Mercoledì - Gv 12,44-50
Gesù allora gridò a gran voce: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato». Il grido sgorga dall’intensità dell’amore, dall’importanza del messaggio che si sta per annunciare, dal desiderio vivo di farsi ascoltare da tutti. È un grido che deve giungere, per la sua urgenza, fino a noi e che va accolto da tutti con la migliore disposizione. Cristo è l’icona del Padre e la fede, che egli reclama per la sua persona, riguarda lo stesso Padre celeste. Credere e vedere, vuol dire vedere con la fede la persona del Figlio, accogliere il suo messaggio per credere nel Padre. Il faro che illumina è la stessa persona del Cristo, che si proclama luce del mondo e motivo e fonte determinante della fede. Lo stesso evangelista Giovanni nell’annunciare l’incarnazione del Verbo nel Prologo al suo vangelo, dice: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta». Preferire le tenebre alla luce è il peccato del mondo, è il rifiuto di Cristo: si brancola nel buio e ci si perde nell’errore, ci si ritrova impastocchiati di male e si teme ancora di lasciarsi illuminare e così il buio e il male finiscono per convivere stabilmente con noi. Sono i fenomeni che segnano i momenti peggiori della storia, spesso, come accade ai nostri giorni, camuffati da un apparente benessere, che illude e neanche sfiora le fibre interiori dell’anima. Così ci appare evidente come possano convivere illusioni di felicità e profondo malessere interiore. A luci spente non si è più in grado di sperare la salvezza e lo stesso Cristo ci appare più come giudice del mondo che portatore di salvezza. Per questo egli ci ripete: «Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo!. L’eventuale condanna non sgorgherà da un giudizio, ma sarà la triste inevitabile conseguenza di un colpevole rifiuto. Occorre ancora la luce radiosa di Cristo per accorgersi e rimediare sapientemente ai nostri assurdi, ai mali che si annidano dentro il buio del nostro animo. La fede, dono di Dio, se non alimentata ogni giorno, si spegne lentamente come lampada senz’olio. Già nel giorno del nostro battesimo ci viene data una candela, simbolo della fede e la chiesa raccomanda di farla ardere in continuità per tutta la vita e di non farla mai spegnere. Anche San Paolo raccomandava ai primi fedeli di non spegnere lo Spirito, ma di sondare con quella luce le profondità e la ricchezza dell’amore divino. M.B.S.
Per un confronto personale
• Giovanni fa un bilancio dell'attività rivelatrice di Dio. Se io facessi un bilancio della mia vita, cosa ci sarebbe di positivo in me?
• C'è qualcosa in me che mi condanna? P.C
Questa luce superiore da cui la mente umana è illuminata, è Dio. Era la vera luce che illumina ogni uomo che viene nel mondo (Gv 1,9). Questa luce era Cristo.
RispondiEliminaS. Agostino
Questa luce superiore da cui la mente umana è illuminata, è Dio. Era la vera luce che illumina ogni uomo che viene nel mondo (Gv 1,9). Questa luce era Cristo.
RispondiEliminaS. Agostino
Fiat! Pronunciatela questa soave parola, o figli e amici miei, pronunciatela ad ogni respiro, ad ogni battito del cuore, ad ogni movimento delle labbra. Dio la comprenderà sempre nel modo in cui volete ch'egli la comprenda, ora come preghiera, ora come atto di fede nel dubbio, come atto di speranza nel timore, e sempre come atto di amore.
RispondiEliminaS. Luigi Orione
La missione che affonda le radici nella vita trinitaria può nascere solo dall'ascolto della voce dello Spirito: preghiera e digiuno liberano l'uomo da quell'egoismo che lo spinge a portare avanti idee personali e a ricercare i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo.
RispondiEliminaBenito Marconcini
La testimonianza viva della Chiesa primitiva che ci raggiunge e viene interiorizzata nella preghiera, ci permette d'essere anche oggi testimoni della risurrezione... E' stato detto che il cristiano del terzo millennio o sarà mistico o non sarà più cristiano. Si possono intendere queste parole come un invito alla preghiera, all'interiorità, alla carità.
RispondiEliminaCard. Carlo Maria Martini
Sorveglia il tuo cuore con la massima attenzione, in modo da non compiacerti con te stesso. Considerati invece sempre inferiore a tutti e ricorda che qualunque bene la vita ti abbia riservato, devi attribuirlo non a te che lo hai ricevuto, ma a Dio che te lo ha dato.
RispondiEliminaMartino di Braga
La Torah è il tesoro di Israele, è la via per la vita, è la via per entrare in comunione con Dio
RispondiEliminaSchudà ha-Leví
"Là dov'è l'umiltà, la carità s'instaura e trionfa". Sant'Agostino
RispondiElimina"L'umiltà dispone alla grazia, ma non l'umiltà è questa grazia, bensì la carità". V.Janchélévitch - filosofo contemporaneo