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La Vera Vite

Spirito Santo

Spirito Santo
vieni...

Corpus Domini

Corpus Domini

Nel Corpo e nel Sangue di Gesù

Ciascun uomo possa "sentire e gustare" la presenza di Gesù e Maria, SS. Madre della Pentecoste, nella propria vita, in ogni attimo della propria giornata.



Nello Splendore della Resurrezione del Signore l'uomo trovi la sua vera dimensione e riesca ad esprimerla con Amore e Carità. Un abbraccio Michy


Maria SS. di Montevergine

Maria SS. di Montevergine
Maria SS. di Montevergine

Ti seguitò Signore - Mons.Mario Frisina

domenica 31 ottobre 2010

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (anno C)

Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto». Lc.19,1-10

Omelia
di
padre Ermes Ronchi

Incontrare Gesù rende libero l'uomo
C'è un Rabbi che riempie di gente le strade. Tanta gente, al punto che Zacchéo, piccolo di statura, ha davanti a sé un muro. Ma questo piccolo grande uomo non ha complessi, ha un obiettivo: vuole vedere Gesù, di parlar­gli non spera, e invece di nascondersi dietro l'alibi dei suoi limiti, cerca la soluzione: l'albero.
Zacchéo agisce in nome non della paura ma del desiderio, e così diventa creativo, inventa, va' controcorrente, respira un'energia che lo fa cor­rere avanti e salire in alto.
Gesù passando alzò lo sguardo: guarda quell'uomo dal basso verso l'alto, come quando si inginocchia e lava i piedi ai discepoli. Dio non ci guarda mai dall'alto in basso, ma sempre dal basso verso l'alto, con infinito rispetto, annullando ogni distanza.
Lo sguardo di Gesù: il solo sguardo che non giudica, non condanna, non umilia, e perciò libera; che va diritto al cuore e interpella la parte migliore di ciascuno, quel frammento puro che nessun peccato arriverà mai a cancellare. Zacchéo vuol dire «Dio si ricorda». Ma non del tuo peccato, bensì del tuo tesoro si ricorda. Zacchéo cerca di vedere Gesù e scopre che Gesù cerca di vedere lui. Il cercatore si accorge di essere cercato, l'amante scopre di essere amato: Zacchéo, scendi, oggi devo fermarmi a casa tua.
«Devo» dice Gesù, devo fermarmi! Dio deve cercarmi, deve farlo per un suo intimo bisogno: a Dio manca qual­cosa, manca Zacchéo, manca l'ultima pecora, manco io. Se Gesù avesse detto: Zacchéo, io ti conosco bene, so che sei un ladro, se restituisci ciò che hai rubato verrò a casa tua. Credetemi: Zacchéo sarebbe rimasto sull'albero.
Zacchéo prima incontra, poi si converte: incontrare uno come Gesù fa credere nell'uomo; incontrare un uomo così rende liberi; incontrare questo amore fa amare; in­contrare un Dio che non fa prediche e non condanna ma che si fa amico moltiplica l'amicizia. Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Poche parole: fretta, accogliere, gioia, che dicono sulla conversione più di tanti trattati. Apro la casa del cuore a Dio, con fiducia, e la gioia e la vita si rimettono in moto.
Infatti vediamo la casa di Zacchéo riempirsi di amici, il ricco diventare amico dei poveri: «Metà di tutto ciò che ho è per loro» Come se i poveri fossero la metà di se stesso.
Oggi a casa tua. Dio alla portata di ognuno. Dio nella casa: alla mia tavola, come un familiare, intimo come una persona cara. Perché Gerico è su ogni strada del mondo: per ogni piccolo c'è un albero, per ognuno uno sguardo. La casa di Zacchéo è la mia. Sulla soglia attendo: La mia casa è aperta, vieni!

sabato 30 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXX Settimana del Tempo Ordinario

Sabato - Lc 14,1.7-11
“Chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.
Il Vangelo di oggi ci riferisce di un certo lavoro che questa volta Gesù proibisce egli stesso a tutti, non solo nel giorno di sabato, ma sempre. Entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare, stava a vedere come la gente si sistemava, e vide appunto che tutti miravano ai primi posti. Questo è un lavoro che tutti sappiamo fare molto bene, ed è un lavoro che rende e piace, perché i primi posti significano esaltazione, proprio prestigio, onorificenze. Di fronte a questa gara individuale nei confronti degli altri, Gesù propose loro con la parabola degli invitati a nozze di scegliere gli ultimi posti; così che “venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”. La proposta di Gesù non è una semplice regola d’educazione, né stratagemma per migliorare la propria posizione. E’ invece la rivelazione del giudizio di Dio che valuta in modo opposto al nostro. E’ quanto Gesù ci ha manifestato è ciò che ciascuno di noi è chiamato a vivere. Egli ha scelto l’ultimo posto, si è fatto servo di tutti e si è umiliato. Suoi amici sono coloro che fanno altrettanto. Questa umiltà è un atteggiamento religioso che ha a che vedere con il posto nel banchetto del regno di Dio, che umilia il superbo e innalza l’umile, come cantò la Vergine Maria nel suo Magnificat. Solo l’umile dà gloria a Dio e riceve da lui gloria. Il superbo invece dà gloria al proprio io e resiste a Dio. L’ultimo è il posto di Dio: lì troveremo Gesù, nostro Maestro. E questo è il motivo per cui Dio ama gli ultimi. Solo questi partecipano al banchetto del Regno, che la misericordia del Padre imbandisce per il figlio perduto e ora ritrovato.

Per un confronto personale
• Nel tuo rapporto di amicizia con gli altri prevale il calcolo dell'interesse, l'attesa di ricevere un contraccambio?
• Nel relazionarti con gli altri al centro dell'attenzione c'è sempre e comunque il tuo io, anche quando fai qualcosa per i fratelli? Sei disposto a donare ciò che sei?

venerdì 29 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXX Settimana del Tempo Ordinario

Venerdì - Lc 14,1-6
E’ lecito o no??
“Chi di voi, se un figlio o un bue gli cadesse in un pozzo, non lo tirerebbe subito fuori, in giorno di sabato?” Se mangiare significa vivere, mangiare di sabato significa partecipare alla vita di Dio. E’ il nostro mangiare - sacro banchetto - nel giorno del Signore. Allora si può capire il gesto del fariseo nell’invitare Gesù a tavola e come egli l’abbia accettato volentieri per restituirlo, perché invitato, invita al banchetto del regno del Padre suo. Ma sotteso c’era un inganno, annidato spesso nel cuore dell’uomo, che a Gesù ugualmente offrì l’occasione di un insegnamento sul modo di intendere il riposo sabbatico. La gente stava ad osservarlo, sapeva che Gesù era imprevedibile nei suoi gesti, soprattutto quando si trattava di fare del bene, anche a rischio della propria incolumità. “Davanti a lui stava un idropico” e anche quella volta Gesù mise in questione la guarigione di questo malato alla considerazione dei dottori della legge. “E’ lecito o no curare di sabato?” Non ci fu risposta. “Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò”. Operata la guarigione, Gesù interpella ancora i suoi interlocutori e giustifica quanto ha fatto con parole forti e strettamente personali: “Chi di voi, se un figlio o un bue gli cadesse in un pozzo, non lo tirerebbe subito fuori in giorno di sabato?” Meglio di ogni discorso, questo gesto ci illumina circa il senso del suo Regno. La pienezza di Dio non viene nel mondo attraverso un’osservanza rigorosa di riti. Dio è prima di tutto, amore che crea. E solo dove esiste la forza creatrice di un amore che aiuta e conforta i diseredati si può dire che là si manifesta il Regno. E’ una lezione da non dimenticare. Anche a noi può succedere di essere troppo obbedienti a delle legge che ci esimono dalla vera generosità. Anche a noi può succedere di ragionare come i dottori della legge, ma Gesù lo troveremo sempre dall’altra parte, sulla sponda di chi soffre. Non c’è giorno, non c’è momento della vita in cui non si debba amare, e quando si agisce perché si ama, si è certamente sulla via del Regno, sulla via della comunione fraterna, e quindi con Dio. Da questo sfondo si potrà parlare realmente del senso del banchetto, che il Signore gratuitamente ha preparato per tutti gli uomini.

