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La Vera Vite

Spirito Santo

Spirito Santo
vieni...

Corpus Domini

Corpus Domini

Nel Corpo e nel Sangue di Gesù

Ciascun uomo possa "sentire e gustare" la presenza di Gesù e Maria, SS. Madre della Pentecoste, nella propria vita, in ogni attimo della propria giornata.



Nello Splendore della Resurrezione del Signore l'uomo trovi la sua vera dimensione e riesca ad esprimerla con Amore e Carità. Un abbraccio Michy


Maria SS. di Montevergine

Maria SS. di Montevergine
Maria SS. di Montevergine

Ti seguitò Signore - Mons.Mario Frisina

domenica 28 febbraio 2010

II Domenica di Quaresima

II Domenica di Quaresima
Mentre Gesù pregava, il suo volto cambiò d’aspetto.

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto. Lc 9,28-36

Chi ascolta Gesù viene trasformato
padre Ermes Ronchi

La trasfigurazione è la festa del volto bello di Cristo. Il volto è la gra­fia dell'anima, la scrittura del cuore: Dio ha un cuore di lu­ce.Il volto di Gesù è il volto al­to dell'uomo. Noi tutti siamo come un'icona incompiuta, dipinta però su di un fondo d'oro, luminoso e pre­zioso che è il nostro essere creati a immagine e somi­glianza di Dio. L'intera vita altro non è che la gioia e la fatica di liberare tutta la lu­ce e la bellezza che Dio ha deposto in noi: «il divino traspare dal fondo di ogni es­sere» (Teilhard de Chardin). Il volto del Tabor trasmette bellezza: è bello stare qui, al­trove siamo sempre di pas­saggio, qui possiamo sosta­re, come fossimo finalmen­te a casa. È bello stare qui, su questa terra che è gravi­da di luce, dentro questa u­manità che si va trasfigu­rando. È bello essere uomi­ni: voi siete luce non colpa, siete di Dio non della tene­bra.La Trasfigurazione inizia già in questa vita (conosciamo tutti delle persone luminose, volti di anziani bellissimi, nelle cui rughe si è come im­pigliato un sole) e il Vangelo indica alcune strade: - la prima strada è la pre­ghiera ( e mentre pregava il suo volto cambiò di aspetto)che rende più limpido il vol­to, ti rende più te stesso, per­ché ti mette in contatto con quella parte di divino che compone la tua identità u­mana; - è necessario poi conqui­stare lo sguardo di Gesù che in Simone vede la roccia, nella donna dei 7 demoni vede la discepola, in Zac­cheo vede il generoso...; al­lenare cioè gli occhi a vede­re la luce delle cose e delle persone, non le ombre o il negativo. Se ti guardo cer­cando le tue ombre, io già ti condanno. Io devo confer­mare l'altro che ha luce in sé, allora lui camminerà avan­ti; - terza strada è nel verbo che è il vertice conclusivo del racconto: ascoltatelo. Chi a­scolta Gesù, diventa come lui. Ascoltarlo significa esse­re trasformati. Il salmo 66 augura: Il Signo­re ti benedica con la luce del suo volto.La benedizione di Dio non è ricchezza, salute o fortuna, ma semplicemente la luce: luce interiore, luce per cam­minare e scegliere, luce da gustare.Dio ti benedice ponendoti accanto persone dal volto e dal cuore di luce, che hanno il coraggio di essere inge­nuamente luminosi nello sguardo, nel giudizio, nel sorriso. Dio benedice con persone cui poter dire, co­me Pietro sul monte: è bello essere con te!Mi basta questo per sapere che Dio c'è, che Dio è luce.E il tuo cuore ti dirà che tu sei fatto per la luce.

sabato 27 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la I Settimana di Quaresima

Sabato - Mt 5,43-48
Quando leggiamo il brano di Vangelo di oggi, dobbiamo soprattutto pregare, dobbiamo implorare Gesù per poterlo vivere pienamente. Dobbiamo supplicare lo Spirito Santo di cambiare i nostri cuori al punto di poter perdonare e amare come Gesù, che ci ha dato la più grande prova del suo amore per noi sulla croce. È umano, è naturale che noi non possiamo amare i nostri nemici. Possiamo a stento evitare di ripagarli con gli stessi torti, ed è già molto! Ma Gesù ci chiama a molto di più. Egli ci dice di “amarli e di pregare per loro”. Dio ha creato il nostro cuore in modo che esso non possa essere neutrale. Quando restiamo indifferenti nei confronti di qualcuno, siamo incapaci di scoprire ciò che vi è di migliore in lui, siamo incapaci di perdonarlo veramente. Si tratta ancora, quindi, di imitare il nostro Padre celeste, non nella sua potenza, nella sua saggezza, nella sua intelligenza, ma nella sua bontà e nella sua misericordia. Lui che non solo “fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti”, ma che ha sacrificato il suo Figlio, il suo Figlio prediletto, per Giuda come per il buon ladrone, per tutti gli uomini. Commento (La Chiesa. it)
Per un confronto personale (Padri Carmelitani)
• Amare i nemici. Sono capace di amare i miei nemici?
• Contemplare in silenzio Gesù che, nell'ora della sua morte, amava il nemico che lo uccideva.

venerdì 26 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la I Settimana di Quaresima

Venerdì- Mt 5,20-26
«Avete inteso…, ma io vi dico…» Gesù si propone come una sconvolgente novità. Egli non viene ad abolire la legge, ma a darne compimento. Sicuramente non possiamo prendere a modello la «giustizia» farisàica, che si fonda sulla scrupolosa osservanza della legge nei suoi aspetti formali ed esteriori, ma non ne percepisce e pratica lo spirito. Gesù stimmatizza i loro comportamenti e arriva a definirli sepolcri imbiancati. La vera religiosità è animata dalla fede e dall'amore ed è tutta orientata alla gloria di Dio e all'assidua ricerca della sua santissima volontà. Gli stessi comandamenti di Dio possono essere deformati, sminuendo il loro vero significato e le implicazione morali che ne derivano. Si può uccidere il prossimo anche senza privarlo della vita fisica e perciò anche soltanto l'insulto deve essere ritenuto lesivo del precetto dell'amore e meritevole di condanna. Questo tipo di mancanza, assai frequente, se non adeguatamente riparato, rischia di invalidare anche i momenti migliori della nostra esperienza religiosa. Per cui se stiamo andando a portare la nostra offerta al Signore e la coscienza ci rimprovera un comportamento scorretto nei confronti del nostro prossimo o un risentimento da parte di qualche nostro fratello, nei nostri confronti, dobbiamo prima cercare la riconciliazione e poi tornare a portare il nostro dono. L'esempio che Gesù ci riferisce è facilmente applicabile alla partecipazione alle nostre liturgie ed in particolare a quella eucaristica. Talvolta non è sufficiente il rapido esame di coscienza che il celebrante c'invita a fare prima della celebrazione, per scoprire la nostra vera situazione nei confronti di Dio e del nostro prossimo. Non è sufficiente neanche lo scambio del segno della pace prima di accedere alla mensa eucaristica. Bisognerebbe ristabilire prima la pace piena e poi venire, veramente liberi, a godere della piena comunione con il Signore. Soltanto così siamo capaci di comprendere e vivere la vera giustizia, ciò che è giusto non secondo l'umana accezione, ma secondo il volere divino. Questo è il culto che dobbiamo a Dio, questo è il candore che deve adornare la nostra anima prima di entrare nel banchetto di Dio. C'è da temere che siano ancora molti i profanatori del tempio perché incapaci di perdono e di riconciliazione.(Monaci Benedettini Silvestrini)
Per un confronto personale (Padri carmelitani)
• Oggi sono molte le persone che gridano "Giustizia!". Che significato ha per me la giustizia evangelica?
• Come mi comporto davanti a quelli che non mi accettano come sono? Come si è comportato Gesù davanti quelli che non l'hanno accettato?

giovedì 25 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la I Settimana di Quaresima

