, Gesù si rivela come Figlio dell'uomo, esprimendo contemporaneamente la sua divinità e la sua umanità. Il cielo aperto da Gesù nel suo mistero di Incarnazione significa la nostra ritrovata amicizia con Dio che si attua nel Mistero Pasquale. I cieli aperti indicano questa relazione d'amore che Dio vuole instaurare ancora con noi. Sono proprio gli angeli, nella rivelazione di Gesù, i primi a passare attraverso questa frontiera che prima di Gesù era invalicabile per gli uomini. Gesù, con il suo proclamarsi come Figlio dell'uomo specifica la sua missione di salvezza. Qui si giustifica la presenza angelica quasi come corona di lode e ringraziamento celeste donato all'uomo. Preghiamo, allora gli angeli proprio nel vero ringraziamento a Dio. Con l'aiuto che chiediamo tramite gli angeli, la nostra fede sarà più concreta, la nostra preghiera più sincera, con un vero aiuto per la nostra vita cristiana, di figli di Dio. Padri Benedettini silvestrini

lunedì 28 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXVI Settimana del tempo ordinario)

Lunedì - Lc 9,46-50
• Il testo s’illumina. Se precedentemente Luca ci aveva presentato il convergere degli uomini attorno a Gesù per riconoscerlo nella fede, per attendere all’ascolto e assistere alle sue guarigioni, ora, si apre una nuova tappa nel suo itinerario pubblico. La persona di Gesù non monopolizza più l’attenzione delle folle ma ci viene presentato come colui che lentamente viene sottratto ai suoi per andare verso il Padre. Tale itinerario prevede l’andata a Gerusalemme. E mentre sta per intraprendere un tale viaggio Gesù svela loro il destino che lo attende (9,22). Poi si trasfigura davanti a loro come a indicare il punto di partenza del suo «esodo» verso Gerusalemme. Ma subito dopo la luce sperimentata nell’evento della trasfigurazione, Gesù riprende nuovamente ad annunciare la sua passione lasciando i discepoli nell’incertezza e nel turbamento. Le parole di Gesù sull’evento della sua passione, «il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini», incontrano nei discepoli incomprensione (9,45) e silenzioso timore (9,43).• Gesù prende un bambino. L’enigma della consegna di Gesù scatena una disputa tra i discepoli per decidere a chi spetterà il primo posto. Senza che venga richiesto il suo parere Gesù, che come Dio stesso legge nei cuori, interviene con un gesto simbolico. In un primo momento prende un bambino e lo pone accanto a sé. Tale gesto è indizio di elezione, privilegio che si estende al momento in cui si diventa cristiani (10,21-22). Perché il gesto non resti nella sua incertezza Gesù fa seguire una parola di spiegazione: non si pone l’enfasi sulla «grandezza» del bambino ma nella sua inclinazione all’«accoglienza». Il Signore considera «grande» chi come il bambino sa accogliere Dio e i suoi messaggeri. La salvezza presenta due aspetti: l’elezione da parte di Dio e che viene simboleggiata dal gesto di Gesù che accoglie il bambino: e l’accoglienza di colui che lo ha inviato, il Padre, di Gesù (il Figlio) e di ogni uomo. Il bambino incarna Gesù e tutti e due insieme, nella loro piccolezza e sofferenza realizzano la presenza di Dio (Bovon). Ma i due aspetti della salvezza sono indicativi anche della fede: nel dono dell’elezione emerge l’elemento passivo; nel servizio, quello attivo; due pilastri dell’esistenza cristiana. Accogliere Dio o Cristo nella fede ha come conseguenza l’accoglienza totale del piccolo da parte del credente o della comunità. L’«essere grandi» di cui discutevano i discepoli non è una realtà dell’al di là, ma riguarda il momento presente e si esprime nella diaconia del servizio. L’amore e la fede vissuta svolgono due funzioni: siamo accolti da Cristo (prendere il bambino); ma anche abbiamo il dono singolare di riceverlo («chi accoglie il bambino, accoglie lui, il Padre», v.48). Segue poi un breve dialogo tra Gesù e Giovanni (vv.49-50). Quest’ultimo discepolo è annoverato tra gli intimi di Gesù. L’esorcista che non appartiene alla cerchia degli intimi di Gesù è affidato lo stesso ruolo che viene dato ai discepoli. È un esorcista che da un lato, è esterno al gruppo, ma dall’altro, si trova all’interno perché ha compreso l’origine Cristologica della forza divina che lo guida («nel tuo nome»). L’insegnamento di Gesù è chiaro: un gruppo cristiano non deve ostacolare l’attività missionaria di altri gruppi. Non ci sono cristiani più «grandi» degli altri, ma si è «grandi» nell’essere e diventare cristiani. E poi l’attività missionaria deve essere al servizio di Dio e non per accrescere la propria notorietà. È cruciale quell’inciso sulla potenza del nome di Gesù: è un allusione alla libertà dello Spirito Santo, la cui presenza è certa all’interno della chiesa, ma può estendersi al di là dei ministeri istituiti o ufficiali. - Padri Carmelitani

XXVI Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì - Lc 9,46-50
In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande. Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande».Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».

Martedì - Gv 1,47-51 - SANTI ARCANGELI MICHELE, GABRIELE E RAFFAELE
In quel tempo, Gesù, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: “Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità”. Natanaele gli domandò: “Come mi conosci?”. Gli rispose Gesù: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico”. Gli replicò Natanaele: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. Gli rispose Gesù: “Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!”. Poi gli disse: “In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo”.

Mercoledì - Lc 9,57-62 - San Girolamo
In quel tempo, mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

Giovedì - Lc 10,1-12 - Santa Teresa di Gesù Bambino
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».

Venerdì - Mt 18,1-5.10 - Santi Angeli Custodi
In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: “Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?”. Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me. Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli”.

Sabato – Mc 10,2-16
In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

domenica 27 settembre 2009

XXVI Domenica del Tempo Ordinario

Chi non è contro di noi è per noi. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala.

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».Mc 9,38-43.45.47-48

Omelia
di
padre Ermes Ronchi

«Maestro, quel­l’uomo non è dei no­stri... Non importa se è bra­vo, fa miracoli e dalle sue mani germoglia vita. Ci o­scura, ci toglie pubblico, viene da un’altra storia, dobbiamo difendere la no­stra». L’istituzione prima di tutto, l’appartenenza prima del miracolo, l’ideologia prima della verità.La risposta di Gesù, l’uomo senza barriere, è di quelle che possono segnare una svolta della storia: gli uo­mini sono tutti dei nostri, come noi siamo di tutti. Pri­ma di tutto l’uomo. «Quan­do un uomo muore, non domandarti per chi suona la campana: essa suona sempre un poco anche per te» (John Donne). Tutti so­no dei nostri. Tutti siamo 'uno' in Cristo Gesù. Anzi, si può essere di Cristo an­che senza appartenere alla sua istituzione, perché la Chiesa è strumento del Re­gno, ma non coincide con il Regno di Dio, che ha altri confini.Compito dei discepoli non è classificare l’altro, ma a­scoltarlo. Profeta è chi ascolta il soffio della prima­vera dello Spirito, che non sai da dove viene, che non conosce la polvere degli scaffali, la polvere delle fra­si già fatte, delle musiche già imparate. Ascoltare la sinfonia del gemito di un bambino: anche questa è profezia. Imparare a senti­re e a lasciarsi ferire dal gri­do dei mietitori defraudati ( Gc 5,4): anche questa è profezia. Ascoltare il mon­do e ridargli parola, perché tutto ciò che riguarda l’av­ventura umana riguarda me: «sono un uomo e nul­la di ciò che è umano mi è estraneo» (Terenzio).Ma l’annuncio di Gesù è ancora più coraggioso: ti porta dal semplice non sen­tirti estraneo al gettarti den­tro: dentro il grido dei mie­titori, dentro lo Spirito dei profeti. Ti porta a vivere molte vite, storie d’altri co­me fossero le tue. Ti darò cento fratelli, dice, cento cuori su cui riposare, cento labbra da dissetare, cento bocche che non sanno gri­dare, di cui sarai voce.Il Vangelo termina con pa­role dure: «Se la tua mano, il tuo piede, il tuo occhio ti scandalizzano, tagliali, get­tali via». Vangelo delle cica­trici, ma luminose, perché le parole di Gesù non sono l’invito a un’inutile auto­mutilazione, sono invece un linguaggio figurato, in­cisivo, per trasmettere la se­rietà con cui si deve pensa­re alle cose essenziali. An­che perdere ciò che ti è pre­zioso, come la mano e l’oc­chio, non è paragonabile al danno che deriva dall’aver sbagliato la vita. Ci invita il Signore a temere di più una vita fallita che non le ferite dolorose della vita.