Per un confronto personale

  • La libertà di Gesù dinanzi ad una situazione. Anche se osservato da chi non lo approva, non perde la libertà. Qual è la libertà che c'è in me?
  • Ci sono momenti difficili nella vita, in cui siamo obbligati a scegliere tra il bisogno immediato del prossimo e la parola della legge. Come agire?

giovedì 28 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXX Settimana del Tempo Ordinario

Giovedì - SANTI SIMONE E GIUDA - Lc 6,12-19
In un’unica festa celebriamo oggi due dei dodici apostoli. Leggiamo i loro nome nell’elenco che l’Evangelista Luca riporta. Ciò è sufficiente per noi per ricordare che sono stati scelti da Cristo per condividere con Lui i tre anni della sua vita terrena per poi, irrorati e fortificati dallo Spirito Santo, essere inviati nel mondo ad annunciare il suo Regno e ad essere testimoni della sua risurrezione. In altra parte della liturgia possiamo ricordare le scarne ed incerte notizie sui due apostoli di oggi. A noi serve piuttosto ricordare la loro interiore fortificazione, operata da Cristo per opera dello Spirito Santo. Serve per attingere coraggio ricordare che uomini deboli ed insicuri come molti di noi, sono stati capaci di adempiere una missione che supera sicuramente le forze umane. Celebriamo perciò in loro la potenza di Dio, la sua indefettibile fedeltà, l’ulteriore conferma che Egli sceglie gli ultimi e i meno adatti secondo le umane valutazioni, per realizzare i suoi più arditi progetti. Non a caso proprio uno dei due, Giuda (da non confondere con l’Iscariota il traditore), chiede a Gesù “Come accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?”. È un interrogativo che ogni apostolo si pone, che potrebbe far proprio ogni cristiano. Serve a riconoscere ancora una volta l’assoluta gratuità dei doni divini e le misteriose vie che il Signore percorre nel fare le sue scelte. Possiamo dire soltanto che egli tutto opera con infinita sapienza e amore e ciò deve indurci alla migliore riconoscenza anche per la fede che è giunta a noi per mezzo degli Apostoli. Quando li ricordiamo e festeggiamo, come facciamo quest’oggi, dovremmo con più intensità e fervore pregare per la chiesa, per il Papa, per tutti gli apostoli di oggi, che dovrebbero trarre i migliori esempi dai primi, scelti direttamente da Cristo.
Per un confronto personale


  1. Gesù trascorre tutta la notte in preghiera per sapere chi scegliere, e sceglie questi dodici! Quale conclusione trarre dal gesto di Gesù?
  2. I primi cristiani ricordavano i nomi dei dodici apostoli che erano all’origine della loro comunità. Tu ricordi i nomi delle persone che sono all’origine della comunità a cui appartieni? Ricordi il nome di qualche catechista o professore/ssa significativo/a per la tua formazione cristiana? Cosa ricordi maggiormente di loro: il contenuto che ti insegnarono o la testimonianza che ti dettero?

mercoledì 27 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXX Settimana del Tempo Ordinario

Mercoledì Lc 13,22-30
La porta stretta per entrare nel Regno.
La vita di ogni uomo, il percorso di ritorno a Dio di tutta l’umanità è paragonabile ad un duro ed incerto incedere nel deserto, dove tutto è arido e la segnaletica è quasi inesistente. Tutto ci è già stato descritto nella narrazione biblica dell’Esodo. Oggi Gesù, interpellato sul numero di coloro che si salvano, ci parla della porta stretta. Vuole ricordarci che bisogna farsi piccoli ed umili per entrarci, bisogna faticare duro ed essere perseveranti e puntuali all’appuntamento per evitare il gravissimo rischio di arrivare in ritardo e trovare la porta chiusa. Accadde anche alle vergini stolte rimaste senz’olio. Nessuno allora potrà accampare scuse dinanzi al giusto giudizio di Dio; a nulla varrà il vanto di pretese intimità con Dio non suffragate dalla verità e dall’autenticità dei nostri comportamenti. Ci sentiremo dire con sgomento: “in verità vi dico, non vi conosco”. Quando la fede si spegne o licenziamo Dio dalla nostra vita, non solo smarriamo la via del Regno, ma la rendiamo colpevolmente inaccessibile a noi stessi e ci ritroviamo fuori, proprio come accadde ai nostri progenitori dopo l’esperienza del primo peccato. Gesù però, ancora una volta, ci conforta: egli si definisce la porta delle pecore. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo.

Per un confronto personale
• Gesù trascorre tutta la notte in preghiera per sapere chi scegliere, e sceglie questi dodici! Quale conclusione trarre dal gesto di Gesù?

• I primi cristiani ricordavano i nomi dei dodici apostoli che erano all'origine della loro comunità. Tu ricordi i nomi delle persone che sono all'origine della comunità a cui appartieni? Ricordi il nome di qualche catechista o professore/ssa significativo/a per la tua formazione cristiana? Cosa ricordi maggiormente di loro: il contenuto che ti insegnarono o la testimonianza che ti dettero?


martedì 26 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXX Settimana del Tempo Ordinario

Martedì - Lc 13,18-21
“A chi è simile il regno di Dio?”

Il Vangelo odierno contiene due brevi parabole sul regno di Dio: il granellino di senapa e il lievito nella massa di farina. La prima ne sottolinea la crescita in estensione, la seconda ne mostra la profondità. Ciò che importa è l’arbusto pieno di rami, dove si annidano gli uccelli e l’impasto fermentato. Le due immagini, riferite al Regno, si fondono insieme: indicano l’aspetto universale del Regno, aperto a tutti gli uomini. “Dio non fa preferenza di persone”, tutti sono accetti. L’intenzione di Gesù è chiara. Siamo alla sua scuola. Siamo suoi discepoli. Egli vuole farci comprendere la sua presenza in noi, il suo vivere in noi. “Il mio regno è in mezzo a voi”. Nella fede infatti abbiamo accolto quel seme e quel lievito – la Parola - non nella pienezza, ma nella crescita. Nella pazienza poi e nella fedeltà quotidiana lo faremo crescere in noi e attorno a noi, fino alla pienezza “della misura che conviene alla piena maturità di Cristo in noi”. Ecco perché queste due parabole ci mettono di fronte a un grande problema personale. E’ vero che il granellino di senapa sta crescendo in noi? E’ vero che quel poco di lievito sta fermentando sempre di più la nostra vita? Dio continua a operare cose grandi attraverso il nostro piccolo. Continua a rivelare il suo mistero infinito attraverso il nostro a volte incerto quotidiano. L’apostolo Paolo ne era convinto e lo esprime così: “La vita che io vivo nella carne, la vivo nella fede di colui che mi ha amato e ha dato la sua vita per me”. M.B.S.