Giovedì –Mt 7,7-12
Non è umiliante per noi qualificarci nei confronti di Dio come dei poveri mendicanti. Non possiamo fare a meno infatti di confrontare la sua onnipotenza con la nostra estrema povertà. Guidati dalla fede, lo riconosciamo come nostro creatore e Signore, come la fonte inesauribile di ogni bene e come norma sicura per ogni nostro comportamento. La nostra esperienza di credenti ci convince che egli è Padre e che ci ama di un amore senza limiti, reso visibile dalla persona di Cristo. La sua presenza tra noi, la sua passione, la sua morte e la sua risurrezione, hanno reso evidente la misericordia divina per noi. È da questi principi che traiamo i motivi della nostra fiducia e della nostra preghiera verso il buon Dio. Siamo certi che egli ci ascolta e si prende cura di ciascuno di noi con amore di Padre. Gesù viene a confermarci in questa nostra fede: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto». Vuole inculcarci innanzitutto la perseveranza nella preghiera e non farla diventare soltanto grida isolate in momenti di emergenza e di estremo bisogno. Dobbiamo pregare sempre, senza stancarci mai, nella consapevolezza che tutta la nostra vita può e deve diventare preghiera, sia quando sediamo comodamente nei banchi di chiesa, sia quando siamo intenti a svolgere le nostre diverse mansioni. Alla preghiera delle labbra e del cuore fa seguito quella delle nostre braccia, ancora protese verso Lui. Possiamo e dobbiamo chiedere «qualsiasi cosa» al Signore, ma non dobbiamo mai dimenticarci che egli, sapientemente vuole darci solo «cose buone», proprio come farebbe un buon padre terreno nei confronti dei propri figli. Nella preghiera ci deve perciò accompagnare costantemente un umile fiducia e un legittimo sospetto che forse non siamo sempre in grado di chiedere cose buone secondo la visione di Dio e di conseguenza, può capitare, e capita che la risposta di Dio alle nostre preghiere non coincida con le nostre richieste. Del resto il primo motivo della nostra preghiera è sempre quello che Gesù stesso ci ha suggerito nel Padre Nostro, che si compia cioè in noi la santissima volontà di Dio. Lo stesso Gesù nel dramma della sua agonia nel Getsèmani così invoca il Padre: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». Quel «come vuoi tu», riferito a Dio, dovrebbe risuonare fiduciosamente al termine di ogni nostra richiesta, anche la più urgente! (Monaci Benedettini Silvestrini)
Per un confronto personale (Padre Carmelitani)
• Chiedere, cercare, bussare alla porta: Come preghi e conversi tu con Dio?
• Come vivi la Regola d’Oro?

mercoledì 24 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la I Settimana di Quaresima

Mercoledì – Lc 11,29-32
Giona viene inviato a una nazione pagana e depravata per annunciare il giudizio di Dio su di essa. Secondo le vedute del profeta ciò equivaleva a decretarne la definitiva rovina, secondo i progetti di Dio, invece, vuole essere una mano tesa a promuoverne la conversione.Quanto le nostre vedute sono lontane dalle sue! Noi innalziamo steccati che mantengano le distanze tra "noi" e "loro". Basta poco: nazionalità e religioni diverse, ideologie contrapposte, modi di vedere e di fare che non condividiamo… Tutto può essere causa di penose rotture.Per Dio, invece, non esistono "figli" e "figliastri". Di tutti si prende cura con lo stesso immenso amore.Se qualcuno viene scelto e chiamato a una maggiore vicinanza con lui, non è per un privilegio ma per una missione particolare da compiere. Proprio come avviene per Giona, il profeta di YHWH, inviato a Ninive, in un momento particolarmente grave per il dilagare del male che rischia di travolgere la città. "Va' e annuncia", si sente dire da Dio. "Va' e annuncia" non al popolo eletto, ma a quei pagani disprezzati e allontanati dagli ebrei, a quel popolo di peccatori."Va' e annuncia", dice a noi, cristiani di oggi. Va' da chi sembra rifiutare ogni legge morale, rigettare ogni freno alle proprie passioni sregolate. Va' in mezzo a tanto disorientamento e "annuncia".No, non possiamo tenere per noi la luce che ci è donata, non possiamo ignorare l'appello che si leva dalle tenebre che ci avvolgono. Non sta a noi giudicare e condannare, ma sta a noi proporre uno stile di vita più consono alla nostra dignità di figli di Dio. Eremo S. Biagio
Per un confronto personale
• Quaresima, tempo di conversione. Cosa deve cambiare nell'immagine che ho di Dio? Sono come Giona o come Gesù?
• Su che cosa si basa la mia fede? Sui segni o sulla parola di Gesù?

martedì 23 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la I Settimana di Quaresima

Martedì – Mt 6,7-15
Ecco una delle dimensioni fondamentali di questo periodo di preparazione alla Settimana Santa e alla Pasqua, e di ogni impegno serio di crescita spirituale: la preghiera. San Benedetto diceva: la preghiera è L’Opus Dei, l’opera per eccellenza di Dio. Sant’Agostino: la preghiera è l’incontro della sete di Dio con la nostra sete. Dio ha sete che noi abbiamo sete di lui. Santa Teresa di Gesù Bambino diceva che la preghiera è uno slancio del cuore, un semplice sguardo gettato verso il cielo, un grido di gratitudine e di amore nella prova come nella gioia. Nel vangelo di oggi il Signore ci offre la preghiera più bella. Lui, il Maestro, ci insegna la preghiera. Ci dice: pregate così: Padre nostro… Ma ci insegna anche che non è il numero delle nostre parole che farà sì che Dio ci ascolti, ma la disponibilità e l’apertura alla sua volontà e all’amore vicendevole, che si concretizza anche nel perdono. La preghiera è la via sicura che ci aiuta, per la grazia di Dio, a liberarci dai peccati: dall’egoismo, dall’ingiustizia, dall’orgoglio, dalla superbia, e a seguire la via giusta nell’accogliere il prossimo, di vivere e di pregare con Cristo e con gli altri. Con la preghiera il cristiano conferma la virtù della fede che è dono di Dio. Essa ci spalanca le porte del cuore di Dio per celebrare degnamente i santi misteri e di ricevere il perdono del Padre. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, è l’unico momento, il momento per eccellenza per chiedere a Dio una comunione intima e profonda. Il pane è anzitutto la Parola di Dio, la parola d’amore e che si è fatta carne per noi. Cristo, Pane del Padre, si è offerto gratuitamente per la remissione dei peccati. Il Cristo è il sacramento della riconciliazione e della nuova Alleanza. Il Padre nostro è una preghiera che ci invita alla comunione con Dio per mezzo di Gesù Cristo. La preghiera è allora un dialogo, dialogo d’amore con un Padre buono che ci ascolta, è la scoperta e l’approfondimento del fatto di essere amati d’un amore infinito: “Ti ho amato di amore eterno”. Chi prega comincia pian piano a sperimentare questo amore e viene riempito da una grande fiducia verso il Padre. E man mano prega tanto più si fida… È per questo che il salmista oggi ci fa cantare: “Ho cercato il Signore e mi ha risposto e da ogni timore mi ha liberato”. Chiediamo oggi perché possiamo capire sempre più che la preghiera è l’alimento che ci sostiene nel nostro cammino e la luce che ci guida sulla strada verso Lui. (Monaci Benedettini Silvestrini)
Per un confronto personale• La preghiera di Gesù dice "perdona i nostri debiti". In alcuni paesi si traduce "perdona le nostre offese". Cosa è più facile: perdonare le offese o perdonare i debiti?• Le nazioni cristiane dell'emisfero nord (Europa e USA) pregano tutti i giorni: "Perdona i nostri debiti come noi li perdoniamo ai nostri debitori". Ma loro non perdonano il debito esterno dei paesi poveri del Terzo Mondo. Come spiegare questa terribile contraddizione, fonte di impoverimento di milioni di persone? (Padri Carmelitani)

lunedì 22 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la I Settimana di Quaresima

Lunedì - CATTEDRA DI SAN PIETRO APOSTOLO - Mt 16,13-19
La liturgia della festa di oggi ci invita a celebrare contemporaneamente la fede di Pietro, la sua confessione della divinità di Cristo, il mandato che lo stesso Signore gli ha affidato di essere il nocchiero della nave della chiesa e la continuità di quel mandato nella persona dei suoi successori. È quindi una festa che coinvolge tutta la chiesa, il capo che è Cristo, colui che lo rappresenta in terra, il romano pontefice, e tutte le membra della sua Chiesa. Le chiavi del regno, affidate a Pietro, ora sono diventate sacramento universale di salvezza per tutto il genere umano. Cristo è il capo, la fede e la testimonianza del primo degli apostoli, la sua triplice dichiarazione di amore, gli offrono l’occasione di dichiarare una esplicita volontà divina per quella scelta, per quella missione e per quella responsabilità. «Voi chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Così l’umile pescatore della Galilea diventava, per volontà divina, il principe degli apostoli. Così, annesso al mandato, veniva dichiarata una inviolabilità della Chiesa, fondata sulla roccia, che è Cristo e su Pietro, confermato nella fede. Ci ha voluto dare anche una garanzia di vittoria «sulle porte degli inferi», sul male e sui nemici della Chiesa. Da quella Cattedra, segno episcopale, dove siede il Vicario di Cristo, attendiamo la verità della dottrina e una guida sicura. Monaci Benedettini Silvestrini
Per un confronto personale ( P. Carmelitani)
• Quali sono le opinioni che ci sono nella nostra comunità su Gesù? Queste differenze nel modo di vivere e di esprimere la fede arricchiscono la comunità o ne rendono difficile il cammino e la comunione? Perché?
• Chi è Gesù per me? Chi sono io per Gesù?