sabato 26 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXV Settimana del tempo ordinario)

Sabato - Lc 9,18-22
Il Figlio dell’uomo sta per esser consegnato in mano degli uomini…Gesù rivela ai suoi discepoli la verità sulla sua missione. Non è una previsione di gloria ma il preannuncio di un futuro difficile. I discepoli non riescono ancora a capire questa nuova prospettiva, della glorificazione della Croce e vogliono allontanare questi pensieri di morte, persecuzione e dolori. La giustizia, per loro non può avvalersi della morte di un innocente Il futuro per loro sembra buio e tenebroso, non tutti saranno in grado di accettare questa nuova missione. E’ difficile adattare le proprie aspirazioni con i desideri del Signore, anche a noi sarà capitato tante volte di sperimentare la crudezza di questa realtà. La possibilità di salvezza sta proprio nel saper accettare il passaggio della nostra croce quotidiana. (a cura dei Padri Benedettini Silvestrini)

venerdì 25 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXV Settimana del tempo ordinario)

Venerdì - Lc 9,18-22
Il Vangelo di oggi, in continuità con quello di ieri, ci fa fare un passo ulteriore. Pietro aveva dichiarato che Gesù è “il Cristo di Dio”, cioè il Messia. Gesù cerca di chiarire la natura del suo messianismo e prende a parlare della passione: “Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto: è necessario. Gli anziani del popolo, i capi dei sacerdoti e i maestri della Legge lo rifiuteranno. Egli sarà ucciso, ma al terzo giorno risusciterà”.Egli è il ‘Servo sofferente’ di Isaia che deve passare per la via della sofferenza e dell’ignominia della morte di croce per redimere ognuno di noi dal peccato. Però, la morte non avrà l’ultima parola: “il terzo giorno risusciterà”, il trionfo sarà di Dio, non di satana.Vincendo la morte con la risurrezione, Gesù, Uomo-Dio, ci dà la possibilità di avere la vita eterna. Questa vita, secondo Giovanni, consiste nel “conoscere il solo vero Dio e Gesù Cristo che lui ha mandato” (Gv 17,3). Si tratta di una consapevolezza interiore di Dio come Egli è. Tale conoscenza è sempre trasformante: porta ad un’intimità con Dio per mezzo di Gesù che non solo ci apre la strada, ma ci accompagna passo passo in questo cammino di verità e di amore.Nella mia pausa contemplativa oggi, loderò il Signore per il suo piano di salvezza e mediterò sui modi con cui Gesù mi accompagna concretamente giorno per giorno (l’Eucaristia, Riconciliazione, Lectio, gruppi di impegno ecc.). Eremo San Biagio

giovedì 24 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXV Settimana del tempo ordinario) - Beata Vergine Maria della Mercede


Giovedì - Lc 9,7-9 - Beata Vergine Maria della Mercede
Gesù ha appena guarito una donna adulta ed ha ridato la vita a una ragazza. È lo scontro tra il male che vuole dominare il mondo e Gesù che è venuto a liberare e a guarire. Ebbene, anche i discepoli sono mandati a combattere questa lotta, avendo la stessa autorità e lo stesso potere di Gesù. Vi è in questa pagina un’ansia che porta i discepoli a recarsi di casa in casa, di villaggio in villaggio, di città in città, perché nessuno resti privo dell’annuncio evangelico. Persino Erode ne è incuriosito. Verrà anche per lui il momento dell’incontro, ma chiuderà il suo cuore. Aspettava prodigi e non la salvezza come i poveri e i deboli. L’interesse di Erode nei confronti di Cristo è risvegliato e guidato dalla curiosità, ma anche dal timore che si scopra la sua responsabilità nell’assassinio di Giovanni Battista. Egli ne serba sempre un certo rimorso; del resto come potrebbe liberarsene?L’irruzione di Cristo nella nostra vita provoca anche in noi delle domande fondamentali. Il suo essere e, soprattutto, il suo insegnamento, le sue leggi, i suoi principi, le sue esigenze morali non possono lasciare nessuno indifferente e insensibile. Cristo ci interpella e ci spinge a cercare la nostra verità.Prima di formulare una risposta, dobbiamo pensare, stare in silenzio davanti a lui, sapere se vogliamo rimanere nell’ambito di una curiosità puramente intellettuale, teorica, o se vogliamo andare più a fondo nelle cose cercando di scoprire il Figlio di Dio venuto fra noi a portare il lieto messaggio, promotore di una Nuova Alleanza, ma anche costruttore del regno di Dio, fondato sulla pietra angolare dell’amore. Siamo capaci di seguirlo su questa via?Oggi, nella preghiera, chiederò al Signore di donarmi la vera conoscenza di lui anche se il suo vangelo mi provoca e mette a nudo i miei limiti e le mie negligenze. Eremo S. Biagio

mercoledì 23 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXV Settimana del tempo ordinario) - S. Pio da Pietralcina

Mercoledì - San Pio da Pietrelcina – Lc 9,1-6
“E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi”.
Il messaggio annunciato da Gesù è destinato a portare la libertà, quindi, richiede da parte dei discepoli di occuparsi, in modo prioritario, della Parola e delle persone bisognose di guarigione nel corpo e nello spirito. Essi devono imparare a fidarsi di Gesù e della sua parola – Lui deve essere il loro tutto! Così, Gesù li ammonisce di non caricarsi di tanti bagagli e di rimanere nella casa dove trovano accoglienza. Richiede lo sforzo di scavare uno spazio dentro di sé per accogliere sempre più la sua amicizia e condividere i segreti del regno. Saranno così capaci di parlare e guarire nel suo nome.In poche parole Gesù insegna che cosa comporti essere a servizio della Parola e incoraggia ad assumere uno stile di vita più in sintonia con il suo messaggio. Si diventa così testimoni credibili della parola e si apre la strada ad un ascolto più fiducioso dell’annuncio di salvezza.Nella mia pausa contemplativa oggi, rifletterò sulla mia vita di discepolo: come la Buona Novella influenza la mia vita, come la vera ricchezza sta in Gesù, nella sua Parola di vita.

martedì 22 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXV Settimana del tempo ordinario)

Martedì - Lc 8,19-21
Il Vangelo di oggi ci presenta la Madre di Gesù e i suoi fratelli che arrivano mentre lui sta insegnando alla folla. Gesù coglie l’occasione per allargare il concetto di ‘famiglia’.Dicono i discepoli: “Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti”. Gesù non risponde direttamente alla domanda ma fa una riflessione ulteriore: “Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”. Il nuovo popolo di Dio, la famiglia di Cristo, è unita non da legami di sangue ma di fede. Per vivere integralmente dentro questa nuova famiglia bisogna “ascoltare la parola di Dio e metterla in pratica”, cioè viverla nelle situazioni concrete della vita quotidiana – come ha fatto Maria, donna di fede, riflessione e azione. La sottolineatura del legame tra parola e vita è essenziale per una vita cristiana autentica.Gesù non si limita ad una spiegazione teorica ma Lui, che è Parola e Vita, mostra nella sua persona come si può vivere, nello stile delle beatitudini, una vita pienamente umana, in intimità con Dio in seno alla famiglia cristiana. Man mano che cresciamo nella relazione con Gesù, con l’aiuto della lectio divina e dell’Eucaristia, scopriamo che il concetto di famiglia cristiana si allarga sempre di più, fino ad abbracciare l’universo! Con Dio non ci sono limiti e non ci sono emarginati.Nella pausa contemplativa di oggi considererò la mia appartenenza alla famiglia di Cristo: ascolto davvero la parola di Dio e la metto in pratica? La mia fede, il mio amore sono solo sentimenti e buoni desideri o sono invece, concretizzati nell’azione e testimonianza a favore degli altri? (Eremo San Biagio)

lunedì 21 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXV Settimana del tempo ordinario) - S. Matteo