Per un confronto personale
• Sei consapevole che il Regno di Dio è presente in mezzo a noi e che misteriosamente cresce e si diffonde nella storia di ogni uomo, nella chiesa?
• Il Regno è una realtà umile, nascosta, povera e silenziosa, immerso tra competizioni e piaceri della vita. Hai compreso dalle due parabole che non potrà da te essere intravisto se non assumi un atteggiamento umile e di silenzioso ascolto? P.C

lunedì 25 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXX Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì - Lc 13, 10-17.
“Donna, sei libera dalla tua infermità”.
Il miracolo del Vangelo di oggi, la guarigione di una donna incurvata dalla malattia da diciotto anni, è narrato solamente da Luca. Era giorno di sabato. Gesù vide la donna e la chiamò a sé, dicendole: “Donna, sei libera dalla tua infermità”. Subito, come si poteva immaginare, il capo della sinagoga si sdegnò, perché Gesù aveva operato la guarigione proprio nel giorno di sabato, giorno di festa e di assoluto riposo. E Gesù replicò: “Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l’asino dalla mangiatoia per condurlo a bere? E questa figlia di Abramo, malata da diciotto anni, non doveva essere sciolta solo perché è sabato?” D’altro canto la guarigione operata di sabato - Gesù volutamente in questa circostanza parte di sua iniziativa - offre l’occasione per affermare l’aspetto centrale del suo messaggio. Non è una opposizione al sabato in quanto tale - il regno di Dio c’è già ed è all’opera nel mondo - ma è una asserzione della gloria e del culto di Dio per la liberazione dell’uomo da ogni schiavitù. Se prima l’evangelista aveva riferito che la donna, appena guarita da Gesù, glorificava Dio, adesso conclude dicendo: “La folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute. Da quello che si può notare a prima vista, il popolo, grazie al suo istinto religioso, avverte una viva presenza di Dio più degli esperti, strettamente formalizzati sul legalismo. Questa pagina del Vangelo non è soltanto una pagina che ci permette di ammirare Cristo nella sua missione di liberazione da ogni schiavitù, e di donare a tutti la libertà dei figli di Dio, ma è soprattutto un invito ad assumere le nostre responsabilità. Siamone coscienti di quella libertà donataci per non ricadere nella propria schiavitù. Il Padre, offrendo suo Figlio, è tutto incurvato sull’uomo, e ogni uomo incurvato, per sua grazia si può raddrizzare e così riflettere la gloria del Figlio.

Per un confronto personale

  • La situazione della donna è cambiata molto da allora, o no? Qual' è la situazione della donna oggi nella società e nella Chiesa? C'è una relazione tra religione ed oppressione della donna?
  • La moltitudine esultò dinanzi all'azione di Gesù. Quale liberazione sta avvenendo oggi e sta portando la moltitudine ad esultare e rendere grazie a Dio?

XXX Settimana del Tempo Ordinario (anno C)

Lunedì- Lc 13-10-17
Questa figlia di Abramo non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?
In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta.
Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato».
Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?».
Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

Martedì – Lc 13,18-21
Il granello crebbe e divenne un albero.
In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

Mercoledì – Lc 13,22-30
Verranno da oriente a occidente e siederanno a mensa nel regno di Dio.
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

Giovedì – SANTI SIMONE E GIUDA - Lc 6,12-19
Ne scelse dodici ai quali diede anche il nome di apostoli.
In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.

Venerdì- Lc 14,1-6
Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.

Sabato – Lc 14,1.7-11
Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cédigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

domenica 24 ottobre 2010

XXX Domenica del Tempo Ordinario (anno C)

Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo.

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno erafariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato». Lc 18,9-14

Omelia
di
padre Ermes Ronchi

Infelice chi guarda solo a se stesso
Gesù, rivolgendosi a chi si sente a posto e disprezza gli altri, de­nuncia anche a noi i rischi della preghiera: non si può pregare e disprezzare, ado­rare Dio e umiliare i suoi fi­gli. Ci si allontana dagli altri e da Dio; si torna a casa, co­me il fariseo, con un pecca­to in più. Il fariseo inizia con le parole giuste: O Dio, ti ringrazio. Ma tutto ciò che segue è sba­gliato: ti ringrazio di non es­sere come tutti gli altri, ladri, ingiusti, adulteri. Non si con­fronta con Dio, ma con gli al­tri, e gli altri sono tutti diso­nesti e immorali. In fondo è un infelice, sta male al mon­do: l’immoralità dilaga, la di­sonestà trionfa… L’unico che si salva è lui stesso. Onesto e infelice: chi guarda solo a se stesso non si illumina mai.
Io digiuno, io pago le decime, io… Il fariseo è affascinato da due lettere magiche, strega­te, che non cessa di ripetere: io, io, io. È un Narciso allo specchio, Dio è come se non esistesse, non serve a nien­te, è solo una muta superfi­cie su cui far rimbalzare la propria auto sufficienza. Il fariseo non ha più nulla da ricevere, nulla da imparare: conosce il bene e il male, e il male sono gli altri. Che è un modo terribilmente sbaglia­to di pregare, che può ren­derci «atei». Invece, nel Padre Nostro, modello di ogni preghiera, mai si dice «io» o «mio», ma sempre «tuo» o «nostro». Il tuo regno, il nostro pane.
Il fariseo ha dimenticato la parola più importante del mondo: tu. Vita e preghiera percorrono la stessa strada: la ricerca mai arresa di un tu, uomo o Dio, in cui ricono­scersi, amati e amabili, ca­paci di incontro vero, quello che fa fiorire il nostro esse­re.
Il pubblicano non osava neppure alzare gli occhi, si batteva il petto e diceva: Ab­bi pietà di me peccatore. Due parole cambiano tutto nella sua preghiera e la fanno ve­ra.
La prima parola è tu: Tu ab­bi pietà. Mentre il fariseo co­struisce la sua religione attorno a quello che lui fa’, il pubblicano la edifica attor­no a quello che Dio fa.
La seconda parola è: pecca­tore, io peccatore. In essa è riassunto un intero discorso: «sono un ladro, è vero, ma così non sto bene; non sono onesto, lo so, ma così non sono contento; vorrei tanto essere diverso, non ci riesco; e allora tu perdona e aiuta».
Il pubblicano tornò a casa sua giustificato, non perché più umile del fariseo (Dio non si merita, neppure con l’umiltà), ma perché si apre – come una porta che si soc­chiude al sole, come una ve­la che si inarca al vento – a un Dio più grande del suo pec­cato, vento che fa ripartire. Si apre alla misericordia, a questa straordinaria debo­lezza di Dio che è la sua uni­ca onnipotenza.

sabato 23 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXIX Settimana del Tempo Ordinario

Sabato - Lc 13,1-9


Come leggere la storia.

Abbiamo ascoltato dal vangelo di ieri il rimprovero di Gesù per non essere capaci di leggere i segni dei tempi con la luce della fede. Oggi lo stesso Signore ci invita a riflettere sugli episodi di cronaca, che accadono sotto i nostri occhi, ma che sostanzialmente continuamente accadono nella storia degli uomini. Era ferma convinzione dei credenti di allora che ogni disgrazia derivasse da un castigo divino in seguito a peccati commessi. Gesù viene a correggere tale concetto: egli afferma che le vittime di quei disastri e di tutti quelli che sono accaduti o possono accadere, non sono periti per un castigo divino, sicuramente però dovevano essere letti come monito ad una vera conversione e un appello a cambiare vita, memori della fragilità dell’uomo. Come ci appare evidente questo insegnamento in questi giorni! La parabola del fico sterile viene proclamata a conferma di quanto Gesù ci ha già detto: se non ascoltiamo con la dovuta sollecitudine gli appelli divini, se non facciamo seguire a questi la nostra sincera conversione per rende fruttuosa la vita, rischiamo di essere poi respinti dal Signore. Anche questa triste eventualità scaturisce più da un’autocondanna che da un castigo. M.B.S.