I Settimana di Quaresima

Lunedì - CATTEDRA DI SAN PIETRO APOSTOLO - Mt 16,13-19
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».ù

Martedì – Mt 6,7-15
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.Voi dunque pregate così:Padre nostro che sei nei cieli,sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,sia fatta la tua volontà,come in cielo così in terra.Dacci oggi il nostro pane quotidiano,e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male.Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».

Mercoledì – Lc 11,29-32
In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

Giovedì –Mt 7,7-12
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono!Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti».

Venerdì- Mt 5,20-26
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinèdrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».

Sabato - Mt 5,43-48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

domenica 21 febbraio 2010

I Domenica di Quaresima

I Domenica di Quaresima
Gesù fu guidato dallo Spirito nel deserto e tentato dal diavolo.
In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato. Lc 4,1-13

Omelia
dei
Monaci Benedettini Silvestrini

All’inizio della sua missione pubblica Gesù è tentato dal diavolo, ma egli pregando e digiunando nel deserto per quaranta giorni riesce a resistergli. L’episodio di Gesù, pieno di Spirito Santo, evidenzia la sua opera messianica di vera salvezza, salvezza non legata a prospettive terrene.Nel brano, però, leggiamo un insegnamento universale che va oltre i confini del tempo. E’ il messaggio particolare che la Chiesa ci vuol offrire, in questa prima domenica di quaresima. Tutti noi siamo sempre e continuamente tentati dalle attrattive di questo mondo e dagli ideali che, poi risultano essere non conformi alla nostra reale natura umana. L’appagamento di desideri volubili, non fa altro che sminuire la nostra vera dignità di esseri umani. Dove poniamo il fine della nostra esistenza? Nelle cose materiali? Nel Potere? Nei nostri desideri carnali? In questo caso le tentazioni produrranno in noi effetti devastanti di cui ci pentiremo subito. La conversione alla quale c’invita la Chiesa in questo periodo di quaresima deve farci riflettere sui nostri fini ultimi.I beni materiali sono da considerare, allora strumenti per fini non solo terreni. Le responsabilità che la vita ci affiderà saranno manifestazione di un servizio di carità verso gli altri. I nostri desideri intimi poi devono essere sempre rispondenti alle nostre reali esigenze umane e da verificare anche nei nostri rapporti interpersonali con il rispetto della dignità altrui. Sappiamo sfruttare, quindi questo periodo di conversione con la preghiera e la mortificazione. Nel doveroso impegno dei nostri impegni familiari e civili cerchiamo di trovare il giusto clima allontanando per un attimo tutto quello che ci può distrarre dalle cose divine. Quello che potrà sembrare un periodo di penitenza potrà essere invece una vera scoperta di valori autenticamente cristiani ed umani, attenti ai bisogni nostri ed altrui da praticare nella carità. Piccole rinunce porteranno, quindi, immensi doni e benefici!

sabato 20 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la VI Settimana del Tempo Ordinario

Sabato – dopo le ceneri - Lc 5,27-32
Non si può digiunare quando lo sposo è con noi, abbiamo sentito ieri. La sua presenza, il suo intervento nella vita di Levi, un pubblicano disprezzato da tutti, ha significato la sua conversione. Il banchetto organizzato per il Signore nella sua casa è un momento di festa e di doverosa gratitudine. Gesù è intervenuto come medico a sanare una vita e s’intravede già in tutto ciò un preannuncio della Pasqua, un annuncio del suo sacrificio sulla croce e contemporaneamente la gioia della risurrezione dal peccato per un povero pubblicano. Levi è un vero risorto, perché strappato dalla schiavitù del peccato e rinato a vita nuova. Vengono così infrante le barriere che i scribi e i farisei, chiusi nel loro falso puritanismo, avevano eretto verso il mondo degli impuri e dei peccatori. Gesù invece viene a convincerci che la sua missione privilegia proprio i malati e i peccatori, tutti noi che in questo periodo di confronto e di conversione veniamo a scoprire, con più evidenza, le nostre umane debolezze, che ci abbatterebbero se la speranza della redenzione e del perdono si spegnesse in noi. Ci convinciamo ulteriormente che, pur venendo dalla triste esperienza del peccato, stiamo per sperimentare ancora in noi i frutti della redenzione e vediamo ravvivata la fede, la certezza di una vita nuova in Cristo. Possiamo già approntare i primi preparativi per il banchetto e per le festa, ci separano solo quaranta giorni dalla Pasqua. Anche in padre misericordioso, al ritorno del figlio perduto, gli corse incontro, lo baciò e, dopo averlo rivestito degli abiti migliori, fece preparare per lui un grande banchetto. Monaci Benedettini Silvestrini

venerdì 19 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la VI Settimana del Tempo Ordinario

Venerdì – dopo le ceneri- Mt 9,14-15
Il digiuno è una pratica religiosa antica, che con scopi e modalità diverse, tende sempre a mortificare i sensi dell'uomo per affinare lo spirito e renderlo più pronto ad immergersi nel soprannaturale. Lo praticavano anche i discepoli di Giovanni Battista e dei farisei. Non facevano altrettanto quelli di Cristo e ciò suscita ancora una volta le critiche dei soliti nemici di Cristo, sempre pronti a spiare ogni eventuale irregolarità secondo il loro ottuso metro di giudizio. Sono però gli stessi discepoli di Giovanni a porre l'interrogativo: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». È illuminante la risposta di Gesù: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno». Gesù è lo sposo, egli, con la sua venuta tra noi, ha celebrato le nozze solenni con la nostra umanità incarnandosi e divenendo uno di noi. Egli è l'Emmanuele, il Dio-con-noi. Non ci può essere motivo di gioia più grande, perché in quelle nozze è già racchiusa la nostra redenzione, il nostro festoso ritorno alla casa paterna, l'abbraccio affettuoso del Padre celeste al figlio ritrovato. È vero che il culmine della festa avverrà in un mattino radioso di Pasqua con la gloriosa risurrezione di Cristo, ma è lecito dire che già la sua nascita e la sua presenza tra noi ci autorizzano a gioire ed esultare. Lo fanno anche gli angeli di Dio alla sua nascita, intonando l'inno del Gloria. Con due esempi illuminanti lo stesso Signore ci fa comprendere il totale rinnovamento che egli sta operando a nostro favore. In lui si sta realizzando, quasi alla lettera, una profezia antica, proferita da Isaia: «Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti. Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto; la condizione disonorevole del suo popolo farà scomparire da tutto il paese, poiché il Signore ha parlato». Quando poi lo sposo ci sarà tolto per la violenza della crudele passione e morte e a causa del peccato, allora sì, avremo giorni e motivi di lutto, di pianto e di digiuno. È il digiuno che ancora la chiesa ci propone quando l'attesa dello sposo ci pone in atteggiamento penitenziale e di interiore rinnovamento (Monaci Benedettini Silvestrini)
Per un confronto personale
• Qual è la forma di digiuno che pratichi? E se non ne pratichi nessuna, qual è la forma che potresti praticare?
• Il digiuno, come può aiutarmi a prepararmi meglio per la festa della pasqua?

giovedì 18 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la VI Settimana del Tempo Ordinario

Giovedì – dopo le ceneri- Lc 9,22-25
L'apostolo Pietro, alla domanda di Gesù «voi chi dite che io sia» ha risposto, illuminato dallo Spirito, «il Cristo di Dio». Proprio da questa certezza e dai fatti che ogni giorno cadevano sotto gli occhi di tutti, aveva tratto l'idea, che il suo Maestro dovesse godere di una specie di invulnerabilità. È quindi facilmente immaginabile il suo sgomento, la profonda delusione nel sentir dire dalla sua bocca che dovrà molto soffrire, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, essere messo a morte e risorgere il terzo giorno. È indubbiamente un messaggio paradossale. Cominciano ad apparire in tutta la loro drammaticità da una parte la passione di Cristo e dall'altra lo scandalo per l'incapacità di comprendere l'arcano disegno divino. Dobbiamo ammettere che senza il dono della fede, il pensiero umano non può mai e poi mai giungere a condividere, secondo la migliore logica, questo progetto, pensato e voluto da Dio stesso. Un progetto che totalmente ci coinvolge, perché lo stesso Cristo, rivolgendosi a tutti coloro che vogliono e vorranno seguirlo, aggiunge: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua». Quindi, senza mezzi termini ci viene detto che non solo il Figlio di Dio dovrà portare la croce, ma sarà il retaggio di tutti gli uomini. Per nostra fortuna ora sappiamo, nella certezza della fede, dove quella sequela ci conduce. Siamo certi che la nostra non è una atroce ed assurda condanna, ma la via segnata dal divino Redentore, per giungere alla pienezza della vita nella gioia della risurrezione. In questo contesto non ci appare più tanto strana la solenne affermazione con cui si conclude il vangelo odierno: «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?». Vengono messi in gioco i grandi e definitivi valori della vita e, nel contempo ci vengono offerti i criteri migliori per operare la scelte migliori alla luce della divina sapienza. Guadagnare la vita significa allora avere il coraggio di perderla in questo mondo, di accettare tanti apparenti sconfitte, fino a quella della morte, pur di conservare il valore supremo della risurrezione e della beatitudine eterna. Questa è la grande rivoluzione che Cristo ha portato nel nostro mondo. Egli è venuto a stravolgere la nostra povera ed inquinata logica umana, per far irrompere il suo spirito nuovo e la vera sapienza. L'immortalità e la pienezza della felicità solo per questa via possiamo raggiungerla e Cristo si è fatto nostro garante affinché nessuno manchi l'obbiettivo e nessuno si perda.