Lunedì - SAN MATTEO - Mt 9,9-13
Oggi celebriamo la festa di S. Matteo, apostolo e evangelista. Il Vangelo riporta la sua chiamata: un tema che interessa tutti, perché ognuno ha la sua vocazione da realizzare nella vita.Matteo, come al solito, stava al banco delle imposte quando Gesù, passando, lo vide e disse: “Seguimi”. Matteo si alzò e lo seguì. Non ci sono altre spiegazioni. Forse Matteo aveva già ascoltato Gesù, o almeno aveva sentito parlare di lui. Comunque sia, in quel momento particolare della vita di quest’uomo, disprezzato dai compaesani perché collaboratore con l’oppressore, c’è stato un incontro per iniziativa di Gesù. Il Maestro chiama e Matteo risponde.La seconda parte del brano fa luce sui sentimenti di Matteo circa la sua chiamata. Segue infatti una festa a cui si uniscono molti pubblicani e peccatori. I farisei, sempre pronti a puntare il dito, chiedono come mai si possa mangiare con tali persone. La risposta di Gesù è lineare e chiarificatrice:“Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.”. Certamente, Matteo si riconobbe nelle parole di Gesù e probabilmente anche noi ci ritroviamo. Egli aveva sperimentato di persona la misericordia di Dio che chiama a sé i peccatori: ne era ben cosciente.Proviamo a immaginare l’esperienza da lui vissuta nel momento della chiamata! Quale intima emozione deve aver provocato questo ‘Si’ decisivo e fedele fino alla morte!Oggi nella mia sosta di silenzio, rifletterò sulla mia vocazione personale. Cercherò di rievocare e rivivere il momento ed i sentimenti di quell’ora di grazia. Come ho risposto? Come sto vivendo il mio ‘Sì’ oggi?

XXV Settimana T.O

Lunedì - SAN MATTEO - Mt 9,9-13
In quel tempo, Gesù passando vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: “Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”. Gesù li udì e disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: ‘‘Misericordia io voglio e non sacrificio’’. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. Mt 9,9-13

Martedì - Lc 8,19-21
In quel tempo, andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti». Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».

Mercoledì - San Pio da Pietrelcina – Lc 9,1-6
In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro». Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.

Giovedì - Lc 9,7-9
In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.
Venerdì - Lc 9,18-22
Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Sabato - Lc 9,18-22
Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

domenica 20 settembre 2009

XXV Domenica del Tempo Ordinario

Il Figlio dell’uomo viene consegnato… Se uno vuole essere il primo, sia il servitore di tutti.

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».Mc 9,30-37

Omelia
a cura dell'Eremo San Biagio

È un linguaggio controcorrente quello di Gesù nel vangelo odierno.La croce, che ci ha invitati a prendere e a seguirlo (vangelo di domenica scorsa) non è solo la sofferenza e la morte che comunque prima o poi arriva, ma è uno stile di vita che oggi ci invita a ‘scegliere’ ciascuno di noi in prima persona: quello del servizio e del dono completamente in perdita.In un mondo che fin dall'adolescienza ci educa ad essere ‘premier’-primi per avere un posto di prestigio e di potere..., la parola di Gesù è un paradosso! Solo gli ingenui e gli ‘idioti’ possono intenderla!Eppure la parola di Gesù è esplicita: "Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti".Di più! Il padrone stesso si faccia ‘volontariamente il servitore di tutti’!Questa è una rivoluzione! Ma attenzione: una rivoluzione da fare all'interno dell'uomo: un cambiamento del cuore.. la rinuncia a dominare gli altri, asservendoli ai propri bisogni. Secondo il vangelo di Gesù primi si può essere solo nel servizio, nel dono di sé, nel gesto d’amore…Gesù prende un bambino e lo pone in mezzo: ecco il bambino è l'emblema della minorità, della secondità, della debolezza. Il bambino non ha nulla da darti, chiede solo che tu lo ami, che tu lo serva… “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me”. Che non ci capiti, per la mania da ‘premier’ che spesso ci prende, di non accogliere Gesù nel povero che stende la mano, nel malato che attende un sorriso, nel depresso che cerca una mano amica. Facciamoci servi dei servi, forse potremo avere la fortuna di incontrare il Servo Gesù!Nel mio rientro al cuore di oggi, chiedo allo Spirito Santo di illuminare gli angoli bui della mia coscienza, dove si annidano pensieri e sentimenti di potere, di vanagloria, di competitività.

sabato 19 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXIV Settimana del tempo ordinario) - S. Gennaro

Sabato - Lc. 8, 4-15
Il buon seme del seminatore
Chi ha visto almeno una volta il bel gesto misurato e solenne del seminatore, il suo incedere tra i solchi con passo cadenzato, l’affondare la mano nel sacco per riempirla di seme e poi cospargerlo a pioggia nel campo, può ben comprendere quanto si addìca al buon Dio quell’immagine. Egli è il seminatore della vita, il fecondatore del seme, la fonte di ogni energia … Il seme di Dio si cala nel campo dell’animo umano dove lo stesso Signore ha posto il terreno migliore e più fecondo. È da lì che poi Egli attende con paterna pazienza il germogliare del seme e poi i frutti da raccogliere. Il grande problema sta nella condizione del terreno su cui cade quel buon seme, sta nella situazione in cui si trova il nostro spirito, nella nostra capacità di accoglienza, o, ahimè, nel nostro rifiuto. Sassi, spine, strada, sono immagini eloquenti delle nostre umane situazioni, sono la misura della nostra religiosità, della nostra capacita di fare comunione con Dio mediante la Parola. Ci ricordano anche i tranelli della vita e le false valutazioni che ne facciamo dei valori. Purtroppo occorre attendere il momento del raccolto per poter valutare veramente gli effetti della cattiva preparazione del terreno; solo allora si valuta la perdita o si gode del frutto abbondante. Quanti rimpianti per le occasioni perdute! Quante amarezze per rifiuti inconsulti e stolti. Il terreno buono dove il seme feconda abbondantemente è quello spirito umile e docile che accoglie con amore la parola e la trasforma in azioni di grazie e di bontà.

venerdì 18 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXIV Settimana del tempo ordinario)

Venerdì – Lc 8,1-3
Le collaboratrici di Cristo
È di primaria importanza il ruolo che le donne svolgono nella vita di Gesù. Sappiamo tutti della Madre sua, della vergine Maria. Quello delle altre donne è meno appariscente di quello degli Apostoli e dei Discepoli, ma non per questo meno incisivo. Cristo ha goduto dell’amicizia di alcune di loro come Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro; più volte egli si ritirava nella casa di Betania con i suoi discepoli e sappiamo in quelle circostanze di tutto lo zelo di Marta e del fervore che animava Maria, assetata della Parola del Signore. A loro restituì vivo il fratello, che da tre giorni era nel sepolcro. Oggi l’evangelista Luca ne menziona altre che erano state beneficate da Gesù: «C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni, Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni». È interessante la sottolineatura che Luca fa nel riferirci l’origine e la storia di quelle donne. Alcune di loro sicuramente sarebbero state definite donne non di buona fama e appartenenti a categorie che suscitavano il disprezzo dei giudei. Gesù ha un modo diverso di accogliere e di scegliere: egli accettando la loro preziosa collaborazione e annoverandole nella sua grande famiglia, vuole sottolineare ancora una volta che i prediletti del cuore sono i lontani che ritornano all’ovile, i peccatori e le peccatrici convertite. La storia conferma che spesso i più ardenti di amore, di gratitudine e di fervore apostolico, sono stati e sono ancora convertiti e convertite; persone che dopo aver sofferto la lontananza dal Signore, hanno poi goduto di un abbraccio di misericordia e si sono visti rivestiti di dignità nuova e ammessi dal Padre celeste al festoso banchetto nella casa paterna. È lo stile di Dio, spesso tanto diverso dalle nostre umane considerazioni. Quelle prime donne hanno poi segnato la storia sia nel testimoniare l’eroico coraggio di seguire Gesù fino al calvario, mentre gli apostoli erano in fuga, terrorizzati dagli eventi che rischiava di coinvolgerli in prima persona, sia nella schiera innumerevole di tante e tante altre, che si sono consacrate in modo totale ed esclusivo al Signore.

giovedì 17 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXIV Settimana del tempo ordinario)