Per un confronto personale 
  • il popolo di Dio, la vigna di Dio. Io sono un pezzo di questa vigna. Mi applico la parabola. Quali conclusioni ne traggo?
  • Cosa ne faccio delle notizie che ricevo? Cerco di avere un'opinione critica, o continuo ad avere l'opinione della maggioranza e dei mezzi di comunicazione? P.C.

venerdì 22 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXIX Settimana del Tempo Ordinario

Venerdì - Lc 12,54-59
I segni dei tempi e i segni di Dio
I progressi nella scienza, vertiginosi in questi ultimi anni, consentono agli uomini di scrutare sempre meglio i segni dei tempi. Pare che non esistano più barriere per l'intelligenza umana: pare che ormai siamo in grado di trovare la spiegazione di tutto ciò che ci accade intorno sia nel bene che nel male. In misura diversa ciò accadeva anche ai tempi di Gesù; gli scribi e i farisei, i suoi avversari di sempre, cavillando e ragionando a modo loro, emanavano sentenze e si ritenevano depositare di quasi tutte le verità. Il rimprovero del Signore: "Ipocriti! sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, ma questo tempo non sapete giudicarlo" risuona anche per noi con grande attualità. Anche oggi si vuol vedere tutto con un solo occhio, quello più debole e fallace della ragione e si rifiuta di scrutare gli eventi con l'occhio della fede. Ci si priva così di rendere sacra la nostra storia, non la si vede come guidata e redenta da Dio, ma tutto si riduce a squallida cronaca di stile giornalistico. Si rimane così nella inevitabile condanna dei conflitti, che ostàcolano la pace con Dio e tra gli uomini. Non dovremmo ridurci ad aprire gli occhi solo in occasione di fatti tragici e violenti! Ogni giorno della nostra vita deve indurci a scoprire la bellezza non solo delle meraviglie che riusciamo a "scavare" nella scienza ma anche ad avvicinarci uno all'altro come veri fratelli. Lo potremo solo se diventeremo piccoli perché: "ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno".

Per un confronto personale

  •  Leggere i Segni dei Tempi. Quando ascolto o leggo le notizie in TV o sui giornali, mi preoccupo di percepire le chiamate di Dio in questi fatti?
  • Riconciliazione è la richiesta più insistente di Gesù. Cerco di collaborare nella riconciliazione tra le persone, le razze, i popoli, le tendenze?

giovedì 21 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXIX Settimana del Tempo Ordinario

Giovedì -  Lc 12,49-53
Il fuoco sulla terra
Gesù è pienamente consapevole del carattere esplosivo e radicale della sua venuta. Egli dice di essere venuto a portare il fuoco sulla terra; vuol dire che l'amore di Dio si è reso più che mai visibile nella sua persona, il verbo si è fatto carne, abita in mezzo a noi. Egli sta per dare al mondo la suprema testimonianza della misericordia divina con la sua immolazione sulla croce. Tutto ciò sarà il suo battesimo di sangue. Egli già intravede la realizzazione della sua promessa di inviare alla Chiesa nascente "il consolatore, lo Spirito di verità" che scenderà sugli apostoli come lingue di fuoco. Egli sa che quel fuoco arde e arderà nei secoli per essere la forza dei deboli, la luce sul cammino della Chiesa, la vera sapienza per gli uomini. Con questa forza, che genera la fermezza nella fede, il seguace di Cristo, dagli apostoli fino a noi, diventa un suo testimone e un annunciatore del suo Vangelo, ma proprio questo annuncio e questa testimonianza sarà motivo di lotta e di persecuzioni da parte di coloro che li rifiutano. Ecco perché Gesù, autore della pace, oggi ripete di non essere venuto a portare la pace, ma la guerra; egli riafferma che i suoi si troveranno spesso come agnelli in mezzo ai lupi. I lupi talvolta, come la storia ci testimonia, sono le persone a noi più vicine. È accaduto anche a Gesù con Giuda! Il Signore ci dia la grazia di essere forti di quel fuoco per poter incendiare del suo amore il mondo intero…
Per un confronto personale

  • Cercando l'unione, Gesù era causa di divisione. Oggi succede questo con te?
  • Come reagisco dinanzi ai mutamenti nella Chiesa?

mercoledì 20 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXIX Settimana del Tempo Ordinario

Mercoledì - Lc 12,39-48
La vita è come una missione da compiere
Come viene narrato nella scrittura sacra, sin dal principio, il buon Dio ha affidato all'uomo una missione; lo ha fatto somigliante a sé, lo ha dotato di intelligenza e di volontà e ad ognuno ha dato dei talenti speciali da far fruttificare con l'umile e docile servizio allo stesso Signore. Gesù, servitore del Padre, adempie perfettamente la sua missione, accettando la passione, il calvario, la croce e le morte. I due servi del Vangelo di oggi hanno un comportamento diverso l'uno dall'altro. C'è il servo vigilante, che attende il ritorno del suo padrone, vivendo in piena fedeltà al mandato ricevuto. Egli è un docile esecutore degli ordini ricevuti. Riferendoci ad un'altra parabola, potremmo dire che è colui che ha fatto fruttificare a dovere i talenti ricevuti. L'altro servo, che non ha interiorizzato gli ordini ricevuti e non li vive come un dono di fiducia da parte del Signore, vive in piena autonomia, il padrone è lontano e non solo fisicamente, e quindi si sente di fatto libero di agire a proprio piacimento. Verrà sorpreso in questo atteggiamento di infedeltà e di distacco e dovrà subire l'inevitabile condanna. Si perde di vista il Signore e lo si ritiene molto lontano e disinteressato alle nostre vicende, quando la fede si spegne e la vista dello spirito si offusca. Chiediamo oggi perché il Signore ci doni la forza di essere sempre in attesa di lui che passa…

Per un confronto personale
1. La risposta di Gesù a Pietro serve anche a noi, anche a me. Sono un buon amministratore, una buona amministratrice della missione che ho ricevuto?
2. Come faccio per essere sempre vigile?

martedì 19 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXIX Settimana del Tempo Ordinario

Martedì - Lc 12,35-38
Siate pronti!
Prima di addormentarci nel sonno della morte rischiamo di cadere nel torpore della vita; ciò ci accade quando ci lasciamo coinvolgere dagli eventi, sedurre dal tempo e acquietare dalle cose che circondano, incapaci di guardare oltre, per aver perso lo scopo ultimo della nostra vita. Diventiamo come viandanti che hanno smarrito la strada il cui procedere diventa vago e immotivato. “Siate pronti!” ci risuono perciò come una sveglia dal torpore e dall’immobilismo, ci ricorda di essere dei viaggiatori che continuamente debbono cercare la strada e fare il giusto rifornimento per non restare privi di indispensabili energie. Solo così la vita acquista il suo vero significato: siamo in marcia verso una mèta, sempre desti e pronti, camminiamo insieme, abbiamo la certezza che Qualcuno ci precede e ci indichi la via. L’attesa e la fatica non sono vane perché il Signore ci attende per farci sedere al banchetto del cielo insieme ai suoi santi. Ci accompagna il pensiero per tante giovani vite, prive di mèta e di ideali, che soffocate dal nulla e dalla nausea, ricorrono ai falsi dèi, fino a procurarsi la morte, prima dell’anima e poi del corpo. Forse non si è giunti in tempo a destarli dal torpore e innamorarli della Vita!