mercoledì 17 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la VI Settimana del Tempo Ordinario Mercoledì delle Ceneri

Mercoledì - Mercoledì delle Ceneri – Mt 6,1-6.16-18
Il discorso riprende l'enunciato di 5,20; "Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli". Il termine giustizia (sedaqah) è usato nella Bibbia per sintetizzare i rapporti dell'uomo con Dio, la pietà, la religiosità, la fede.I rapporti con Dio, nostro Padre, devono essere improntati alla fiducia, alla confidenza e soprattutto alla sincerità.L'autentica giustizia non ha come punto di riferimento gli uomini, ma va esercitata davanti al Padre che è nei cieli. Farsi notare dagli uomini è perdere ogni ricompensa presso il Padre.Matteo sottolinea la vanità di un gesto puramente umano: gli ipocriti, che cercano l'approvazione, hanno già ricevuto la loro ricompensa.L'ipocrisia consiste nel fatto che un'azione, che ha Dio come destinatario, viene deviata dal suo termine. L'elemosina, la preghiera e il digiuno devono essere fatti per il Padre che vede nel segreto.Queste azioni fatte "nel segreto" non significano necessariamente azioni segrete: indicano ogni azione, anche pubblica, fatta per il Padre e non per essere visti dagli uomini. E' l'intenzione profonda che conta perché la ricompensa si situa a questo livello: la ricompensa è l'autenticità del rapporto con il Padre.Il cristiano deve fare l'elemosina in modo da salvaguardare la rettitudine dell'aiuto prestato al fratello per amore del Padre.La strumentalizzazione della preghiera è la deformazione più inspiegabile della pietà, perché mette a proprio servizio anche ciò che è essenzialmente di Dio.Gesù nel suo intervento non si propone di modificare il rituale della preghiera giudaica, solo suggerisce un modo più retto di compierla, evitando l'ostentazione, il formalismo, l'ipocrisia. Gli stessi rabbini insegnavano: "Colui che fa della preghiera un dovere, che ritorna a ora fissa, non prega con il cuore".Il richiamo di Gesù è sulla stessa linea della tradizione profetica e sapienziale e trova conferma nei suoi successivi insegnamenti e più ancora nella sua vita.Il digiuno è un'altra importante pratica della vecchia e della nuova "giustizia". Esso è un atto penitenziale che completa e aiuta la preghiera.Gesù, come i profeti, non condanna il digiuno, ma il modo nel quale era fatto. Invece di esprimere la propria umiliazione, esso diventava una manifestazione di orgoglio.Il digiuno cristiano, come l'elemosina e la preghiera, deve essere compiuto di nascosto. Il cristiano non deve fare ostentazione della sua penitenza; deve anzi nasconderla con un atteggiamento gioioso.Il digiuno, come ogni altra sofferenza, è una fonte di gioia perché ottiene un maggior avvicinamento a Dio. L'invito di Gesù ad assumere un atteggiamento giulivo invece che tetro, sottolinea il significato definitivo della penitenza cristiana: poter soffrire è una grazia (cfr 1Pt 2,19).
padre Lino Pedron

martedì 16 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la VI Settimana del Tempo Ordinario

Martedì - Mc 8,14-21
Gesù mette in guardia i suoi discepoli da un pericolo incombente: quello di venire assimilati al modo di essere e di pensare dei farisei, che rappresentano gli intellettuali religiosissimi di quel tempo, e quel modo di essere e di pensare che era proprio dei pagani, di cui qui viene citato Erode.Il lievito è quella sostanza che, anche in piccola quantità, fa fermentare una massa di farina in cui viene posta.Gesù vuol dunque illuminare i suoi evidenziando la negatività di un subdolo modo di essere che è tutto invischiato di preoccupazioni e interessi personali e di un materialismo senz'anima, tipico dei pagani.Ma quel che stupisce è l'assoluto disattendere le sue parole, tutti presi dalla preoccupazione di non avere di che mangiare. Trapela, dalle parole che seguono, tutta l'accorata delusione di Gesù. "Ma come, ancora non capite? Avete il cuore indurito?"In fondo è proprio quel che capita spesso anche a noi. Ci abituiamo al suo "spezzare il pane di vita" nell'Eucaristia e non facciamo caso alle sue parole, cioè non le accogliamo nel cuore reso docile dallo Spirito e dunque propenso a metterle in pratica.Il lievito della mentalità mondana in cui è l'interesse del denaro, della roba, del prestigio a dettar legge: quello riesce a insinuarsi in noi e a farci dimenticare di quanti segni e interventi salvifici è fatta la nostra storia di continuo rinnovata e vivificata da Gesù.

Per un confronto personale
• Qual è oggi per noi il lievito dei farisei e di Erode? Cosa significa oggi per me avere un “cuore indurito”?
• Il lievito di Erode e dei farisei impedisce ai discepoli di capire la Buona Novella. Forse oggi la propaganda della televisione ci impedisce di capire la Buona Novella di Gesù?

lunedì 15 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la VI Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì- Mc 8,11-13
Il profondo respiro è sintomatico di qualcosa che fa soffrire Gesù. E quell'interrogativo che segue rende palese il motivo della sua disapprovazione.La gente spesso, oggi come ieri, vuole un segno dall'Alto. Vuol mettere alla prova Dio e pretende d'interpretarne il volere. Se succede questo, vuol dire che Dio punisce. Se succede quest'altro, è segno che Dio benedice. Se a quel tale è venuto "un malaccio" (cancro, per esempio) è segno che Dio lo castiga, perché ha commesso questo male e quest'altro. Se la fabbrica di quel tale funziona a meraviglia e produce fior di quattrini, è segno che Dio lo benedice. È una "lettura" molto banale e fuorviante del modo di rapportarsi di Dio con noi. Anzitutto se entriamo un po' nella conoscenza di lui come mistero, non ci sogniamo affatto di chiedere segni. Sappiamo una cosa: Dio è pura trascendenza, fuori, del tutto fuori e superiore infinitamente alle nostre categorie. La certezza però di fondo è questa: Dio è AMORE. Ce lo ha rivelato Lui, soprattutto con l'incarnazione la passione e la morte del Signore Gesù. È questo il vero segno. Di qui si evidenzia che è presuntuoso e stolto chiedere altri segni. Può darsi che Lui voglia darcene: quando e come crede. Ce lo farà capire. A noi il fidarci con pieno abbandono.
Per un confronto personale
• Dinanzi all’alternativa: avere fede in Gesù o chiedere un segno dal cielo, i farisei vollero un segno dal cielo. Non furono capaci di credere in Gesù. Avviene la stessa cosa con me. Cosa ho scelto io?
• Il lievito dei farisei impediva ai discepoli e alle discepole di percepire la presenza del Regno in Gesù. C’è in me qualche rimanenza di questo fermento dei farisei?

VI Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì- Mc 8,11-13
In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno». Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.

Martedì - Mc 8,14-21
In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane. Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».

Mercoledì - Mercoledì delle Ceneri – Mt 6,1-6.16-18
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

Giovedì – dopo le ceneri- Lc 9,22-25
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».

Venerdì – dopo le ceneri- Mt 9,14-15
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».