Giovedì - Lc 7,36-50
Lacrime di conversione: la fede che salvaAncora oggi suscita compassione anche in noi questa donna peccatrice che si prostra ai piedi di Gesù, li cosparge di lacrime e di olio profumato e li asciuga con i suoi capelli e li bacia con venerazione. È un sincero atto di pentimento, di amore e di profonda gratitudine. Ci ricorda le lacrime di tanti pentiti della storia, di quanti, come Sant’Agostino, dopo l’esperienza amara del peccato hanno trovato la via della salvezza e della santità. A dire di molti le lacrime umane, quelle causate dal dolore più intimo e profondo, hanno un grande potere di interiore purificazione e sicuramente meritano un sincero rispetto; forse proprio per questo nei vecchi libri di preghiere troviamo ancora diverse invocazioni a Dio per ottenere il dono della lacrime. Quelle della donna del Vangelo gli meritano il perdono e la salvezza da parte di Gesù. Ancora una volta però all’atteggiamento misericordioso di Cristo si contrappone la stupida e meschina miopia degli scribi e dei farisei, i quali, come è loro costume, si ostinano nel pensare solo agli spetti formali della legge fino a deformare lo stesso pensiero di Dio. Capita ancora a certi zelanti dell’umana giustizia vedere nella misericordia divina solo un atteggiamento di debolezza o addirittura di sottile ingiustizia. A pensare che in Paradiso saremo lì a cantare in eterno la misericordia del Signore; vale la pena iniziare sin da ora quel canto! Monaci Benedettini Silvestrini

mercoledì 16 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXIV Settimana del tempo ordinario)

Mercoledì- Lc 7,31-35
Distratti alle sollecitazioni divine
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato: vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!” Gli eventi tristi e lieti della vita, la stessa voce di Dio ci colgono talvolta distratti, distaccati e superficiali. Gesù ci ha invitato invece a saper leggere i segni dei tempi; egli vuole che la storia sia letta alla luce di Dio e non solo con la nuda razionalità umana. Dobbiamo rendere giustizia alla sapienza. È arcana, divina la pedagogia del Signore. Non possiamo però esimerci dal leggere con gli occhi dello Spirito quanto accade fuori e dentro di noi. Rischiamo così, come spesso accade, di ridurre a cronaca la storia e a scarni eventi l’azione di Dio e i suoi interventi. Cadono nel nulla, nel vuoto e nel deserto degli spiriti le voci dei profeti, la voce del figlio di Dio, la sua stessa venuta tra noi assume le caratteristiche di un fugace passaggio di un illustre condannato e le sue massime di vita ridotte a slogan da scordare. Oggi anche noi cristiani siamo vittime dei media che hanno assunto il compito di fornirci la notizia lampo e di spettacolarizzare gli eventi. Tutto viene riferito in fretta, la notizia anche la più drammatica scorre veloce per fare spazio a quella successiva; il giornale invecchia in poche ore e tutto corre a ritmi vertiginosi. Come sarebbe utile fermare i pensieri al punto giusto, essere capaci di sane valutazioni, saper trarre le migliori conclusioni dalle voci e dagli eventi del mondo e soprattutto dalla voce di Dio! (Monaci Benedettini Silvestrini)

martedì 15 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXIV Settimana del tempo ordinario) - Esaltazione della Santa Croce

Martedì- Beata Vergine Addolorata - Gv 19,25-27
«Donna, ecco il tuo figlio!»Gesù è morente sulla croce. Sta vivendo nello strazio del dolore i suoi ultimi momenti di atroce passione. Sta per dire al Padre e proclamare all’intera umanità che «tutto è compiuto». A quel “compiuto” di amore infinito manca un ufficiale e solenne coinvolgimento della Madre sua, che è lì affranta, ai suoi piedi, a condividere lo stesso dolore, a dare, anche Lei, come aveva dichiarato, all’Angelo il pieno compimento alla promessa di adempiere fino alla fine la sua missione di Madre del Verbo: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga in me secondo la tua parola». Gesù la chiama ancora «donna» perché la identifica con la nostra umanità da salvare, ma sta per dirle «Madre» perché con la sua intima e profonda partecipazione alla sua sofferenza si qualifica come la corredentrice del genere umano. E come tale la «donna» diventa «Madre» a pieno titolo: perché è la perfetta discepola, perché sta esprimendo anche Lei in pienezza la sua maternità nel confronti del Figlio, nei confronti dei figli. In quell’”ecco tuo figlio”, Gesù mostra se stesso alla madre e addìta tutti noi a Lei. Sta offrendo al Padre il prezzo del nostro riscatto che egli per primo ha pagato per noi, ma che racchiude anche il dono della Madre per tutti i suoi figli. Così Maria, la Madre entra ufficialmente nella «casa». Non è soltanto la casa del discepolo ad accoglierla, ma la Chiesa tutta diventa la casa di Maria. La sua maternità diventa universale e così Lei entra nel nostro mondo e allo stesso tempo assume il suo ruolo, quello di essere la genitrice di tutti i figli che vogliono conformarsi a Cristo. Oggi Egli, guardando ancora con infinito amore la Madre sua, ripete a tutti noi, alla sua Chiesa, a tutti i sofferenti, alle mamme affrante come lei per le diverse perdite dei propri figli: «Ecco la tua madre!». Pare voglia ripetere a tutti: il dolore offerto per amore ormai è soltanto motivo di redenzione e di salvezza perché non conduce più alla morte, ma al riscatto, alla risurrezione, alla vita nuova in Cristo. Padri Benedettini Silvestrini

lunedì 14 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXIV Settimana del tempo ordinario) - Esaltazione della Santa Croce

Lunedì - Gv 3,13-17. Esaltazione della Santa Croce

Omelia di padre Raniero Cantalamessa
Riscoprire la croce di Cristo, strumento di salvezza


Oggi la croce non è presentata ai fedeli nel suo aspetto di sofferenza, di dura necessità della vita, o anche di via per cui seguire Cristo, ma nel suo aspetto glorioso, come motivo di vanto, non di pianto. Diciamo anzitutto qualcosa sull'origine della festa. Essa ricorda due avvenimenti distanti tra loro nel tempo. Il primo è l'inaugurazione, da parte dell'imperatore Costantino, di due basiliche, una sul Golgota e una sul sepolcro di Cristo, nel 325. L'altro avvenimento, del secolo VII, è la vittoria cristiana sui persiani che portò al recupero delle reliquie della croce e al loro ritorno trionfale a Gerusalemme. Con il passar del tempo, la festa però ha acquistato un significato autonomo. E' diventata celebrazione gioiosa del mistero della croce che, da strumento di ignominia e di supplizio, Cristo ha trasformato in strumento di salvezza.Le letture riflettono questo taglio. La seconda lettura ripropone il celebre inno della Lettera ai Filippesi, dove la croce è vista come il motivo della grande "esaltazione" di Cristo: "Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre". Anche il Vangelo parla della croce come del momento in cui "il Figlio dell'uomo è stato innalzato perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna".Ci sono stati, nella storia, due modi fondamentali di rappresentare la croce e il crocifisso. Li chiamiamo, per comodità, il modo antico e il modo moderno. Il modo antico, che si può ammirare nei mosaici delle antiche basiliche e nei crocifissi dell'arte romanica, è un modo glorioso, festoso, pieno di maestà. La croce, spesso da sola, senza il crocifisso sopra, appare punteggiata di gemme, proiettata contro un cielo stellato, con sotto la scritta: "Salvezza del mondo, salus mundi", come in un celebre mosaico di Ravenna.Nei crocifissi lignei dell'arte romanica, questo stesso tipo di rappresentazione si esprime nel Cristo che troneggia in vestimenti regali e sacerdotali dalla croce, con gli occhi aperti, lo sguardo frontale, senza ombra di sofferenza, ma irraggiante maestà e vittoria, non più coronato di spine, ma di gemme. E' la traduzione in pittura del versetto del salmo "Dio ha regnato dal legno" (regnavit a ligno Deus). Gesù parlava della sua croce in questi stessi termini: come del momento della sua "esaltazione": "Io, quando sarò esaltato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12, 32).Il modo moderno comincia con l'arte gotica e si accentua sempre di più, fino a diventare il modo ordinario di rappresentare il crocifisso, in epoca moderna. Un esempio estremo è la crocifissione di Matthias Grünewald nell'Altare di Isenheim. Le mani e i piedi si contorcono come sterpi intorno ai chiodi, il capo agonizza sotto un fascio di spine, il corpo tutto piagato. Anche i crocifissi di Velasquez e di Salvador Dalì e di tanti altri appartengono a questo tipo.Tutti e due questi modi mettono in luce un aspetto vero del mistero. Il modo moderno - drammatico, realistico, straziante - rappresenta la croce vista, per così dire, "davanti", "in faccia", nella sua cruda realtà, nel momento in cui vi si muore sopra. La croce come simbolo del male, della sofferenza del mondo e della tremenda realtà della morte. La croce è rappresentata qui "nelle sue cause", cioè in quello che, di solito, la produce: l'odio, la cattiveria, l'ingiustizia, il peccato.Il modo antico metteva in luce, non le cause, ma gli effetti della croce; non quello che produce la croce, ma quello che è prodotto dalla croce: riconciliazione, pace, gloria, sicurezza, vita eterna. La croce che Paolo definisce "gloria" o "vanto" del credente. La festa del 14 Settembre si chiama "esaltazione" della croce, perché celebra proprio questo aspetto "esaltante", della croce.Bisogna unire, al modo moderno di considerare la croce, quello antico: riscoprire la croce gloriosa. Se al momento in cui la prova era in atto, poteva esserci utile pensare a Gesù sulla croce tra dolori e spasimi, perché questo ce lo faceva sentire vicino al nostro dolore, ora bisogna pensare alla croce in altro modo. Mi spiego con un esempio. Abbiamo di recente perso una persona cara, forse dopo mesi di grandi sofferenze. Ebbene, non continuare a pensare a lei come era sul suo letto; in quella circostanza, in quell'altra, come era ridotta alla fine, cosa faceva, cosa diceva, torturandosi magari il cuore e la mente, alimentando inutili sensi di colpa. Tutto questo è finito, non esiste più, è irrealtà; così facendo non facciamo che prolungare la sofferenza e conservarla artificialmente in vita.Vi sono mamme (non lo dico per giudicarle, ma per aiutarle) che dopo aver accompagnato per anni un figlio nel suo calvario, una volta che il Signore l'ha chiamato a sé, si rifiutano di vivere altrimenti. In casa tutto deve restare com'era al momento della morte del figlio; tutto deve parlare di lui; visite continue al cimitero. Se vi sono altri bambini in famiglia, devono adattarsi a vivere anch'essi in questo clima ovattato di morte, con grave danno psicologico. Ogni manifestazione di gioia in casa sembra loro una profanazione. Queste persone sono quelle che hanno più bisogno di scoprire il senso della festa di domani: l'esaltazione della croce. Non più tu che porti la croce, ma la croce che ormai porta te; la croce che non ti schiaccia, ma ti innalza.Bisogna pensare la persona cara come è ora che "tutto è finito". Così facevano con Gesù quegli antichi artisti. Lo contemplavano come è ora: risorto, glorioso, felice, sereno, seduto sullo stesso trono di Dio, con il Padre che ha "asciugato ogni lacrima dai suoi occhi" e gli ha dato "ogni potere nei cieli e sulla terra". Non più tra gli spasimi dell'agonia e della morte. Non dico che si possa sempre comandare al proprio cuore e impedirgli sanguinare al ricordo di quello che è stato, ma bisogna cercare di far prevalere la considerazione di fede. Se no, a che serve la fede?

