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Nel Corpo e nel Sangue di Gesù

Ciascun uomo possa "sentire e gustare" la presenza di Gesù e Maria, SS. Madre della Pentecoste, nella propria vita, in ogni attimo della propria giornata.



Nello Splendore della Resurrezione del Signore l'uomo trovi la sua vera dimensione e riesca ad esprimerla con Amore e Carità. Un abbraccio Michy


Maria SS. di Montevergine

Maria SS. di Montevergine
Maria SS. di Montevergine

Ti seguitò Signore - Mons.Mario Frisina

venerdì 2 aprile 2010

Riflessioni....Risonanze....Scorriamo la Settimana Santa

VENERDI SANTO - PASSIONE DEL SIGNORE - Gv 18,1- 19,42

Il racconto della Passione di Gesù Cristo, costituisce, anche da punto di vista cronologico, il primo nucleo della predicazione apostolica, il punto fondamentale della proclamazione della fede della chiesa. Nella liturgia di oggi, la proclamazione della passione assume una importanza centrale: il valore della parola, come segno sacramentale della presenza attuale del Cristo, prende grande evidenza e polarizza a sé tutta la celebrazione di oggi. Sulla croce il Cristo realizza la suprema manifestazione del nome di Dio: Agapè. Il poema descrive la sofferenza Salvatrice e gloriosa del servo di Jahvè. Il suo dolore è un mistero. Quel dolore però rivela non il suo proprio peccato – egli è innocente – ma il peccato del popolo. Il servo accetta questa piano di Dio, consapevole che lo condurrà alla morte e ad una sepoltura. Cristo è il servo di Jahvè, è lui che si consegna alla morte per il popolo. La risurrezione costituisce la sua esaltazione.La chiesa oggi non celebra l’Eucaristia, ma invita i fedeli a rivivere nel silenzio adorante e nel modo più intenso possibile il mistero della morte di Cristo, la sua assurda condanna, l’atroce passione e la sua ignominiosa morte sul patibolo della Croce. E’ così che potremmo trarne la più logica ed impegnativa conclusione: noi, responsabili in prima persona di quella morte, con i nostri peccati, re e Dio immerso nell’amore! L’adorazione che poi segue nell’altare della riposizione assume per tutti le caratteristiche della doverosa riparazione e della migliore gratitudine. Le chiesa spoglie e disadorne ci aiutano ulteriormente a comprendere da una parte la gravità della tragedia che si sta consumando nel mondo e dall’altra l’attesa di un evento risolutivo che già intravediamo nella fede e nella speranza ed è il mattino di Pasqua.Lo vediamo come il servo: su di lui pesano le nostre colpe, ma dalla sua umiliazione viene il nostro riscatto. Dalle piaghe di Gesù sono risanati tutti gli uomini. Oggi è il giorno della immensa fiducia: Cristo ha conosciuto la sofferenza, da lui riceviamo misericordia e in lui troviamo grazia. E la imploriamo per tutti gli uomini nella preghiera universale. Oggi è il giorno della solenne adorazione della croce: lo strumento del patibolo è diventato il termine dell’adorazione da che vi fu appeso il Salvatore del mondo. Siamo sempre sotto la croce. Non c’è momento, non c’è situazione dove non entri la croce a liberare e a salvare. Infatti essa si manifesta in noi ogni giorno, se siamo discepoli fedeli del Signore. Non chiediamogli tanto di discendere dalla croce, quanto di avere la forza di restarci con lui, nella speranza della risurrezione.
Silenti nell’attesa.La chiesa oggi ci conduce ai piedi della croce. Assume e realizza il mandato di predicare al mondo Cristo, e Cristo crocifisso. L’umanità intera è invitata a prostrarsi, ad adorare il mistero, a comprendere, per quanto ci è dato dalla fede, l’immensità del dono e tutta la gravità del male.
Siamo invitati a vedere con umana e divina sapienza la croce di Cristo, ma anche le nostre croci: oggi il confronto è urgente se non vogliamo restare schiacciati dai nostri pesi. Abbiamo bisogno di illuminare di luce divina le vicende più tristi della nostra umana esistenza. Sorbire la luce della croce significa dare un senso, scoprire le finalità arcane e rivelate della sofferenza che ci accompagna, significa andare oltre le umane considerazioni che sappiamo fare con la nostra limitata intelligenza sul dolore, sul dolore dell’innocente, sulle vittime dei giudizi e dei pregiudizi umani. Dobbiamo confrontare e sovrapporre le nostre croci a quelle di Cristo per scoprire che anche il dolore, la passione, la stessa morte può diventare fonte di vita e germe di immortalità e di risurrezione. Quella croce piantata sul monte è conficcata anche nella nostra carne, nel nostro cuore; prima di essere di Cristo è nostra quella croce, ma ora è diventata l’albero fecondo della vita. Privi di questa luce e di questo salutare confronto s’intristisce il nostro mondo, bruciano le foreste e si rimboschiscono di croci; il dolore riassume tutta la sua cruda ed assurda realtà, i crocifissi restano perennemente appesi a quelle croci, i crociati senza speranza restano chiusi nella morsa della morte, il mondo diventa un triste cimitero. Adorare la croce di Cristo vuol dire allora far rinascere la speranza, convincersi che il peso maggiore è già stato assunto volontariamente dal nostro redentore, vuol dire che le croci non hanno più il potere di schiacciarci e di configgerci e gli stessi sepolcri sono aperti per lasciarci liberi di tornare a Dio.