Sabato – dopo le ceneri - Lc 5,27-32
In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».

domenica 14 febbraio 2010

VI Domenica del Tempo Ordinario

V I Domenica del Tempo Ordinario
In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un
luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e
gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e
dal litorale di Tiro e di Sidòne. Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri,perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame,perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando
vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno
il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo.
Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la
vostra ricompensa è grande nel cielo.
Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi,perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo
stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
Lc 6,17.20-26


Omelia
Di
padre Ermes Ronchi
La nostra felicità è nel progetto di Dio

Davanti al Vangelo del­le beatitudini provo ogni volta la paura di rovinarlo con le mie parole: so di non averlo ancora ca­pito, continua a stupirmi e a sfuggirmi. «Sono le parole più alte del pensiero umano» (Gandhi), parole di cui non vedi il fondo. Ti fanno pen­soso e disarmato, riaccen­dono la nostalgia prepoten­te di un mondo fatto di bontà, di sincerità, di giusti­zia. Le sentiamo difficili ep­pure amiche: perché non stabiliscono nuovi coman­damenti, sono invece la bel­la notizia che Dio regala gioia a chi produce amore, che se uno si fa carico della felicità di qualcuno il Padre si fa ca­rico della sua felicità.Beati: parola che mi assicura che il senso della vita è nel suo intimo, nel suo nucleo ulti­mo, ricerca di felicità; la feli­cità è nel progetto di Dio; Ge­sù ha moltiplicato la capacità di star bene!Beati voi, poveri! Non beata la povertà, ma le persone: i poveri senza aggettivi, tutti quelli che l'ingiustizia del mondo condanna alla soffe­renza.La parola «povero» contiene ogni uomo. Povero sono io quando ho bisogno d'altri per vivere, non basto a me stesso, mi affido, chiedo perdono, vi­vo perché accolto. Ci saremmo aspettati: bea­ti perché ci sarà un capo­volgimento, perché diven­terete ricchi. No. Il proget­to di Dio è più profondo e più delicato.Beati voi, poveri, perché vo­stro è il Regno, già adesso, non nell'altro mondo! Beati, perché è con voi che Dio cambierà la storia, non con i potenti. Avete il cuore al di là delle cose: c'è più Dio in voi, siete come anfore che posso­no contenere pezzi di cielo e di futuro.Beati voi che piangete. Bea­ti non perché Dio ama il do­lore, ma perché è con voi contro il dolore; è più vicino a chi ha il cuore ferito. Un an­gelo misterioso annuncia a chi piange: il Signore è con te, è nel riflesso più profon­do delle tue lacrime, per moltiplicare il coraggio, per farsi argine al pianto, forza della tua forza.Dio naviga in un fiume di la­crime (Turoldo): non ti salva dalle lacrime, ma nelle lacri­me; non ti protegge dal pian­to, ma dentro il pianto. Per farti navigare avanti.Guai a voi ricchi: state sba­gliando strada. Il mondo non sarà reso migliore da chi ac­cumula denaro; le cose sono tiranne, imprigionano il pen­siero e gli affetti (ho visto gen­te con case bellissime vivere solo per la casa) Diceva Ma­dre Teresa: ciò che non serve, pesa! E la felicità non viene dal possesso, ma dai volti.Se accogli le Beatitudini la loro logica ti cambia il cuo­re, sulla misura di quello di Dio. E possono cambiare il mondo.

sabato 13 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la V Settimana del Tempo Ordinario

Sabato - Mc 8,1-10
Gesù ha compassione della folla, vuole saziare la loro fame, la loro sordità. Vuole far comprendere ai discepoli e a tutti noi che lui solo è capace di sfamarci, di guarirci.La scena dipinta nel Vangelo di oggi è chiara: non si tratta però di un semplice miracolo di moltiplicazione. Gesù vuole imprimere nei cuori dei discepoli un insegnamento che comprenderanno pienamente solo dopo la risurrezione: anche loro devono provare compassione per la gente sofferente e continuare a fare come Gesù, nutrire la folla con il Pane, l'Eucaristia.L'evangelista Marco ci aiuta ad intuire parecchie cose circa questo mistero che sottostà all'episodio: la folla viene da lontano e segue Gesù già da tre giorni. I tre giorni si riferiscono alla morte/risurrezione di Gesù, momento della salvezza e della nascita della Chiesa. La folla che viene da lontano anticipa tutti coloro, noi inclusi, che si uniranno nella Chiesa intorno all'Eucaristia. le parole di Gesù sono proprio quelle dell'Ultima Cena: "prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero …".
Per un confronto personale
• Possiamo sempre incorrere in malintesi con amici e nemici. Qual è il malinteso tra Gesù e i discepoli in occasione della moltiplicazione dei pani? Come affronta Gesù questi malintesi? Nella tua casa, con i tuoi vicini o nella comunità, ci sono stati malintesi? Come hai reagito? La tua comunità ha avuto malintesi o conflitti con le autorità civili o ecclesiali? Com’è andata?
• Qual è il fermento che oggi impedisce la realizzazione del vangelo e che deve essere eliminato?

venerdì 12 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la V Settimana del Tempo Ordinario

Venerdì - Mc 7,31-37
"Apriti", forse la parola che esprime di più la missione di Gesù fra di noi. Egli si è incarnato per aprirci a Dio, per aprire le orecchie alla Parola, per aprire menti e cuori alla conversione, per aprire alla realtà di poterci accostare a Dio, vedere il suo Volto.L'incontro con il sordomuto nel Vangelo di oggi compendia tutto il mistero di Dio che vuole un rapporto con ogni persona: un Dio tenero, pieno di compassione, che si china a toccare, il Dio trascendente che desidera ‘respirare' dentro di noi la vita nuova.Il Dio invisibile si fa visibile in Gesù, Figlio di Dio; Egli è il Volto di Dio per noi: "Chi ha visto me, ha visto il Padre." (Gv 13,9) .Il sordomuto è ciascuno di noi quando siamo tentati a ignorare la Parola di Dio o a selezionare ciò che ci fa comodo, rischiando di perdere la vita che il Signore ha preparato per coloro che lo amano (1 Cor 2,9). Ci sfugge il perché profondo della nostra esistenza.

Per un confronto personale
• Gesù ha molta apertura verso le persone di un’altra razza, di un’altra religione e di altri costumi. Noi cristiani, oggi, abbiamo la stessa apertura? Io ho questa apertura?
• Definizione della Buona Novella: “Gesù fa il bene in tutto!” Sono Buona Novella per gli altri?

giovedì 11 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la V Settimana del Tempo Ordinario Beata M. Vergine di Lourdes

Giovedì – Beata Maria Vergine di Lourdes - Mc 7,24-30
Anche i cagnolini mangiano le bricioleIl Signore Gesù, nato nel tempo, situato in un ambito geografico limitato, sente pressante in se il mandato del Padre che lo sollecita ad annunciare la verità e la salvezza a tutto il mondo, spesso quindi egli vàlica quei confini, angusti rispetto alla sua missione. Egli è venuto non per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi. Sant'Ignazio di Antiochia lo definisce: «medico della carne e dello spirito». L'evangelista Marco oggi ci trasferisce con il Signore Gesù oltre i confini della Palestina e della Galilea, a Tiro e Sidone, in una regione Siro-fenicia, considerata dagli ebrei particolarmente maledetta perché da lì provenivano tutti i culti sacrileghi, che avevano inquinato il mondo ebraico. Niente come l'amore smuove la nostra fede: una mamma, proprio di quella regione, si prostra ai piedi di Gesù e umilmente e accoratamente l'implora di scacciare il demonio dalla sua figlia. S'intesse tra i due un dialogo: «Lascia prima che si sfamino i figli; non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Ma essa replicò: «Sì, Signore, ma anche i cagnolini sotto la tavola mangiano delle briciole dei figli». La preghiera di quella mamma si adorna di umiltà: la donna, non potendosi ritenere «figlia», perché proveniente ad un mondo pagano, si paragona ad un cagnolino sotto la tavola e allora, non le briciole le vengono date, ma la pienezza del dono: «Allora le disse: 'Per questa tua parola và, il demonio è uscito da tua figlia'». È per noi una lezione di fede, di preghiera autentica e di grande umiltà. È anche un invito a sperare oltre i limiti della ragione umana, anche quando sembra che Gesù voglia nascondersi o non ci annoveri tra i suoi figli, sapendo in chi speriamo, cosa speriamo e perché speriamo.