Per un confronto personale
  • Siamo servi di Dio. Dobbiamo essere cinti, pronti, attenti e vigilanti ventiquattro ore al giorno. Tu ci riesci? Come fai?
  • La promessa di felicità futura è sicura. Cosa ci rivela ciò sulla bontà di Dio per noi, per me?

lunedì 18 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXIX Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì - San Luca-Lc 10,1-9
San Luca nel suo Vangelo ci racconta oggi la sua chiamata. Anch’egli, chiamato dal Signore, è entrato nel gruppo dei settantadue discepoli, che seguono e aiutano Gesù e gli Apostoli nella loro missione. È loro compito di preparare la strada al Signore nei luoghi dove egli poi sopraggiungerà per dare il suo annuncio di salvezza. Gesù innanzitutto li sollecita alla preghiera perché: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!”. Apparentemente pare che il Signore li invii come poveri pellegrini, carichi di un gravissimo compito e spogli di ogni umana sicurezza: “Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali”. Hanno il compito di guarire i malati, (Luca, che è medico, sente particolarmente l’importanza di questo compito), annunciare la pace e l’avvento del Regno di Dio a coloro che li accolgono, ma senza avere la garanzia che quei doni siano poi accolti da tutti. Dovranno radunarsi nelle piazze e scuotere la polvere dai loro calzari contro coloro che non avranno voluto riceverli e avranno rifiutato il loro annuncio. Gesù aveva già detto: “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato”. Questa, con il dono dello Spirito Santo, è l’unica garanzia di cui possono godere. Così è accaduto nel corso dei secoli e così ancora accade. La missione è sempre la medesima, le modalità sono rimaste essenzialmente identiche. Cambiano solo i protagonisti, i seguaci di Luca e degli Apostoli, i missionari e i testimoni di oggi.

Per un confronto personale
  • L’ospitalità, la condivisione, la comunione, l’accoglienza degli esclusi: sono pilastri che sostengono la vita comunitaria. Come avviene questo nella mia comunità?
  • Cos’è per me essere cristiano o essere cristiana? In un’intervista alla TV, una persona ha risposto così al giornalista: “Sono cristiano, cerco di vivere il vangelo, ma non partecipo alla comunità della Chiesa”. Ed il giornalista commentò: “Allora lei si considera un giocatore di calcio, senza una squadra!” E’ il mio caso?

XXIX Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì-San Luca - Lc 10,1-9
La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai.
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

Martedì – Lc 12,35-38
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».

Mercoledì –Lc 12,39-48
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

Giovedì – Lc 12,49-53
Non sono venuto a portare pace sulla terra, ma divisione.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Venerdì- Lc 12,54-59
Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo?
In quel tempo, Gesù diceva alle folle:
«Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: “Arriva la pioggia”, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?
Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo».

Sabato - Lc 13,1-9
Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

domenica 17 ottobre 2010

XXIX Domenica del Tempo Ordinario

Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». Lc 18,1-8

Omelia
di
padre Ermes Ronchi

La lezione di preghiera della vedova
Per mostrarci che biso­gna pregare sempre senza stancarsi Gesù ci invita a scuola di preghiera da una povera vedova. Lun­go tutto il vangelo il Maestro rivela come una predilezio­ne particolare per le donne sole e le rende strumento di verità decisive.
C'era un giudice corrotto in una città. E una vedova si re­cava ogni giorno da lui: fam­mi giustizia! Che bella im­magine di donna forte, di­gnitosa; che non si arrende all'ingiustizia e nessuna sconfitta l'abbatte. In questa donna, fragile e indomita, Gesù mostra due cose: il mo­do di chiedere (con tenacia e fiducia) e il contenuto della richiesta. La vedova chiede giustizia a chi fa la giustizia, chiede al giudice di essere vero giudice, di essere se stesso. E così accade nel no­stro andare da Dio: pregare è in fondo chiedere a Dio di darci se stesso. Ed è tutta la prima parte del Padre No­stro: sia santificato il tuo no­me..., sia fatta la tua volontà.
Che è come chiedere Dio a Dio: donaci te stesso! Il gran­de mistico Maister Eckart di­ceva: Dio non può dare nul­la di meno di se stesso. E Ca­terina da Siena aggiungeva: ma dandoci se stesso ci dà tutto .
Ma allora perché pregare sempre? Non perché la ri­sposta tarda, ma perché la risposta è infinita. Perché Dio è un dono che non ha ter­mine, mai finito. E poi per riaprire i sentieri. Se non lo percorri spesso, il sentiero che conduce alla casa dell'a­mico si coprirà di rovi. Van­no sempre riaperti i sentieri del Dio amico.
Ma come si fa a pregare sem­pre? A lavorare, incontrare persone, studiare, dormire e nello stesso tempo pregare? Innanzitutto pregare non si­gnifica recitare preghiere, ma sentire che la nostra vita è immersa in Dio, che siamo circondati da un mare d'a­more e non ce ne rendiamo conto. Pregare è come voler bene. Se ami qualcuno, lo a­mi sempre. Qualsiasi cosa tu stia facendo non è il senti­mento che si interrompe, ma solo l'espressione del senti­mento. «Il desiderio prega sempre, anche se la lingua tace. Se tu desideri sempre, tu preghi sempre. Quand'è che la preghiera sonnecchia? Quando si raffredda il desi­derio» (sant'Agostino).
Pregare sempre si può: la pre­ghiera è il nostro desiderio di amore. Ma Dio esaudisce le preghiere? Sì, Dio esaudi­sce sempre, ma non le no­stre richieste bensì le sue promesse (Bonhoeffer): il Padre darà lo Spirito Santo (Lc 11,13), io e il Padre verre­mo a lui e prenderemo di­mora in lui (Gv 14,23). Non si prega per ricevere ma per essere trasformati. Non per ricevere dei doni ma per ac­cogliere il Donatore stesso; per ricevere in dono il suo sguardo, per amare con il suo cuore.

sabato 16 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXVIII Settimana del Tempo Ordinario

Sabato -
Chi mi riconoscerà anch'io lo riconoscerò…

Nel vangelo di oggi spicca il tema della testimonianza dei cristiani. Gesù si rivolge ad una comunità che subirà persecuzioni di ogni sorta e vuol infondere coraggio e fiducia nei cuori che potrebbero vacillare di fronte alle difficoltà che essa dovrà affrontare. La vita delle prime comunità cristiane ci riporta numerosi esempi di testimonianze vere e coraggiose, il più delle volte pagate con il prezzo della propria vita offerta con gioia. Potremo essere portati a credere che il martirio sia per pochi e la vera via alla santità è privilegio per anime ben temprate. A noi non rimane che vivere in una quotidianità sempre uguale a se stessa, nella quale possiamo solo sperare nella misericordia di Dio. La fede in Dio misericordioso è l'anima della vera speranza cristiana che guarda in Cristo la salvezza incarnata e realizzata nel Mistero Pasquale. In questa realtà dovremo porre la nostra vita, nelle sue difficoltà quotidiane, per trovare una via di riscatto che ci faccia avanzare verso l'amore di Cristo. Scopriamo che la via alla santità non è per una piccola schiera di eletti ma per tutti noi, scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al cospetto di Dio nella carità. E' nell'amore e nella carità che possiamo dare la vera testimonianza di essere figli di Dio. Lo stesso Gesù ha detto ai discepoli che si dovranno distinguere in modo assoluto da come ci si ama a vicenda. Gesù è la fonte del nostro amore e l'unico vero modello. La vera testimonianza di Gesù è nella nostra vita; così come rinneghiamo Gesù quando non lo poniamo al centro della nostra esistenza.
 MBS

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXVIII Settimana del Tempo Ordinario