9 commenti:

  1. Ci impegniamo a seguirlo senza guardare in dietro, senza commiati, senza rimpianti, sen za nostalgie di cose, senza chiedergli dove sia e se ci può prendere: a seguirlo sino alla fine, senza chiedergli su quale monte né su quale croce potremo dire il nostro «consummatum est»‚ senza chiedergli che ci darà per le cose che abbiamo abbandonate. Se ci prende con sé, se ci fa lavorare, se ci manda come pecore in mezzo ai lupi, col suo nome nel cuore più che sul labbro, noi saremo contenti.
    Primo Mazzolari

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  2. Capite perché Paolo ci esorta a celebrare la croce? Perché su di essa è stato immolato Cristo. Dove c'è il sacrificio, là si trova la remissione dei peccati, la riconciliazione con il Signore, la festa e la gioia. «Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato» per noi. Immolato, ma dove? Su un patibolo elevato da terra. L'altare di questo sacrificio è nuovo, perché nuovo e straordinario è il sacrificio stesso. Uno solo è infatti vittima e sacerdote: vittima secondo la carne, sacerdote secondo lo spirito...
    Giovanni Crisostomo

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  3. Al venerdì santo i cristiani raccolgono nell'immagine del crocifisso, agnello innocente, tutte le vittime della storia, gli agnelli uccisi dai lupi: i cristiani in questo giorno sono chiamati a imparare a sostenere lo scandalo della croce senza rovesciare le colpe sull'altro, sicuri che dalla croce di ogni giusto si evidenzia una ragione per cui vale la pena dare la vita.
    Enzo Bianchi

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  4. L'Amore che ha scelto la via della debolezza compassionevole, è lo stesso Amore che ha creato l'uomo non per la morte ma per la beatitudine eterna: le decisioni divine sono irreformabili. Se condivide con me la morte, non è per rimanervi imprigionato dentro con me. Veramente, ciò che è accaduto sulla Croce ha cambiato alla radice la nostra condizione umana: noi non siamo più condannati alla morte eterna, perché sulla croce Cristo morendo ha redento la nostra morte.
    Carlo Caffarra

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  5. Imprimi questo segno nel tuo cuore e abbraccia questa croce, cui dobbiamo la salvezza delle nostre anime.
    Giovanni Crisostomo

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  6. Donna dell'eclissi totale, accresci le nostre riserve di coraggio. Raddoppia le nostre provviste di amore. Alimentaci le lampade della speranza. E fa' che nelle frequenti carestie di felicità che contrassegnano i nostri giorni, non smettiamo di attendere con fede colui che verrà finalmente a "mutare il lamento in danza e la veste di sacco in abito di gioia"
    don Tonino Bello

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  7. "La croce è il sostegno dell'uomo e la sua struttura, il telaio sul quale l'uomo viene tessuto. Pensati nella croce, pensa la croce in te. La tua schiena eretta con dolore è il palo, le tue magre spalle sono la traversa. Appeso nella sua rossa tempesta, il tuo cuore di gloria è il Corpo del Signore"
    Lanza del Vasto

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  8. Il Verbo eterno parla per liberare coloro che lo ascoltano. Egli è la Parola della Verità che bisogna raggiungere. Se si ha la felicità di accogliere ciò che dice e se ne fa la propria dimora, la muta dimora in cui si rimane con lui e dove lui resta con noi, la voce dei beni della terra si spegne, non ci colpisce più, non ci trascina più nella menzogna di ciò che non è. Ciò che ora, la Verità fatta carne annuncia in parole, lo manifesterà definitivamente in atto sulla croce.
    Augustin Guillerand

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  9. Per Cristo e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte che, al di fuori del suo Vangelo, ci opprime.
    Concilio Vaticano II. GS, 22.

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