Per un confronto personale;
• Cosa fai tu concretamente per vivere in pace con persone delle altre chiese cristiane? Nel quartiere dove abiti, ci sono persone di altre religioni? Quali? Parli normalmente con persone di altre religioni?
• Qual è l’apertura che questo testo richiede da noi, oggi, nella famiglia e nella comunità?

mercoledì 10 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la V Settimana del Tempo Ordinario - Santa Scolastica

Mercoledì - Santa Scolastica - Mc 7,14-23
La vera purezza

Niente di ciò che è al di fuori di noi può garantirci la purezza interiore. Possiamo abbellirci con gli abiti migliori, nutrirci dei cibi più succulenti o fingere nei nostri comportamenti, ma il nostro animo, quello che veramente ci qualifica ed è chiaro agli occhi di Dio, rimane nella sua realtà. Gesù proclama queste verità affermando ancora una volta, rivolgendosi alle folle, ma parlando degli scribi e dei farisei, che: «Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo». Anche i latini affermavano, a mo' di proverbio, che "la bocca parla dall'abbondanza del cuore". Il Signore spiega ulteriormente agli Apostoli il significato della sua affermazione: «Siete anche voi così privi di intelletto? Non capite che tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può contaminarlo, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella fogna?». La conclusione immediata e più evidente è che Gesù dichiarava mondi tutti gli alimenti, ma c'è qualcosa di più importante da dedurre da suo discorso: è la pratica applicazione del comandamento che ci sollecita a non dire o testimoniare il falso, a vivere in noi la verità di Dio per essere suoi testimoni veri e credibili nella carità. C'è una condanna a tutto ciò che inquina il nostro animo, che ci induce alla falsità e all'errore, che tende a trarre in inganno noi stessi, il nostro prossimo e a stravolgere ciò che Dio stesso ci ha fatto conoscere nella rivelazione e noi sperimentiamo nel vivere di ogni giorno. «Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno». Gli inquinamenti da parole sono più pericolosi e più nocivi di quelli atmosferici; sarebbe urgente per noi indire una campagna ecologica di purificazione del linguaggio. Noi cristiani che ci ispiriamo a Cristo, la Verità incarnata, dovremmo essere di fulgido esempio, pur sapendo che l'affermazione della verità e il vivere nella purezza del cuore comporta sempre un alto prezzo da pagare: Cristo e i suoi martiri hanno pagato con la vita, noi...?

martedì 9 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la V Settimana del Tempo Ordinario

Martedì - Mc 7,1-13
• Il vangelo di oggi parla delle tradizioni religiose di quel tempo e dei farisei che insegnavano queste tradizioni alla gente. Per esempio, mangiare senza lavarsi le mani, come loro dicevano, mangiare con mani impure. Molte di queste tradizioni erano staccate dalla vita ed avevano perso il suo significato. Ma pur stando così le cose, erano tradizioni conservate e insegnate, o per paura o per superstizione. Il Vangelo presenta alcune istruzioni di Gesù rispetto a queste tradizioni.
• Marco 7,1-2: Controllo dei farisei e libertà dei discepoli. I farisei e alcuni scribi, venuti da Gerusalemme, osservavano come i discepoli di Gesù mangiavano il pane con mani impure. Qui ci sono tre punti che meritano di essere segnalati:a) Gli scribi erano di Gerusalemme, della capitale! Significa che erano venuti per osservare e controllare i passi di Gesù.b) I discepoli non si lavavano le mani prima di mangiare! Significa che il loro stare con Gesù li spinse ad avere il coraggio per trasgredire le norme che la tradizione imponeva alla gente, ma che non avevano più senso nella vita.c) Il fatto di lavarsi le mani, che ancora oggi continua ad essere una norma d’igiene importante, aveva assunto per loro un significato religioso che serviva per controllare e discriminare le persone.• Marco 7,3-4: La Tradizione degli Antichi.
“La Tradizione degli Antichi” trasmetteva le norme che dovevano essere osservate dalla gente per avere la purezza voluta dalla legge. L’osservanza della legge era un aspetto molto serio per la gente di quel tempo. Loro pensavano che una persona impura non potesse ricevere la benedizione promessa da Dio ad Abramo. Le norme sulla purezza erano insegnate per aprire il cammino fino a Dio, fonte di pace. In realtà, invece di essere fonte di pace, le norme costituivano una prigione, una schiavitù. Per i poveri, era praticamente impossibile osservare le centinaia di norme, di tradizioni e di leggi. Per questo erano considerati persone ignoranti e maledette che non conoscevano la legge (Gv 7,49).
• Marco 7,5: Scribi e farisei criticano il comportamento dei discepoli di Gesù. Gli scribi e i farisei chiedono a Gesù: Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi e mangiano il pane con mani impure? Loro pensano di aver interesse nel conoscere il perché del comportamento dei discepoli. In realtà, criticano Gesù perché permette ai discepoli di trasgredire le norme di purezza. I farisei formavano una specie di confraternita, la cui principale preoccupazione era osservare tutte le leggi della purezza. Gli scribi erano responsabili della dottrina. Insegnavano le leggi relative all’osservanza della purezza.
• Marco 7,6-13 Gesù critica l’incoerenza dei farisei. Gesù risponde citando Isaia: Questo popolo si avvicina a me solo a parole, mentre il suo cuore è lontano da me (cf. Is 29,13). Insistendo nelle norme di purezza, i farisei svuotavano del contenuto i comandamenti della legge di Dio. Gesù cita un esempio concreto. Dicevano: la persona che offre al Tempio i suoi beni, non può usare questi beni per aiutare i più bisognosi. Così, in nome della tradizione svuotavano del contenuto il quarto comandamento che dice di amare il padre e la madre. Queste persone sembrano molto osservanti, ma lo sono solamente all’esterno. Nel loro cuore, rimangono lontani da Dio! Come dice il canto: “Il suo nome è Gesù Cristo ed ha fame, e vive sui marciapiedi. E la gente quando passa davanti, a volte, non si ferma, perché teme di arrivare tardi in Chiesa!” Al tempo di Gesù, la gente, nella sua saggezza, non era d’accordo con tutto ciò che si insegnava. Sperava che, un giorno, il Messia venisse ad indicare un altro cammino per raggiungere la purezza. In Gesù questa speranza diventa realtà.
Per un confronto personale
• Conosci qualche tradizione religiosa di oggi che non ha molto senso, ma che continua ad essere insegnata?
• I farisei erano giudei praticanti, ma la loro fede era lontana dalla vita della gente. Per questo Gesù li critica. Ed oggi, Gesù ci criticherebbe? In cosa? (P. Carmelitani)

lunedì 8 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la V Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì - Mc 6,53-56
"Lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano".
Il Vangelo di oggi ci spinge a capire il significato più profondo di un contatto, di un vero incontro con Gesù.Gli apostoli che vivevano accanto a Lui, stentavano a conoscerlo nell'intimo; nemmeno la moltiplicazione del pane e il Suo andare verso di loro camminando sulle acque del lago, erano stati sufficienti ad aprire loro gli occhi sulla Sua persona. Erano rimasti sorpresi dal mistero degli avvenimenti senza essere mossi al di là dei fatti, là dove la fede invece mette a contatto con il Risorto, il Dio vivente.Al contrario, nell'episodio di oggi, le folle lo riconoscono. Prese dalle loro sofferenze e infermità, gli presentano la propria miseria, aspettando, quasi come bambini, che Egli faccia qualcosa; hanno intuito che Gesù può guarirli e "accorrendo da tutta quella regione cominciarono a portargli sui lettucci gli ammalati". Ciò che importa è un contatto personale con lui: "e quanti lo toccavano guarivano".Forse anche noi alle volte, ci troviamo in situazioni simili, cercando spiegazioni logiche umane, invece di allenare lo spirito al livello della fede!
Nella mia pausa contemplativa oggi, mi metto a contatto diretto con Gesù. Egli mi incontra nella mia personale situazione di vita, nella verità di ciò che sono. Allora mi lascio incontrare sostando alla Sua presenza.
Tu, O Gesù, fonte di grazia e di bellezza, vieni nel mio cuore. Tu mi conosci fino in fondo, sai la mia debolezza e il mio desiderio di essere guarito. Vieni! Signore mi fido di Te! ( Eremo San Biagio)
Per un confronto personale (P. Crmelitani)
• L’entusiasmo della gente di Gesù, alla ricerca di un senso per la vita e una soluzione per i loro mali. Dove esiste questo oggi? Esiste in voi, esiste in me?
• Ciò che attira è l’atteggiamento affettuoso di Gesù con i poveri e gli abbandonati. Ed io come mi comporto con le persone escluse della società?

V Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì - Mc 6,53-56
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono. Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse. E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.

Martedì - Mc 7,1-13
In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:“Questo popolo mi onora con le labbra,ma il suo cuore è lontano da me.Invano mi rendono culto,insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».

Mercoledì - Santa Scolastica - Mc 7,14-23
In quel tempo, Gesù, chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti. E diceva: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

Giovedì - Mc 7,24-30
In quel tempo, Gesù andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Ma lei gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». Allora le disse: «Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia». Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato.

Venerdì - Mc 7,31-37
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Sabato - Mc 8,1-10
In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette». Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli. Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò. Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.

domenica 7 febbraio 2010

V Domenica del Tempo Ordinario

Lasciarono tutto e lo seguirono.