XXIV Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì - Gv 3,13-17. Esaltazione della Santa Croce
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

Martedì - Beata Vergine Maria Addolorata - Gv 19,25-27
In quell’ora, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. Parola del Signore.

Mercoledì - Santi Cornelio e Cipriano - Lc 7,31-35
In quel tempo, il Signore disse: «A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così:“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”. Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».

Giovedì - Lc 7,36-50
In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».

Venerdì – Lc 8,1-3
In quel tempo, Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.

Sabato – Lc 8,4-15
In quel tempo, poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. Un’altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinchévedendo non vedanoe ascoltando non comprendano.Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza.

domenica 13 settembre 2009

XXIV Settimana del Tempo Ordinario

Tu sei il Cristo… Il Figlio dell’uomo deve molto soffrire

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà». Mc 8,27-35
Omelia
di
don Roberto Seregni

Chi ha un po’ di dimestichezza con il Vangelo di Marco, sa che il brano che oggi la liturgia ci propone è al centro del racconto e fa da cerniera tra le due parti della narrazione dell’intero Vangelo. Qui, a Cesarea di Filippo – il territorio più lontano raggiunto da Gesù nel suo cammino– il Rabbì viene riconosciuto come il Cristo; sulla Croce (Mc 15,39) – il luogo più lontano da tutte le aspettative religiose – viene riconosciuto dal centurione pagano come il Figlio di Dio.La duplice pungete domanda con cui si apre il Vangelo, non è un segno di squilibro del Rabbì di Nazareth. Lui sa benissimo chi è. Siamo noi che dobbiamo chiarirci le idee…Fino a questo punto i discepoli lo hanno seguito incantati dalla Sua Parola così diversa da quella degl’altri maestri, i suoi miracoli hanno lasciano tutti a bocca aperta, il suo modo di parlare del Padre ha rivela un’ intimità inaudita con Dio, la sua attenzione e simpatia verso i poveri, gli ammalati, gli esclusi ha capovolto gli schemi religiosi del tempo. Ma ora Gesù inizia a girare le carte in tavola, vuole fare il punto della situazione con i suoi discepoli. E con noi.“La gente chi dice che io sia?”. Facile: Giovanni Battista, Elia o qualcuno dei profeti... Tutti hanno capito la grandezza di Gesù, ma la riducono a qualcosa di già noto e conosciuto, non riescono a cogliere la sua novità. Ho l’impressione che questo non sia solo un “difetto” dei contemporanei di Gesù... Anche noi corriamo il pericolo di dare per scontato, di pretendere di sapere già e ci chiudiamo in una fede stanca e ripetitiva…Ma Gesù non si accontenta di smascherare la folla, ora vuole arrivare anche a loro, ai discepoli. E a noi. “Ma voi, chi dite che io sia?”.Eccoci, cari amici. Qui si gioca tutto. Questa è la domanda fondamentale del Vangelo. Tutta la nostra vita cristiana sta qui.Mi piace sottolineare che Gesù, in tutta la sua vita, non ha mai imposto nulla a nessuno. Si è esposto e proposto, ma mai imposto. Con la sua domanda (“Ma voi, chi dite che io sia?”) e il suo invito ( “Se qualcuno vuole venire dietro a me…” ), Gesù ci fa intravedere che esiste una possibilità nuova, che c’è qualcosa di diverso, che è possibile cambiare, rialzarsi e uscire dalle secche dell’autoreferenzialismo.

sabato 12 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXIII Settimana del tempo ordinario) - Natività della Beata Vergine Maria

Sabato - Lc 6,43-49
L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore. Il bene del nostro cuore sono i frutti che noi produciamo. L’albero buono, infatti si riconosce dai suoi frutti. Così anche l’uomo si riconosce dalle sue opere. Uno che va contro la legge di Dio si può forse chiamare cristiano? Sul marciapiede giaceva un giovane, è passato uno che chiamavano medico, era medico? Nella stanza affianco da un’ora sta piangendo un bimbo, quella che sta guardando la telenovella è forse sua madre? In un convento ogni frate va per conto suo, colui che dice di essere guardiano lo è davvero? Le parole valgono poco. Non contano nemmeno le invocazioni, le preghiere al Signore, se non sono accompagnate dal compimento della sua volontà. Occorre l’ascolto e la pratica. Diversamente la vita diventa precaria, senza fondamenti. A parole o con le intenzioni siamo tutti cristiani perfetti. Proviamo ad esserlo anche con i fatti. Padri Benedettini Silvestrini

venerdì 11 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXIII Settimana del tempo ordinario) - Natività della Beata Vergine Maria

Venerdi - Lc 6,39-42
La pagliuzza e la trave«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt’e due in una buca?». Gesù era circondato da falsi maestri, sempre pronti a giudicare e condannare gli altri e incapaci di esaminare se stessi. Egli li stigmatizza con una serie di invettive, scatenando la loro indignazione, che culminerà con le false accuse e l’assurda sentenza di morte. Alla radice delle loro falsità c’era la presunzione, l’atteggiarsi ipocritamente a maestri e guide senza averne le doti. Dice loro esplicitamente «ciechi e guide di ciechi». Gesù ammonisce anche i suoi: «voi non fatevi chiamare «rabbì», perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli». Anche il miglior discepolo del miglior maestro deve ornarsi di umiltà e mai deve ergersi a giudice degli altri. «Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non t’accorgi della trave che è nel tuo?» Ecco cosa accade quando presumiamo di poter essere giudici degli altri senza averci prima esaminato attentamente sui nostri comportamenti. C’è una facile ed insidiosa convinzione in noi quando crediamo che scoprendo e smascherando gli altri difetti, ammantiamo e sminuiamo i nostri. Questa subdola insidia ci spinge a giudicare gli altri e a puntare lo sguardo indagatore e il dito accusatore verso gli altri e non verso noi stessi. Ci capita quando ci siamo disabituati a fare un attento esame di coscienza che ci indurrebbe a vedere prima la trave nel nostro occhio e poi la pagliuzza nell’occhio del nostro fratello. Gesù definisce tale atteggiamento come una forma di ipocrisia: «Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello». Attenzione allora agli inquinamenti della nostra vista. Abbiamo il dovere di purificare il nostro occhio affinché possa vedere nella pienezza della luce che lo stesso Signore ci dona e procedere prima, nella verità e nella carità, alla nostra personale correzione e poi a quelle dei nostri fratelli. Padri Benedettini Silvestrini.