Venerdì - Santa Teresa d'Avila - Lc 12,1-7

Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati.
Dinanzi ad una moltitudine di persone, che si accalcava attorno a lui per ascoltarlo, Gesù si rivolse anzitutto ai discepoli "guardatevi dal lievito dei farisei, che è l'ipocrisia". Le parole di incoraggiamento di Cristo sono inquadrate in un contesto di persecuzione e di ostilità in cui saranno situati i discepoli. Essi sono incoraggiati a non fare come i farisei, le cui parole non corrispondono a ciò che pensano. Essi sono chiamati a testimoniare la loro fede costi quel che costi, perché "non c'è nulla di nascosto che non sarà svelato". Gesù è venuto a togliere all'uomo i veli della menzogna e ha restituirlo alla sua verità di figlio, infinitamente amato dalla misericordia del Padre. Certo i credenti come uomini provano timore di fronte al pericolo della persecuzione, di una testimonianza difficile. Comunque una sola perdita è irreparabile: "temete colui che dopo aver ucciso, ha il potere di gettarvi nella Geenna". L'atteggiamento fondamentale dei credenti non è fondato sul timore. C'è chi vigila, per difenderli. Dio si prende cura perfino dei passeri. A maggior ragione non dimenticherà i discepoli. "Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati". Questo vuol dire che viviamo in un mondo d'amore e di fiducia. Dio ci ama, ci sostiene con la sua mano forte, come sostenne Gesù sulla terra. Perciò l'ultima parola è sempre il "non abbiate timore". MBS
Per un confronto personale

• Ciò che è nascosto sarà rivelato. C'è in me qualcosa cha ho paura sia rivelato?
• La contemplazione dei passeri e delle cose della natura portarono Gesù ad atteggiamenti nuovi e sorprendenti che rivelano la bontà gratuita di Dio. Sono solito/a contemplare la natura?

giovedì 14 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXVIII Settimana del Tempo Ordinario

Giovedì -  Lc 11,47-54
Sarà domandato conto del sangue dei profeti.


 

Il Vangelo riporta le due ultime invettive di Gesù, contro gli scribi. Costoro non contenti di imporre agli altri obblighi che essi non osservano, mantengono lo stesso atteggiamento di quelli che in tempi passati non ascoltarono i profeti e li uccisero. "Guai a voi che costruite i sepolcri dei profeti". Sarebbe un onore costruire sepolcri a persone da venerare, ma in Gesù c'è dell'ironia. Se i loro padri hanno ucciso i profeti per non convertirsi, ora loro invece di essere testimoni della sapienza di Dio, portano a consumazione il mistero di iniquità come i loro padri, soffocando la Parola ascoltata. "Per questo la sapienza di Dio ha detto: "Manderò loro profeti e apostoli e ne uccideranno e ne perseguiteranno". La sapienza di Dio da sempre sa di essere perseguitata e uccisa: è la sapienza della croce. "Guai a voi, dottori della legge che avete presa la chiave della scienza! Voi non siete entrati e l'avete impedito a quelli che volevano entrarvi". La chiave è la conoscenza di quel Dio che è misericordia in Gesù, che ora si manifesta loro. Essi non ci sono entrati, perché hanno e danno l'immagine di un Dio senza misericordia. Perciò: "Sarà domandato conto del sangue dei profeti". Questa espressione sottolinea come alla generazione di Gesù, verrà chiesto conto del sangue di tutti i giusti di tutti i tempi. Infatti il mistero del male si consuma nell'ora della sua passione. Questa è l'opera del Signore. "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno", voce che si fa voce nello Spirito di tutti i profeti, consegnati all'estrema testimonianza. Infatti la Divina Provvidenza dispose di non limitare la sua bontà al suo Figlio diletto, ma di espanderla per mezzo di lui a molte altre creature, perché lo adorassero e lo lodassero per l'eternità insieme a tutti i fratelli. Questa è la chiave che ci è stata riconsegnata.
 
Per un confronto personale
  • Molte persone che volevano entrare furono impedite o non credettero più a causa degli atteggiamenti anti-evangelici dei sacerdoti. Hai esperienze al riguardo?
  • Gli scribi cominciarono a criticare Gesù che pensava ed agiva in modo diverso. Non è difficile trovare motivi per criticare colui o colei che pensa diversamente da me. Hai esperienze al riguardo?

mercoledì 13 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXVIII Settimana del Tempo Ordinario

Chi si esalta sarà umiliato…
Gesù, nel suo annuncio del Regno, non ha mai taciuto l’ipocrisia dei suoi ascoltatori. I farisei e i dottori della legge sono tra i suoi riferimenti più frequenti. Dal brano del vangelo di oggi possiamo capire perché talvolta le parole di Gesù suonano dure. Leggiamo oggi che Gesù non vuole che la legge che Dio aveva affidato a Mosè fosse trascurata, anzi il contrario! Oggi sembra che Gesù si rivolga a coloro che conoscono molto bene questa Legge. Gesù si rivolge direttamente ai farisei chiedendo ad essi di scoprire il vero fondamento della legge di Mosè. I farisei sono pronti al rispetto delle norme esteriori e trascurano la giustizia e l’amore di Dio. In questo insegnamento capiamo l’invito di Gesù a comprendere in profondità la legge. La Legge di Dio è sempre per il bene dell’uomo che si trova nell’amore e nella giustizia. Trascurare questo significa comunque non osservare la Legge di Mosè. I farisei, o almeno quei farisei ai quali si rivolge Gesù, pensano di poter vivere una superficialità religiosa fatta di norme e precetti. I dottori della legge invece sembra che siano colpevoli di un altro atteggiamento. Gesù riconosce loro la conoscenza della Legge con tutte le norme ed i precetti da applicare, ma solo per altri. Gli stessi dottori si sentono dei privilegiati e quindi già giusti quasi per diritto e non bisognosi di aderire a nessuna norma. Si fanno norma a se stessi e pretendono per gli altri un rigore asfissiante. Due atteggiamenti, quello dei farisei e quello dei dottori della legge, che potremo vedere, forse in misura diversa, anche presso di noi. Dovremo chiederci se la nostra partecipazione all’Eucaristia domenicale non sia un semplice tacitare la nostra coscienza, ritenendoci dei buoni cristiani o sia - piuttosto - una Celebrazione da vivere come momento privilegiato di incontro con il Signore. O ancora se il nostro battesimo, dono gratuito di Cristo, non ci sembri essere una garanzia sufficiente per la nostra vita che, quindi non richiede ulteriori adesioni nella nostra vita.

 
Per un confronto personale


  • L'ipocrisia mantiene un'apparenza che inganna. Fino a dove va la mia ipocrisia? Fino a dove va l'ipocrisia nella nostra chiesa?
  • Gesù criticava gli scribi che insistevano nell'osservanza disciplinare delle cose minute della legge, come per esempio la decima della menta, della ruta e di tutti gli erbaggi e dimenticavano di insistere sull'obiettivo della legge che è la pratica della giustizia e dell'amore. Questa critica vale anche per me?

martedì 12 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXVIII Settimana del Tempo Ordinario

Martedì Lc 11,37-41
Date in elemosina e tutto sarà puro per voi!

A volte ci poniamo questa domanda: chi è puro agli occhi di Dio? La nuova purità umana, svelata dal Cristo, è quella del cuore. Qui nel nostro brano, Gesù tralascia le abluzioni per reagire contro il formalismo dei farisei. Così può spiegare come l’osservanza puramente esteriore della legge è riprovevole di fronte a Dio e indice di insincerità d’animo. Bisogna accostarsi a Dio soprattutto interiormente; e si è poi veramente puri se si pratica la carità: l’amare veramente rende ogni realtà degna di Dio. Questa nuova legge di purità Gesù l’ha inaugurata sullo stesso suo corpo, in quell’atto di offerta esistenziale di se stesso al Padre, celebrato lungo tutta la sua vita e concluso nel morire per gli uomini. Per noi, resi puri perché inseriti in lui attraverso il segno battesimale e la partecipazione alla sua eucaristia, si tratta ora di sintonizzare tutto l’essere, dal di fuori e dal di dentro, con il nuovo unico segno di sacralità: l’amore.

Per un confronto personale
La nostra Chiesa merita oggi questa accusa di Gesù contro gli scribi ed i farisei? Io la merito?
Rispettare la serietà di vita di coloro che pensano in modo diverso da noi può facilitare il dialogo oggi così necessario e difficile. Come pratico il dialogo in famiglia, nel lavoro ed in comunità?

lunedì 11 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXVIII Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì - Lc 11,29-32
A questa generazione non sarà dato che il segno di Giona.

“Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona”. La mancanza di fede induce a cercare segni e prodigi straordinari. Vorrebbe un Dio che dà spettacolo di potenza e di onnipotenza secondo i criteri umani. Egli nella rivelazione ci ha fatto conoscere tutto quanto ci occorre per essere illuminati dalla verità e ben alimentati nella fede. Inoltre le folle che si accalcavano intorno Gesù avevano il privilegio di appartenere al popolo eletto, al primo depositario della parola rivelata. La storia di quel popolo, purtroppo è però cosparsa di tradimenti e di infedeltà. Anche l’ultima e la più grande ed evidente manifestazione, Gesù, Verbo incarnato, il segno per eccellenza della manifestazione del Padre, viene accolto con la contestazione, la diffidenza, l’aperta avversione. Neanche il segno di Giona, sarà sufficiente ad indurre alla conversione e alla fede. Gesù dirà: “Ecco ben più di Giona c’è qui!”. Dobbiamo implorarlo ed alimentarlo continuamente il dono della fede. L’arroganza conduce alla malvagità: c’è una ricorrente tentazione per l’uomo, quella di pretendere di scrutare e giudicare i pensieri di Dio. Egli già ci ha ammonito solennemente: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri”. Quindi non sono i segni su nostra richiesta che possono convincerci dell’esistenza di Dio e delle sue spontanee teofanie, ma l’umile accoglienza della parola di Dio e del Vangelo di Gesù Cristo è la fonte sufficiente da cui possiamo e dobbiamo attingere tutte le verità che ci occorrono per la nostra salvezza.

Per un confronto personale

  • Gesù critica gli scribi ed i farisei che riuscivano a negare l'evidenza, rendendosi incapaci di riconoscere la chiamata di Dio negli eventi. E noi cristiani oggi, ed io: meritiamo la stessa critica di Gesù?
  • Ninive si converte dinanzi alla predicazione di Giona. Gli scribi ed i farisei non si convertirono. Oggi, gli appelli della realtà provocano mutamenti e conversioni nei popoli del mondo intero: la minaccia ecologica, l'urbanizzazione che disumanizza, il consumismo che massifica ed aliena, le ingiustizie, la violenza, ecc. Molti cristiani vivono lontani da questi appelli di Dio che vengono dalla realtà.

XXVIII Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì - Lc 11,29-32
In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

Martedì - Lc 11,37-41
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.
Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».

Mercoledì - Lc 11,42-46
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo».
Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!».

Giovedì - Lc 11,47-54
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite.
Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.
Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.

Venerdì- Santa Teresa d'Avila - Lc 12,1-7
In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli:
«Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze.
Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui.
Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!».

Sabato - Lc 12,8-12
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio.
Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato.
Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire».

domenica 10 ottobre 2010

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario


Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero.
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».Lc 17,11-19
Omelia
di
padre Ermes Ronchi
È la salvezza la vera guarigione
Dieci lebbrosi fermi a distanza; solo occhi e voce; mani neppu­re più capaci di accarezzare un figlio: Gesù, abbi pietà .
E appena li vede (subito, sen­za aspettare un secondo di più, perché prova dolore per il dolore del mondo) dice: An­date dai sacerdoti. È finita la distanza.
Andate. Siete già guariti, an­che se ancora non lo vedete. Il futuro entra in noi molto prima che accada, entra con il primo passo, come un se­me, come una profezia, entra in chi si alza e cammina per un anticipo di fiducia con­cesso a Dio e al proprio do­mani. Solo per questo antici­po di fiducia dato a ogni uo­mo, perfino al nemico, la no­stra terra avrà un futuro.
Si mettono in cammino, e la speranza è più forte dell'evi­denza. Ma chi vuol stare con l'evidenza si rassegni ad es­sere solo il custode del pas­sato.
Si mettono in cammino e la strada è già guarigione. E mentre andavano furono guariti.
Il cuore di questo racconto ri­siede però nell'ultima paro­la: la tua fede ti ha salvato. Il Vangelo è pieno di guariti, un lungo corteo gioioso che ac­compagna l'annuncio. Ep­pure quanti di questi guariti sono anche salvati?
Nove dei lebbrosi guariti non tornano: si smarriscono nel turbine della loro felicità, dentro la salute, la famiglia, gli abbracci ritrovati. E Dio prova gioia per la loro gioia come all'inizio aveva prova­to dolore per il loro dolore.
Non tornano anche perché ubbidiscono all'ordine di Ge­sù: andate dai sacerdoti. Ma Gesù voleva essere disubbi­dito, alle volte l'ubbidienza formale è un tradimento più profondo. «Talvolta bisogna andare contro la legge, per es­serle fedeli in profondità» (Bonhoffer). Come fa Gesù con la legge del sabato.
Uno solo torna, e passa da guarito a salvato. Ha intuito che il segreto non sta nella guarigione, ma nel Guarito­re. È il Donatore che vuole raggiungere non i suoi doni, e poter sfiorare il suo oceano di pace e di fuoco, di vita che non viene meno.
Nel lebbroso che torna im­portante non è l'atto di rin­graziare, quasi che Dio fosse in cerca del nostro grazie, bi­sognoso di contraccambio; è salvo non perché paga il pe­daggio della gratitudine, ma perché entra in comunione: con il proprio corpo, con i suoi, con il cielo, con Cristo: gli abbraccia i piedi e canta alla vita. I nove guariti trova­no la salute; l'unico salvato trova la salute e un Dio che fa fiorire la vita in tutte le sue forme, che dona pelle di pri­mavera ai lebbrosi, un Dio la cui gloria non sono i riti ma l'uomo vivente. Ritornare uo­mini, ritornare a Dio: sono queste le due tavole della leg­ge ultima, i due movimenti essenziali d'ogni salvezza.

sabato 9 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXVII Settimana del Tempo Ordinario

Sabato - Lc 11,27-28
La beatitudine di Maria e nostra.

La Vergine Madre, nel suo canto di lode e di ringraziamento al Signore per la sua prodigiosa maternità, con accenti profetici, esclama: «Tutte le generazioni mi proclameranno beata». L'angelo che le reca l'annunzio dice di lei: «Benedetta tu fra tutte le donne». San Giovanni, nel libro dell'Apocalisse, la vede come la donna vestita di sole con ai suoi piedi dodici stelle. Elisabetta la definisce Madre del mio Signore. Oggi è una voce anonima di una donna, che sgorga dalla folla e grida: «Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!». Comincia già ad avverarsi la profezia della Madre di Cristo. Egli però ha da proclamare una più ampia ed universale beatitudine: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!». È una evidente conferma alle parole profetiche della Madre sua. Lei per prima ha ascoltato, accolto e messo in pratica la parola del Signore, che le è stata proclamata dall'Angelo Gabriele. Maria è quindi beata, non solo perché ha avuto il singolare e sublime privilegio di accogliere e generare il Verbo di Dio nella sua carne mortale, ma ancor più perché si mostrata docile alla volontà divina e, come il suo dilettissimo Figlio, ha accettato il piano divino fino al Calvario, condividendo con lui la passione. Quanto Maria ha fatto, come umile e docile discepola, anche noi siamo chiamati a farlo con tutta la nostra vita. Su ciascuno di noi il buon Dio ha un piano di salvezza, che egli ci rivela nel tempo e nelle circostanze di ogni giorno. Possiamo essere beati se conformiamo la nostra volontà a quella del Signore. Dobbiamo perciò essere ascoltatori attenti della sua parola, Dobbiamo avere Cristo e la sua Madre come nostri modelli. Occorre riscoprire l'umiltà del cuore e la sincerità con noi stessi per diventare avidi della parola di Dio, bisognosi della sua verità e della sua grazia e infine capaci di operare il bene.