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono. Lc 5,1-11
Omelia
Di
padre Ermes Ronchi
Ripartire dal poco per donare tutto
Tirate le barche a terra lasciarono tutto e lo seguirono. Senza neppure sapere dove sarebbero andati, dove li avrebbe condotti! Lasciano il lago e trovano il mondo. Tutto è cominciato con una notte buttata, le reti vuote, la fatica inutile. Un gruppetto di pescatori delusi, indifferenti alla folla eccitata e al Maestro. E Gesù entra con delicatezza nelle loro vite, prega Simone di staccarsi un po' dalla riva. Lo prega: notiamo la finezza del verbo scelto da Luca: «Simone, per favore, ti prego!». Gesù maestro di umanità ci insegna quali sono le parole che, nel momento difficile, trasmettono speranza ed energia: non l'imposizione o la critica, non il giudizio o l'ironia, neanche la compassione. Ma una preghiera che fa appello a quello che hai: per quanto poco; a quello che sai fare: per quanto poco! Pietro, hai una barca, hai delle reti: ripartiamo da questo. Prendi il largo e getta le reti per la pesca. E si riempiono. Dio riempie la vita, dà una profondità unica a tutto ciò che penso e faccio; riempie le reti di ciò che amo e la vita di futuro. Simone si spaventa: «Allontanati da me perché sono solo un peccatore!». Gesù sulle acque del lago ha una reazione bellissima. Non risponde: «Non è vero, non sei peccatore, non più degli altri», non giudica, non minimizza, neppure assolve. Pronuncia due parole: «Non temere. Tu sarai». Ed è il futuro che si apre, il futuro che conta più del presente e di tutto il passato. Non vale la pena parlare del peccato: il bene possibile domani vale più del male di ieri, e le reti piene oggi più di tutti i fallimenti di ieri. Non temere, anche la tua barca va bene! La tua zattera, il tuo guscio di noce, la tua vita va bene per fare qualcosa per gli uomini. Il peccato rimane, ma non può essere un alibi per chiudersi a Dio e al futuro. Gesù dà fiducia, conforta la vita ma poi la incalza, riempie le reti ma poi te le fa lasciare lì. Ti impedisce di accontentarti. Sarai pescatore di uomini. Vuol dire: cercherai uomini, li raccoglierai da quel fondo dove credono di vivere e non vivono; mostrerai loro che sono fatti per un altro respiro, un altro cielo, un'altra vita! E il miracolo del lago non consiste nelle barche riempite di pesci, non nelle barche abbandonate, il miracolo grande è Gesù che non si lascia impressionare dai miei difetti, non è deluso di me, ma mi affida il suo vangelo: seguimi, anche tu puoi fare qualcosa per gli uomini e per Dio.

sabato 6 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la IV Settimana del Tempo Ordinario - San Paolo Miki e compagni

Sabato - Mc 6,14-29
La fatica e il meritato riposo
Quello che oggi il vangelo ci narra è un bel momento di intimità, tra Gesù e gli Apostoli, reduci dalle loro fatiche missionarie. Hanno da raccontare le loro gioie e le loro delusioni, tutto ciò che hanno detto e fatto, ma ciò che appare più evidente agli occhi del loro maestro è la fatica e la stanchezza dei dodici. Le parole di Gesù hanno accenti materni e pieni di premura per loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po'». La calca della gente, l'andirivieni delle persone, l'anelito di annunciare e sanare per adempiere il mandato ricevuto dal Signore, i lunghi e ed estenuanti trasferimenti di villaggio in villaggio, spesso sotto il sole cocente, avevano davvero messo a dura prova la loro resistenza: «non avevano neanche il tempo di mangiare». È bello e consolante costatare che Gesù amorevolmente si accorga dei loro e dei nostri disagi, delle loro e nostre stanchezze fisiche e spirituali e ci chiami in disparte per consentirci di riposare. È il richiamo del giorno del Signore, la domenica, ma non solo. Molto spesso gli apostoli di oggi, nonostante le innumerevoli ed evidentissime testimonianze contrarie, vengono tacciati come nulla facenti. Solo chi lo vive può comprendere il duro ed indefesso lavoro spirituale e fisico di tanti ministri, spesso posti in situazioni di grande disagio. Non sempre ci si rende conto delle loro situazioni difficili a causa di una mentalità diffusa che ritiene che i preti siano solo da criticare e non da aiutare, definendoli inaccessibili e inossidabili. Le premure di Gesù verso gli apostoli ora sono spesso trasferite a persone buone, umili e silenziose, che come le pie donne del Vangelo, provvedono alle necessità dei ministri del Signore. C'è però un insegnamento ed un invito per tutti: per non lasciarsi sommergere dalle faccende del mondo e dalle sue frenesie, occorre ogni tanto, come si suol dire «staccare la spina» e cercare un luogo solitario, in disparte, fuori dal ritmo vertiginoso che rischia di travolgerci, per riposare un poco.
Per un confronto personale
• Gesù si preoccupa del uomo intero, anche del suo riposo. E noi come ci comportiamo con il nostro prossimo?
• Come fai tu quando vuoi insegnare agli altri qualcosa della tua fede e della tua religione? Imiti Gesù?

venerdì 5 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la IV Settimana del Tempo Ordinario - S, Agata

Venerdì - Sant'Agata – Mc 6,14-29
La verità decapitata!
Anche durante l'esperienza terrena di Gesù, molti chiacchierano di Lui, pochi lo conoscono e lo riconoscono veramente. Alcuni lo identificano con Giovanni Battista, altri, facendo riferimento alla scrittura sacra e alla tradizione, dicono che è Elia, tornato vivo dal carro di fuoco che l'aveva trasportato via dalla terra. Altri ancora, affermano, più vagamente, che Gesù è semplicemente un profeta. L'identificazione con il Battista offre all'evangelista Marco l'occasione per raccontare il martirio del precursore del Signore. La verità, che Dio scandisce per noi o che affida ai suoi ministri, è spesso come una spada a doppio taglio che penetra fino alle profondità dell'anima o come la forbice affilata del potatore, che recide i tralci secchi, staccati dalla vite e ormai destinati solo al fuoco. Qualcosa di simile deve essere capitato ad Erode e ad Erodìade, la sua compagna illegittima, quando Giovanni ripeteva: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello». È sempre rischioso muovere rimproveri ed accuse ai potenti. Sembra che per loro sia legittima la vendetta. Un po' di potere lo esercitano spesso così, specie se poi c'è una donna di mezzo che diventa istigatrice. Si attende solo l'occasione propizia, che nel nostro caso avviene in una festa che si trasforma poi in una specie di orgia. Una danza, l'ebbrezza, una promessa assurda, ma ritenuta vincolante, l'onore da difendere davanti ai commensali ed ecco che l'accusatore impertinente, Giovanni Battista, già in carcere, deve essere decapitato e messo a tacere per sempre. È evidente che la sensualità smodata degenera in crudele brutalità in chi non sa e non vuole trarre dagli ammonimenti divini motivo di ravvedimento: è così che Erode diventa tristemente l'emblema della peggiore corruzione e di tutti coloro che, nel tentativo assurdo e non riuscito di far tacere la coscienza, arrivano a sopprimere la voce di chi li rimprovera del male.
Per un confronto personale
• Conosci casi di persone morte vittima della corruzione e del dominio dei potenti? E conosci nella nostra comunità e nella nostra chiesa persone vittima dell’autoritarismo e di un eccesso di potere?
• Superstizione, vigliaccheria e corruzione distinguevano l’esercizio del potere da parte di Erode. Come si comportano quelli che oggi esercitano il loro potere su gli altri?

giovedì 4 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la IV Settimana del Tempo Ordinario

Giovedì- Mc 6,7-13
Gesù, per la prima volta, invia i suoi apostoli in missione di evangelizzazione. Egli vuole che essi facciano, sotto la sua direzione, l’esperienza di quella che sarà la loro vita di pescatori di uomini. Egli pensa che essi abbiano capito che ciò che egli ha condiviso con loro non è destinato solo a loro. L’insegnamento che essi hanno ricevuto non è per un piccolo gruppo di iniziati privilegiati. Un giorno essi dovranno “andare per tutto il mondo e predicare il vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15). Questa evangelizzazione deve sgorgare dall’abbondanza del cuore, dal bisogno di condividere le “ricchezze” che hanno ricevuto. Poiché essi non sono dei propagandisti, ma dei testimoni. Non sono degli stipendiati, ma dei volontari: “Ciò che avete ricevuto gratuitamente, datelo gratuitamente” (Mt 10,8). Ecco perché il Signore insiste sulla povertà: una sola tunica, un solo paio di sandali, il bastone del pellegrino. Essi devono essere accolti non a causa dei loro abiti eleganti, ma a causa della convinzione che mostrano le loro parole e la loro condotta. Quanto alla loro sussistenza, ci sarà sempre un credente in ogni città che vi provvederà. Uno solo è sufficiente, non bisogna andare ogni giorno in una casa diversa. Non cadano nella tentazione di essere ospiti d’onore ogni giorno in una casa. Ciò potrebbe distrarli dalla loro missione. Abbiamo sempre la tentazione di farci coccolare... E se nessuno ci ascolta, è molto semplice: bisogna scrollare la polvere dai sandali e ripartire, a digiuno, verso il prossimo villaggio. La nostra grande tentazione oggi nell’evangelizzazione è di puntare troppo sui mezzi piuttosto che sul contenuto, su una presentazione piacevole piuttosto che sulla convinzione interiore. Gesù non condanna i mezzi, ma ci ricorda che la fede, la generosità, la dimenticanza di sé, la convinzione personale dell’apostolo sono il canale attraverso il quale può penetrare nei cuori il messaggio di Dio. Commento “La Chiesa.it”
Per un confronto personale
• Partecipi nella missione di Gesù come discepolo?
• Qual è il punto più importante per noi oggi nella missione degli apostoli? Perché?