giovedì 10 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXIII Settimana del tempo ordinario)

“Lodate Dio nel suo santuario, lodatelo nel suo maestoso firmamento. Lodatelo per le sue imprese, lodatelo per la sua immensa grandezza […]. Ogni vivente dia lode al Signore.”
Con la dossologia di questo salmo che chiude il salterio, la liturgia ci fa rispondere all’invito paolino della prima lettura: “La parola di Dio dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali” (Col 3,16).La vita cristiana è un cammino che ha come meta la pace di Cristo, raggiunta nel segno dell’unità. Un progressivo svincolarsi “dall’uomo vecchio” con le sue passioni per rivestire “l’uomo nuovo” abitato da sentimenti di misericordia, bontà, umiltà, mansuetudine, pazienza… Un convergere verso ciò che unisce secondo il disegno di Dio. Allora tutto il nostro essere diventerà lode e da ogni nostra azione si sprigionerà l’inno di riconoscenza.È la liturgia della vita, quel culto in “spirito e verità” che attinge all’altare e si rifrange nel quotidiano, mantenendo desta la consapevolezza della presenza di un Dio che mi ama immensamente e sostiene il mio impegno a lasciarmi configurare a Cristo.

mercoledì 9 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXIII Settimana del tempo ordinario)

Mercoledì - Lc 6,20-26
• Il vangelo di oggi ci riporta quattro beatitudini e quattro maledizioni del Vangelo di Luca. C’è una rivelazione progressiva nel modo in cui Luca presenta l’insegnamento di Gesù. Fino a 6,16, dice molte volte che Gesù insegnava alla gente, pero non descriveva il contenuto dell’insegnamento (Lc 4,15.31-32.44; 5,1.3.15.17; 6,6). Ora, dopo aver informato che Gesù vede la moltitudine desiderosa di ascoltare la parola di Dio, Luca riporta il primo grande discorso che inizia con le esclamazioni: "Beati, voi poveri!" e "Guai a voi, ricchi!", ed occupa tutto il resto del capitolo (Lc 6,12-49). Alcuni chiamano questo discorso il “Discorso della Pianura", perché secondo Luca, Gesù scese dal monte e si fermò in un luogo in pianura dove pronunciò il suo discorso. Nel vangelo di Matteo, questo stesso discorso è fatto sulla montagna (Mt 5,1) ed è chiamato "il Discorso della Montagna". In Matteo, nel discorso ci sono otto beatitudini, che tracciano un programma di vita per le comunità cristiane di origine giudaica. In Luca, il sermone è più breve e più radicale. Contiene solo quattro beatitudini e quattro maledizioni, indirizzate alle comunità ellenistiche, costituite da ricchi e da poveri. Questo discorso di Gesù sarà meditato nei prossimi giorni.• Luca 6,20: Beati voi, poveri! Guardando i discepoli, Gesù dichiara: "Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno dei Cieli!" Questa dichiarazione identifica la categoria sociale dei discepoli. Loro sono poveri! Ed a loro Gesù promette: “Il Regno è vostro!” Non è una promessa fatta per il futuro. Il verbo è presente. Il Regno appartiene già a loro. Loro sono beati fin da ora. Nel vangelo di Matteo, Gesù esplicita il senso e dice:"Beati i poveri in Spirito!" (Mt 5,3). Sono i poveri che hanno lo Spirito di Gesù. Perché ci sono poveri con la mentalità di ricchi. I discepoli di Gesù sono poveri con mentalità di poveri. Come Gesù, non vogliono accumulare, ma assumono la loro povertà e con lui, lottano per una convivenza più giusta, dove ci sia fraternità e condivisione di beni, senza discriminazione.
• Luca 6,21-22: Beati voi, che ora avete fame e piangete! Nella seconda e terza beatitudine Gesù dice: “Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati! Beati voi che ora piangete, perché riderete!" Una parte delle frasi è al presente e l’altra è al futuro. Ciò che ora viviamo e soffriamo non è definitivo. Ciò che è definitivo è il Regno che stiamo costruendo oggi con la forza dello Spirito di Gesù. Costruire il Regno suppone dolore e persecuzione, ma una cosa è certa: il Regno giungerà, e “voi sarete saziati e riderete!”
• Luca 6,23: Beati sarete, quando vi odieranno…! La 4ª beatitudine si riferisce al futuro: "Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e vi metteranno al bando a causa del Figlio dell’Uomo! Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché grande sarà la vostra ricompensa, perché così sono stati trattati i profeti!" Con queste parole di Gesù, Luca incoraggia le comunità del suo tempo, che erano perseguitate. La sofferenza non è rantolo di morte, ma dolore di parto. Fonte di speranza! La persecuzione era un segno che il futuro annunciato da Gesù stava giungendo. Le comunità andavano per il cammino giusto.• Luca 6,24-25: Guai a voi ricchi! Guai a voi che ora siete sazi e ridete! Dopo le quattro beatitudini a favore dei poveri e degli esclusi, seguono quattro minacce o maledizioni contro i ricchi e coloro a cui tutto va bene e sono elogiati da tutti. Le quattro minacce hanno la stessa forma letteraria identica alle quattro beatitudini. La prima è al presente. La seconda e la terza hanno una parte al presente ed un’altra al futuro. E la quarta si riferisce completamente al futuro. Queste minacce si trovano solo nel vangelo di Luca e non in quello di Matteo. Luca è più radicale nella denuncia dell’ingiustizia.Dinanzi a Gesù, nella pianura non ci sono ricchi. Solo c’è gente povera e malata, venuta da tutte le parti (Lc 6,17-19). Ma Gesù dice: “Guai a voi, ricchi!" Perché Luca, nel trasmettere queste parole di Gesù, sta pensando più alle comunità del suo tempo. In loro ci sono ricchi e poveri, e c’è discriminazione dei poveri da parte dei ricchi, la stessa che marcava la struttura dell’Impero Romano (cf. St 5,1-6; Apc 3,17-19). Gesù critica duramente e direttamente i ricchi: Voi ricchi, avete già ricevuto la consolazione! Siete già sazi, ma avrete fame! Ora state ridendo, ma sarete afflitti e piangerete! Segno che per Gesù la povertà non è una fatalità, né è frutto di pregiudizi, ma è frutto di arricchimento ingiusto da parte degli altri.
• Luca 6,26: Guai a voi quando tutti diranno bene di voi, perché così trattarono anche i falsi profeti!” Questa quarta minaccia si riferisce ai figli di coloro che nel passato elogiavano i falsi profeti. Perché alcune autorità dei giudei usavano il loro prestigio e la loro autorità per criticare Gesù. (Padri Carmelitani)

martedì 8 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXIII Settimana del tempo ordinario) - Natività della Beata Vergine Maria

Martedì - NATIVITA' DELLA BEATA VERGINE MARIA - Mt 1,1-16.18-23 (forma breve: Mt 1,18-23)-

“Si dirà di Sion: l’uno e l’altro in essa sono nati e lui, l’Altissimo, la mantiene salda.”
Quanto mai indovinata è la scelta di questo salmo per una festività mariana.Sion, il monte santo su cui sorge Gerusalemme e verso cui il salmista vede convergere tutte le genti senza più distinzione di credo e di nazionalità, è descritto come un grembo fecondo, evocativo della straordinaria maternità di Maria.Di questa donna, in tutto simile a noi ma totalmente spalancata all’azione della grazia fino ad essere concepita immacolata, si può dire in verità che “le sue fondamenta sono sui monti santi” e che Dio la ama “più di tutte le dimore di Giacobbe”, secondo le parole stesse del salmo.Qui, nel suo grembo verginale, verrà intessuto il corpo di Colui che, come dice la prima lettura tratta dal profeta Michea, “pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore suo Dio” (5,3), i reduci dall’esilio.Ma sarà ancora a lei che il Cristo morente affiderà la Chiesa nascente, i suoi discepoli, perché, in una rinnovata gestazione che si protrarrà fino alla fine dei tempi, il Cristo mistico raggiunga la sua piena maturità.Ogni cristiano, ogni uomo è custodito in quel grembo con materna tenerezza, così che in tutta verità si può dire che “l’uno e l’altro in essa, tutti là sono nati” per volontà dell’Altissimo.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, mi intratterrò filialmente con Maria, chiedendole di aiutarmi a rimuovere in me quanto mi rende dissimile da Gesù.