Per un confronto personale

  • Tu riesci a scoprire la Parola viva di Dio nella tua vita?
  • Come vivi la devozione a Maria, la madre di Gesù?

venerdì 8 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXVII Settimana del Tempo Ordinario

Venerdì - Lc 11,15-26
 Emergono ai nostri giorni due tendenze sostanzialmente opposte in merito al demonio: alcuni lo vedono ovunque e ne moltiplicano le presenze e i malefici influssi, altri lo misconoscono completamente fino a negarne perfino l'esistenza. Il vangelo di oggi ci illumina. Gesù ne parla ripetutamente e la sua opera è anche quella di scacciare satana dai corpi e dagli spiriti degli uomini. Il suo annuncio è liberazione dal male, da ogni male; affiderà ai suoi la stessa missione. Egli stesso si è sottoposto alle tentazioni di satana dopo i quaranta giorni di deserto e la ha superate con la forza della verità rivelata. Satana invece è il menzognero fin dal principio e il tentatore che si è accanito e si accanisce ancora contro l'uomo per distoglierlo dal bene e indurlo al male in tutte le sue manifestazioni. Si mostra astuto e malefico, si insinua nell'intimo dell'uomo e lo tormenta nel corpo e nello spirito. Soccombe però dinanzi a Cristo, che in tono imperativo comanda di uscire dall'uomo e di lasciarlo libero. Talvolta ancora ai nostri giorni appaiono evidenti le sue trame, soprattutto quando riesce a penetrare non in un solo uomo, ma in intere collettività, creando correnti di pensiero e relativi comportamenti chiaramente contro Dio e in modo più subdolo anche contro gli uomini. Dove Dio è assente o ancor peggio, respinto e odiato, lì satana trova facile acceso e terreno per lui fertile. Lì cerca di instaurare il suo regno per dominare e soggiogare. La nostra invincibile corazza che ci protegge dal male è Cristo Gesù, è la sua vivificante presenza in noi, è la sua verità accolta e vissuta, è il suo corpo che si santifica e identifica con la sua stessa persona.

Per un confronto personale

1. Scacciare il potere del male. Qual è oggi il potere del male che massifica la gente e gli ruba la coscienza critica?
2. Puoi dire di te stesso/a che sei totalmente libero/a e liberato/a? In caso di risposta negativa, qualche parte di te è sotto il potere di altre forze. Cosa fai per scacciare questo potere che ti domina?

giovedì 7 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXVII Settimana del Tempo Ordinario

Giovedì - Beata Maria Vergine del Rosario - Lc 11,5-13
Festa istituita dal Papa S. Pio V nel 1572, a ricordo della vittoria navale del 7 ottobre 1571 riportata dalle forze cristiane sui turchi minacciosi, vittoria attribuita dal santo pontefice all'intercessione di "Maria aiuto dei Cristiani" invocata contemporaneamente dalle confraternite del Rosario.
Il brano evangelico lucano di oggi, ritrae Maria SS.ma nel momento inaspettato e incomprensibile da parte umana, in cui l'angelo Gabriele annuncia alla Vergine di Nazaret che sta per divenire la madre di Dio fatto uomo. E' il momento sublime della grandezza di Maria, "benedetta fra tutte le donne". E' l'inizio dell'interminabile catena delle "grandi cose" che l'Onnipotente ha compiuto in lei, nella sua assimilazione totale a Cristo suo figlio.
Celebrando questa festa con il Santo Padre Giovanni Paolo II in visita al santuario di Pompei, sfogliamo la sua bella enciclica del 16 ottobre 2002, intitolata "Rosarium Virginis Mariae", mettendoci con lui "alla scuola di Maria", perché occupi anche in noi un posto importante nella nostra vita spirituale. Ai noti cinque misteri della gioia, del dolore e della gloria il Servo di Dio Giovanni Paolo II, ha voluto aggiungere quelli della luce, anello mancante nella nostra meditazione sulla vita di Gesù.
Sulla preghiera del rosario, "compendio del Vangelo", si è formata la spiritualità delle nostre famiglie passate, raccolte nel silenzio serale avanti al quadro della Vergine in profonda meditazione. Se ne sente ora la mancanza, se ne vedono tristemente i risultati: l'invadente televisore strozza i sentimenti familiari, separa i cuori. Rimettiamoci sotto il manto di Maria, "madre, maestra, guida", che sostiene il fedele con la sua intercessione potente.

Per un confronto personale
  • Come rispondi alla provocazione della parabola? Una persona che vive in un piccolo appartamento in una grande città, come risponderà? Aprirebbe la porta?
  • Quando tu preghi, preghi convinto/a di ottenere ciò che chiedi?

mercoledì 6 ottobre 2010

Riflessioni...Risonanze...scorriamo la XXVII Settimana del Tempo Ordinario

Mercoledì - Lc 11,1-4
Gesù maestro di preghiera
Esiste un vincolo inscindibile tra noi e il nostro Creatore e Signore. È stato lui stesso a stabilirlo sin dal momento della creazione, alitando il suo spirito in noi e facendoci simili a Lui. È vero che abbiamo deturpato quella primordiale immagine con l'arroganza del peccato, mai però si è completamento spento in noi l'innato desiderio di riunirci in qualche modo al nostro Dio e Padre. La preghiera è perciò un desiderio spontaneo in ogni essere umano, è la necessità urgente di dialogo con Colui che nel suo amore ci ha generati. Non è facile però immergersi nell'invisibile e nell'infinitamente grande; da quando ci siamo prostrati sulle cose della terra è diventata ardua la via del cielo. Gli stessi apostoli, testimoni oculari delle intense preghiere del loro maestro, sentono la necessita di chiedere: «Signore, insegnaci a pregare». È pronta la risposta di Gesù. Egli, perfetto nella natura divina e umana, sa come rivolgersi al Padre, come unirsi in intima comunione con Lui. Ed intona la sua splendida preghiera: «Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno». La paternità è per Lui connaturale ed intima, ma vuole, anticipando i frutti della redenzione, che anche noi ci rivolgiamo a Dio con gli stessi accenti. Ci invita a riscoprire le meraviglie del suo amore. Egli vuole che chiamandolo Padre, riscopriamo la nostra figliolanza, gustiamo come il figlio prodigo l'abbraccio amoroso che ci ridona in pienezza la primitiva dignità, sentiamo in noi la gioia di Dio per il nostro ritorno a lui. La preghiera di Gesù ci risuona come l'inno iniziale di una grande festa, come l'avvento del suo regno in noi. Sentiamo che è davvero salutare per noi che si compia, non la volontà degli uomini, vittima di mille inquinamenti, ma quella del nostro Padre che è alimentata solo dal suo infinito amore. È sulla scia di questa meravigliosa scoperta che con fiducia chiediamo poi quanto ci occorre, affinché ognuno possa vivere dignitosamente e possa progredire nella sua grazia e nella vera fraternità. Riscopriamo così la forza sanante del perdono e della riconciliazione, riscopriamo quell'aiuto soprannaturale di grazia che ci rende forti dinanzi alle tentazioni e liberi da ogni male. Riscopriamo infine un nuovo programma di vita da realizzare pregando: siamo suoi figli e opera delle sue mani, siamo tutti fratelli in Cristo, tutti da lui riconciliati con il Padre, tutti peccatori, ma capaci di riconciliazione e di perdono. Tutti affamati, ma tutti partecipi nella solidarietà e nella condivisione, dell'unica mensa del pane di Dio.

Per un confronto personale

  • ? Prego? Come prego? Cosa significa per me la preghiera?
  •  Padre Nostro: passo in rivista le cinque richieste e verifico come le vivo nella mia vita.