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La Vera Vite

Spirito Santo

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Corpus Domini

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Nel Corpo e nel Sangue di Gesù

Ciascun uomo possa "sentire e gustare" la presenza di Gesù e Maria, SS. Madre della Pentecoste, nella propria vita, in ogni attimo della propria giornata.



Nello Splendore della Resurrezione del Signore l'uomo trovi la sua vera dimensione e riesca ad esprimerla con Amore e Carità. Un abbraccio Michy


Maria SS. di Montevergine

Maria SS. di Montevergine
Maria SS. di Montevergine

Ti seguitò Signore - Mons.Mario Frisina

domenica 6 settembre 2009

XXIII Domenica del Tempo Ordinario

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».Mc 7,31-37

Omelia
di
padre Ermes Ronchi

Il racconto della guari­gione del sordomuto non è il semplice reso­conto di un miracolo, ben­sì un segno che contiene quello che il Signore Gesù vorrebbe operare in ogni suo discepolo, che ha un nodo in cuore, un nodo in gola; quello che vorrebbe realizzare con questa mia u­manità infantile e immatu­ra che non sa ascoltare e non sa dialogare.Che io sia uomo di ascolto, innanzitutto: «sordo» infat­ti ha la stessa radice di «as­surdo». Entra nell’assurdo chi non sa ascoltare Dio e gli altri, e lascia andare a vuoto tutte le parole. Esce dall’assurdo chi impara ad ascoltare.«E gli condussero un sordo­muto». Un uomo prigionie­ro del silenzio, una vita chiusa, accartocciata su se stessa come la sua lingua, un non-uomo.Gesù lo porta in disparte, per un dialogo fatto esclu­sivamente di sguardi: Io e te soli, dice Gesù all’uomo che non è ancora uomo. E sei così importante che ora le mie dita ti lavorano di nuo­vo, come un Creatore che plasmi da capo l’argilla di Adamo.Gesù inizia a comunicare così, senza parole, con il so­lo calore delle mani, con una carezza sugli orecchi, sulla bocca. Con quel volto fra le sue mani guarda in alto e sospira. E l’uomo co­mincia a guarire.Il mio volto fra le sue mani! E poi quel sospiro. Geme il Signore il suo dolore per il dolore del mondo, geme per tante vite che non ce la fan­no a sfuggire all’ombra del­l’assurdo, geme e fanno pia­ga in lui tutti i silenzi ostili della terra, tutte le relazioni spezzate...E infine ecco la parola che salva: «Effatà», «Apriti», ar­rivata così fino a noi, nella lingua di Gesù, viva ancora nel rito del Battesimo.Apriti, come si apre una porta all’ospite, una finestra al sole. Apriti come si apre uno scrigno prezioso o una prigione del cuore. Apriti come quando cede un argi­ne o una diga o si spalanca la pietra del sepolcro e la vi­ta dilaga. Non vivere chiuso, apriti alla Parola, al gemito e al giubilo del creato.«E comandò loro di non dir­lo a nessuno». Gesù aiuta senza condizioni. Per lui è più importante la gioia del sordomuto, che non la sua gratitudine; la sua felicità conta di più, e di lui infatti non sapremo più nulla, scomparso nel gorgo della vita ritrovata.Il Vangelo di Marco riferirà ancora solo due altri mira­coli, la guarigione di due ciechi. Per dire: prima è l’a­scolto poi viene la luce. Solo se hai accolto in te la parola di Dio vedrai bene, capi­rai la verità di ciò che vedi, il senso di ciò che accade.

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