mercoledì 3 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la IV Settimana del Tempo Ordinario

Mercoledì - Mc 6,1-6
È con gioia che Gesù è ritornato a casa sua, nel suo villaggio. In quella sinagoga dove ha così spesso ascoltato commentare le Scritture, egli, a sua volta, le spiega. Lo fa con semplicità e profondità, con “autorità”. Ma coloro che lo ascoltano sono sbalorditi. Non capiscono come il bambino, il giovane uomo, l’operaio che hanno conosciuto durante gli anni della vita comune, possa essere un profeta. È uno di loro, dunque non è possibile. Gesù “si stupisce” della loro mancanza di fede e non può compiere miracoli. Vi è nell’essere umano, colpito dal peccato, una strana cecità e, nello stesso tempo, una forte tendenza alla gelosia, spesso camuffata in zelo per la giustizia e in ricerca dell’uguaglianza. Noi accettiamo la diversità con difficoltà. Il diverso, soprattutto se ci è vicino, ci fa paura. Quando è lontano, viene accettato. Colui che ci assomiglia ed è nostro vicino non può essere migliore di noi. La nostra epoca vive di astrazioni e di dichiarazioni formali che tranquillizzano la coscienza: i diritti dell’uomo, l’uguaglianza per tutti, la giustizia per gli oppressi, la negazione solenne di ogni razzismo... Perché, allora, le esplosioni di razzismo, di odio, di violenza, che scaturiscono dove e quando meno ci si aspetterebbe? Perché vi è in ogni cuore un razzista potenziale. Le belle dichiarazioni che escono dalle nostre labbra, che traducono le nostre convinzioni intellettuali nascondono sempre qualche eccezione concreta nel nostro cuore. Amiamo tutti, certamente; rispettiamo tutti, certamente... tranne due, tre o quattro eccezioni molto vicine a noi che non “meritano” la nostra simpatia. Queste eccezioni sono la bomba a scoppio ritardato che rischia un giorno di far saltare le nostre convinzioni così mobili. Ecco perché il Signore non ha mai detto: “Amate tutti”. Egli ha detto: “Ama il tuo prossimo”. Cioè il tuo vicino, chi è di fianco a te, chi incroci per la strada, chi incontri in metropolitana... Colui che ti sembra diverso, colui che non pensa come te, colui che ti dà fastidio... Riconosciamo umilmente che il nostro cuore ha tendenza a fare delle discriminazioni, e lottiamo contro l’apartheid che lo tenta. Quando noi amiamo uno dopo l’altro, uno a uno, coloro che ci sono vicini, il nostro cuore si dilata e prende a poco a poco le dimensioni del mondo. Commento La Chiesa. it

martedì 2 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la IV Settimana del Tempo Ordinario PRESENTAZIONE DEL SIGNORE

Martedì - Lc 2,22-40 - PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
Dono che salda le fratture tra l'uomo e DioPortarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore. Le braccia di Simeone sollevano verso l'alto il figlio di Dio e il primogenito del mondo. Offrono l'agnello offerto da Dio. E il dono salda le antiche fratture tra uomo e Dio. Che dice: Ricevimi, donami, donandomi mi riceverai di nuovo (Rig Veda). Simeone sapeva che non sarebbe morto senza prima aver visto il Messia. Queste parole sono scritte anche per me, conservate nella Bibbia dallo Spirito perché io le portassi in cuore. Io non morirà prima di aver visto il Signore. Lo Spirito che ha acceso questo desiderio, seminerà occhi nuovi che sappiano vedere la luce che sorge, la vita consolata. E la luce potrà giungere anche alla fine, come per un Simeone che non ha più futuro, quando sembra che il tempo sia già scaduto, consumato senza portare a nulla. Io non morirò senza aver visto l'offensiva di Dio, salvezza che germina, angeli senza ali che annunciano la meraviglia di Dio. Io lo vedrò, se sarò come Maria e Giuseppe che osservano la legge del Signore, e sono aperti alla profezia; si comportano secondo le regole e accolgono l'imprevisto, rassicurati dal rito e stupiti dal profeta. Dio si manifesta sempre in questi due modi, sempre alternando luce e ombra, annunci e dubbi, miracolo e quotidiano, profezia di gioia e di spada. Il Vangelo mostra due anziani che sanno aspettare. Orientati a Dio come girasoli alla luce, essi vedono ciò che altri non vedono: è iniziata l'offensiva di Dio, coinvolgerà il mondo. Simeone dice: i miei occhi hanno visto la salvezza di tutti. Ma quale salvezza ha visto in realtà? C'è solo un bambino, Verbo che non parla ancora e non è pronunciato (T. Eliot). Luce preparata per tutti, ha visto. Ma che luce emana questo piccolo figlio della terra, pur se ha occhi di cielo? Ha colto l'essenziale: la salvezza è una persona, luce incarnata di Dio, suo vangelo, suo regno, al tempo stesso luminoso e segreto. Nato perché io nasca. Ecco la consolazione di Israele: Gesù è il conforto che Dio offre a Israele, fine della notte e dell'assenza; ma Gesù è anche la consolazione che Israele dona a Dio, perché finalmente lo accoglie e lo stringe in un abbraccio. In quel Bambino che passa amorosamente di braccio in braccio, Israele consola il suo Signore, conforta la sua lunga attesa, salva il senso di un Dio da sempre in cerca dell'uomo. La salvezza per me è diventare Simeone, come lui prendere Gesù fra le mie braccia, tenerlo come cosa cara, vedere in lui ciò che altri non vedono, luce che si travasa di mano in mano. Allora anch'io potrò consolare il mio Signore e la mia porzione di mondo, anch'io non morirò senza aver prima goduto la luce del suo volto. P. Ermes Ronchi

lunedì 1 febbraio 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la IV Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì – Mc 5,1-20
Gesù e gli spiriti immondi
L'episodio di Gesù che la liturgia odierna ci presenta, sembra avere dell'incredibile. È narrato in modo concitato e descrive una scena con una tensione che raramente cogliamo negli avvenimenti nei quali è protagonista Gesù. L'episodio di oggi si svolge in territorio pagano, nella Decapoli. È il territorio dove si adorano vari idoli. Qui Gesù incontra prima un uomo indemoniato. La sua possessione lo aveva relegato a vivere tra i sepolcri, in assoluto abbandono civile e morale. Gesù lo libera e gli restituisce una nuova dignità, una nuova possibilità di vita. La reazione scandalizzata dei suoi concittadini può essere spunto di riflessione per noi. Gesù, in questo episodio ha guardato all'essenziale ed al bene supremo che è la vita. Ha poi chiesto esplicitamente al miracolato di testimoniare agli altri l'amore e la misericordia di Dio. Per il nostro oggi, dovremo saperci chiedere, se nella nostra esistenza vi è una Decapoli, dove abbiamo costruito idoli ai quali sacrificare la nostra vita. Gli idoli del denaro, della sete di potere e del successo possono indurci ad un'esistenza che ci pone lontano dagli altri per vivere tra i sepolcri, simbolo dell'aridità dei nostri cuori. Gesù ci insegna, allora a saper riconoscere il vero valore in tutte le cose, per poter discernere serenamente quello di cui abbiamo veramente bisogno. Un motivo di preghiera per noi è proprio quello di chiedere di diventare anche noi testimoni sinceri dell'amore di Dio.

IV Settimana del Tempo Ordinario

Lunedì – Mc 5,1-20
Esci, spirito impuro, da quest’uomo
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro. Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese. C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare. I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio. Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.

Martedì - PRESENTAZIONE DEL SIGNORE - Lc 2,22-40
I miei occhi hanno visto la tua salvezza
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servovada in pace, secondo la tua parola,perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,preparata da te davanti a tutti i popoli:luce per rivelarti alle gentie gloria del tuo popolo, Israele».
Mercoledì - Mc 6,1-6Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria.
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

Giovedì- Mc 6,7-13
Prese a mandarli.
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Venerdì - Sant'Agata – Mc 6,14-29
Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto
In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!».Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

Sabato - Mc 6,14-29
Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto.
In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!».Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.