Come è bello e consolante, Maria, poterti chiamare col nome di “mamma”! In questo leggo l’amore infinito di Gesù che anche di te ha voluto espropriarsi pur di assicurarmi una guida sicura nel mio pellegrinaggio terreno. Chiedigli di donarmi un cuore veramente filiale. (Eremo San Biagio)

lunedì 7 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXIII Settimana del tempo ordinario)

Lunedì - Lc 6,6-11
“Solo in Dio riposa l’anima mia: da lui la mia speranza. Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: non potrò vacillare.”

“Solo in Dio riposa l’anima mia”! Proviamo ad assaporare la dolcezza e la profondità di questa espressione che la liturgia odierna pone sulle nostre labbra in risposta alla parola di Paolo.L’apostolo, nella prima lettura, ha appena esposto le difficoltà e le sofferenze che incontra nell’esercizio del suo ministero. Tutto questo, però non lo getta nello scoraggiamento, anzi egli si dichiara lieto di contribuire così all’opera redentiva di Cristo. Non cerca comprensione e sostegno umano: la sua anima “riposa” in Dio, il solo che possa garantire stabilità alla sua vita. Ecco la roccia sicura a cui afferrarsi: tutto può vacillare, gli stessi intimi possono deludere venir meno trovarsi nell’impossibilità di offrire il loro appoggio, ma Dio no! Egli è “la roccia”, “la difesa”, “il solo” su cui si può sempre contare.“Il Solo! Qui è il punto! Quanto mai ricorrente è la tentazione di cercare il riposo per la nostra anima, assetata di pace e di gioia, nelle effimere e ingannevoli sicurezze umane.Senza disprezzare nulla, anzi di tutto godendo e in tutto riconoscendo un dono di Dio, è in Lui e in Lui soltanto che possiamo abbandonarci come il bimbo tra le braccia della mamma, certi che il soccorso non ci mancherà e che la nostra vita poggia su “una Roccia” della cui solidità non si può dubitare. (Eremo San Biagio)

XXIII Settimana del Tempo ordinario

XXIII Settimana del Tempo Ordinario
Lunedì - Lc 6,6-11
Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo. Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo. Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: «Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita. Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

Martedì - NATIVITA' DELLA BEATA VERGINE MARIA - Mt 1,1-16.18-23 (forma breve: Mt 1,18-23)-
Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadab, Aminadab generò Naasson, Naasson generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asaf, Asaf generò Giosafat, Giosafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia, Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiud, Abiud generò Eliacim, Eliacim generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliud, Eliud generò Eleazar, Eleazar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo. [Ecco poi come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele”, che significa “Dio con noi”].

Mercoledì - Lc 6,20-26
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:«Beati voi, poveri,perché vostro è il regno di Dio.Beati voi, che ora avete fame,perché sarete saziati.Beati voi, che ora piangete,perché riderete.Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.Ma guai a voi, ricchi,perché avete già ricevuto la vostra consolazione.Guai a voi, che ora siete sazi,perché avrete fame.Guai a voi, che ora ridete,perché sarete nel dolore e piangerete.Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».

Giovedì - Lc 6,27-38
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Venerdì - Lc 6,39-42
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».

Sabato - Lc 6,43-49
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene. Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la distruzione di quella casa fu grande».

domenica 6 settembre 2009

XXIII Domenica del Tempo Ordinario

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».Mc 7,31-37

Omelia
di
padre Ermes Ronchi

Il racconto della guari­gione del sordomuto non è il semplice reso­conto di un miracolo, ben­sì un segno che contiene quello che il Signore Gesù vorrebbe operare in ogni suo discepolo, che ha un nodo in cuore, un nodo in gola; quello che vorrebbe realizzare con questa mia u­manità infantile e immatu­ra che non sa ascoltare e non sa dialogare.Che io sia uomo di ascolto, innanzitutto: «sordo» infat­ti ha la stessa radice di «as­surdo». Entra nell’assurdo chi non sa ascoltare Dio e gli altri, e lascia andare a vuoto tutte le parole. Esce dall’assurdo chi impara ad ascoltare.«E gli condussero un sordo­muto». Un uomo prigionie­ro del silenzio, una vita chiusa, accartocciata su se stessa come la sua lingua, un non-uomo.Gesù lo porta in disparte, per un dialogo fatto esclu­sivamente di sguardi: Io e te soli, dice Gesù all’uomo che non è ancora uomo. E sei così importante che ora le mie dita ti lavorano di nuo­vo, come un Creatore che plasmi da capo l’argilla di Adamo.Gesù inizia a comunicare così, senza parole, con il so­lo calore delle mani, con una carezza sugli orecchi, sulla bocca. Con quel volto fra le sue mani guarda in alto e sospira. E l’uomo co­mincia a guarire.Il mio volto fra le sue mani! E poi quel sospiro. Geme il Signore il suo dolore per il dolore del mondo, geme per tante vite che non ce la fan­no a sfuggire all’ombra del­l’assurdo, geme e fanno pia­ga in lui tutti i silenzi ostili della terra, tutte le relazioni spezzate...E infine ecco la parola che salva: «Effatà», «Apriti», ar­rivata così fino a noi, nella lingua di Gesù, viva ancora nel rito del Battesimo.Apriti, come si apre una porta all’ospite, una finestra al sole. Apriti come si apre uno scrigno prezioso o una prigione del cuore. Apriti come quando cede un argi­ne o una diga o si spalanca la pietra del sepolcro e la vi­ta dilaga. Non vivere chiuso, apriti alla Parola, al gemito e al giubilo del creato.«E comandò loro di non dir­lo a nessuno». Gesù aiuta senza condizioni. Per lui è più importante la gioia del sordomuto, che non la sua gratitudine; la sua felicità conta di più, e di lui infatti non sapremo più nulla, scomparso nel gorgo della vita ritrovata.Il Vangelo di Marco riferirà ancora solo due altri mira­coli, la guarigione di due ciechi. Per dire: prima è l’a­scolto poi viene la luce. Solo se hai accolto in te la parola di Dio vedrai bene, capi­rai la verità di ciò che vedi, il senso di ciò che accade.

sabato 5 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXII Settimana del tempo ordinario)

Beata Teresa di Calcutta

Sabato - Lc 6,1-5
E diceva loro: “Il Figlio dell’uomo è Signore del sabato”.
Nel Vangelo odierno andiamo con Gesù e con i suoi discepoli nell’aperta campagna. Biondeggia il grano e i discepoli ne colgono per nutrirsi. Ma - attenzione!- è sabato; il giorno sacro per eccellenza. Talmente sacro che la legge di Mosè proibiva in modo assoluto di dedicarsi a qualsiasi lavoro: anche a quello di raccogliere i frutti della campagna. Il fatto che Gesù lasci liberi i suoi di prendere il grano e di cibarsene il giorno di sabato diventa occasione di scandalo per alcuni farisei. Al loro interrogativo circa questa trasgressione della legge mosaica, Gesù porta il ragionevole esempio del Re Davide che, per obbedire a una esigenza di carità, lasciò perdere questa osservanza. È qui che Gesù spontaneamente rivela la sua consapevolezza di quello che Egli è: “Signore del sabato”. Se appunto ti sei fatto l’idea di quello che di grande e di sacro era il sabato, ti puoi fare anche l’idea di come suona qui questo dire di Gesù: “Il figlio dell’uomo (Lui in persona) è Signore del sabato”.Così dice bene il grande S. Ambrogio nel suo commento al vangelo di Luca: “Gesù non solo con le parole ma coi fatti spoglia l’uomo dall’antica osservanza della legge per rivestirlo con la vita nuova della grazia. Per questo in giorno di sabato, egli fa attraversare i campi biondeggianti. Il campo è tutto questo mondo, la messe è la moltitudine dei credenti, le spighe sono i frutti della Chiesa che gli apostoli raccoglievano con le loro opere, nutrendo se stessi mentre facevano progredire noi nella signoria di Cristo.” ( commento a san Luca V 28)In una pausa contemplativa mi interrogo: La consapevolezza di questa “signoria” del Signore è tale da essere per me libertà e vita vera? oppure lascio che altre cose mi signoreggino?
Signore, dammi di vivere sotto il tuo sguardo, nella signoria del tuo amore ogni ora, ogni attimo della mia vita.

venerdì 4 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXII Settimana del tempo ordinario)

Venerdì- Lc 5,33-39
La nuova alleanza – Nell’antica alleanza lo sposo rimaneva lontano mentre nella nuova Dio è presente in Gesù. Si tratta di una differenza che trasforma i rapporti tra Dio e gli uomini: bisogna accettare questa novità, e non aggrapparsi a pratiche religiose ormai superate.(cfr: Messalino EDB)
“Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per attaccarlo a un vestito vecchio”.
C’è un vecchiume e una novità che non si armonizzano; anzi, se operi il pasticcio di inserire una nell’altra, rovini proprio tutto. La metafora che Gesù adopera è del pezzo di stoffa nuovo. Certo sua madre si sarà ben guardata dall’inserirne una in una vecchia tunica sua o di Giuseppe! Creare armonia dev’essere stato uno stile nella casa, pur umile, di Nazaret.Ma il discorso si allarga poi con l’altra metafora: quella del vino NUOVO che nessuno si sogna di versare in otri vecchi, se non vuole perdere e il vino e gli otri.A quale vecchiume Gesù allude, se non a quello di una stanca religiosità formale che era la pratica di tanti suoi contemporanei?Vecchiume di osservanze che, private di convinzione e della loro vera anima che è l’amore di Dio e degli uomini, opprimevano la vita di tanta gente, invece di ravvivarla rendendola bella come una festa di nozze.Gesù non è venuto a sovrapporre o ad aggiungere pratiche a pratiche, ma a proporre la novità splendente di un cambiamento totale di mentalità.Oggi più che mai Gesù chiede questo ai suoi veri seguaci. Dentro l’ordito di una mentalità pesantemente materialista, tutta volta al ‘più avere’, il vangelo irrompe come NOVITÀ. Basta coi vecchiume di pseudovalori. Basta con l’ansia di rimpinzarsi del possesso di cose e persone! La NOVITÀ è Gesù libero da tutto perché interessato solo al Regno di Dio e alla sua giustizia. La NOVITÀ è la festa che Egli già procura in cuore a chi ha il coraggio di vivere il ‘distacco’ per fare spazio alla dedizione, al servizio, all’amicizia, all’amore.
Oggi, nella mia pausa contemplativa, guarderò con coraggio allo splendore del nuovo che è Gesù e al vecchiume della mia mania di possedere.
Gesù, tu sei la NOVITÀ assoluta della mia vita vera. Non permettere che io ospiti nel mio cuore il vecchiume del mio egoismo dittatore.

giovedì 3 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXII Settimana del tempo ordinario) San Gregorio I

Giovedì - Lc 5,1-11 - San Gregorio Magno
“Mentre la folla faceva ressa intorno a Gesù per ascoltare la Parola di Dio, egli vide due barche ormeggiare alla sponda.”

In questa pagina di vangelo che si conclude con la chiamata di Pietro ad abbandonare la sua rete per diventare “pescatore di uomini”, desidero sottolineare due cose. Anzitutto il sorprendente mai stanco assembrarsi della gente intorno a questo Rabbi di Nazareth, così uguale in tutto agli altri uomini, e così diverso, misteriosamente aleggiante il mistero di Dio. E fa parte ancora di questa mia prima sottolineatura il notare che tutti pendono dalle labbra di Gesù perché vogliono ascoltare da Lui ‘la Parola di Dio’, non una qualsiasi parola umana.La seconda sottolineatura riguarda quel ‘vedere’ le barche da parte di Gesù.E’ lì, in un ambiente semplice, immerso nella natura, e non accenna ad abbandonarlo, per recarsi chissà dove a proclamare le cose di Dio. Anzi, vede le barche ormeggiate, chiede di entrare in una di esse e lì, nel lago, si mette ad annunciare il vangelo; la notizia lieta e nuova dell’amore fedele e infinito di Dio per l’uomo.Credo che valga la pena di chiedersi se anche noi sappiamo ‘vedere’ con occhi semplici le semplici cose che ci sono attorno, che formano il nostro ambiente abituale. E lì, proprio lì, che il Signore ci parla, colloquiando con noi anche perché noi impariamo ad apprezzare quel che è alla nostra portata e ce ne serviamo non per interessi egoici ma perché tutto finisca per risuonare del lieto annuncio di Gesù.

"Signore, dammi occhi per vedere e cuore per gioire e ringraziare. Dammi senno per usare bene di quello che mi circonda".Eremo san Biagio.

mercoledì 2 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXII Settimana del tempo ordinario)

Che cosa andasse a fare Gesù, all’albeggiare, quando di solito la gente ancora dorme, oppure si affretta al lavoro, ce lo dice ancora Luca: Andava “sul monte a pregare” (Lc 5,16). È interessante questa pausa orante del Figlio di Dio fatto uomo!La sua non è stata scelta eremitica. Vive la sua giornata allo sbaraglio delle folle. Le urgenze della gente lo trovano disponibile sempre.Nel quadretto che Luca oggi ci propone, lo vediamo in retrospettiva uscito dalla casa della suocera di Pietro che ha liberato dalla febbre, e anche reduce da una serie di guarigioni presso malati di ogni tipo che non finivano mai di cercarlo, assediandolo ovunque.Ma proprio questo interessa a noi, oggi! Nella vita che, per tanti motivi, è pressata da obblighi e urgenze di ogni genere, è giusto, anzi necessario porre ricorrenti pause di solitudine e di silenzio. Si tratta di una necessità di ordine fisico e psichico ma ancor più spirituale. Quante persone confessano di essere ansiose e spesso angosciate e spiritualmente vuote, dentro un ritmo vorticoso, tipico della caotica vita d’oggi!Ben venga dunque l’esemplare comportamento di Gesù! Se c’è stato mai uomo che, tutto sommato, non subiva l’eccesso di nulla perché tutto dominava con autorità onnipotente dell’amore, ecco era Lui. No! Il suo equilibrio era sempre salvo!Perciò proprio a Lui vogliamo rivolgerci per scegliere con decisione pause di solitudine e silenzio orante che, rigenerandoci nelle nostre giornate, ci rendano possibile la gioia del compimento accurato di ogni nostro dovere trasfigurato dalla forza dell’amore, nella pace.
Grazie, Signore Gesù, per l’esempio che ci doni. Aiutaci a deciderci ad ogni costo per piccole pause silenziose e oranti, perché quello che poi operiamo sia vivo d’amore. Eremo S. Biagio

martedì 1 settembre 2009

Riflessioni...risonanze - (scorriamo la XXII Settimana del tempo ordinario)

Martedì - Lc 4,31-37
La disfatta dello spirito del male – Gesù non si limita ad annunciare all’uomo la liberazione, ma la realizza distruggendo la solitudine in cui lo richiudono i suoi peccati. Cfr. Messalino EDB
Come vivere questa Parola?
Un sabato (il giorno particolarmente sacro a Dio per gli ebrei) Gesù è lì che ammaestra la gente nella sinagoga. Le potenze demoniache si mettono ad opporgli palese resistenza. Non vogliono saperne della sua presenza ma, loro malgrado, ne proclamano l’identità: “So bene chi sei: il santo di Dio” (v. 34)Gesù pronuncia solo due parole, due brevissimi verbi all’imperativo: “Taci, Esci da costui” (v35). All’istante l’uomo, che era posseduto da queste forze demoniache, è liberato. È a questo punto che la gente sgomenta e meravigliata esclama “Che parola è mai questa che comanda con autorità e potenza?” (v 36). Ecco, ci soffermiamo su queste due qualità della Parola di Gesù Signore: l’autorità e la potenza. In un mondo connotato da sempre nuovi e prestigiosi, utilissimi mezzi di comunicazione ma anche da un’infausta marea di parole vuote, è importante prendere coscienza di quanta forza, libertà, efficacia abbia la Parola di Gesù che ogni giorno noi possiamo ascoltare. Oggi come ieri vibra in essa l’autorità dell’uomo Dio, L’autorità di chi ha “ingoiata la morte“ e “ha fatto risplendere la vita”. Inoltre è una Parola dove si effettua una totale potenza che può dare scacco non solo alla morte, ma al male che serpeggia anche dentro di me e dilaga nel mondo. Signore, aumenta la mia fede (= piena fiducia) nella tua Parola. Fa che io la legga, la mediti, la viva fino a darle libertà di agire dentro di me perché trionfi il bene, la luce tua nel mio vivere e attorno a me. Eremo San Biagio