Venerdì - San Giuseppe Lavoratore
Festeggiare S. Giuseppe nella sua condizione di carpentiere, di operaio, significa ricordare l’ambiente in cui il Cristo è voluto nascere, ha ricevuto la propria formazione umana ed ha vissuto trent’anni della sua vita: Gesù ha realmente condiviso la condizione operaia di Giuseppe, e ha molto ricevuto da quest’uomo semplice e retto che gli ha fatto da padre. Ma se il lavoro è fonte di saggezza e mezzo per servire la comunità dei fratelli, ci sono situazioni di lavoro disumanizzanti, che impongono all’operaio una schiavitù incompatibile con la dignità della persona. In questa festa istituita da Pio XII nel 1955, preghiamo San Giuseppe di rendere lucida ed efficace la lotta per liberare i lavoratori da ogni oppressione. Cfr. Messalino ed. EDB—
Può il figlio di Giuseppe, un operaio, un carpentiere, parlare, insegnare come Gesù sta facendo nella sinagoga? In un primo momento la sua gente fa fatica anche a riconoscerlo, ritiene impossibile, date le sue umili origini, che quel Gesù di Nazareth, figlio del falegname e di una semplice giovane donna, Maria, possa affrontare degli argomenti che per lui non possono che essere inaccessibili. La provenienza famigliare non può avere “originato” tanta sapienza, tanta conoscenza, tanta virtù. Nella mente strettamente umana, legata solo ed unicamente a certi schemi mentali, ciò che stanno vedendo e sentendo non può essere accettato, non può essere vero, non può assolutamente essere credibile! Credono invece allo scandalo, perché solo di questo si può trattare. Il limite della mente umana arriva solo a questo, non consente di andare oltre ai suoi schemi, ai suoi pregiudizi, ecco perché “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua”. Necessita una capacità che è al di sopra di tutto, una forza d’animo che proviene dallo Spirito di Dio che accende nei cuori la fiamma dell’Amore che si fa parola, che si fa azione. Come possederla se non ci si apre alla realtà Soprannaturale, non la si riceve nella propria vita e nella propria storia. Gesù li lascia liberi di non credergli, non ritiene opportuno di operare tanti miracoli per dimostrare la sua identità. Credere in Dio non è una “mercanzia” ma un atto di Fede.
Può il figlio di Giuseppe, un operaio, un carpentiere, parlare, insegnare come Gesù sta facendo nella sinagoga? In un primo momento la sua gente fa fatica anche a riconoscerlo, ritiene impossibile, date le sue umili origini, che quel Gesù di Nazareth, figlio del falegname e di una semplice giovane donna, Maria, possa affrontare degli argomenti che per lui non possono che essere inaccessibili. La provenienza famigliare non può avere “originato” tanta sapienza, tanta conoscenza, tanta virtù. Nella mente strettamente umana, legata solo ed unicamente a certi schemi mentali, ciò che stanno vedendo e sentendo non può essere accettato, non può essere vero, non può assolutamente essere credibile! Credono invece allo scandalo, perché solo di questo si può trattare. Il limite della mente umana arriva solo a questo, non consente di andare oltre ai suoi schemi, ai suoi pregiudizi, ecco perché “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua”. Necessita una capacità che è al di sopra di tutto, una forza d’animo che proviene dallo Spirito di Dio che accende nei cuori la fiamma dell’Amore che si fa parola, che si fa azione. Come possederla se non ci si apre alla realtà Soprannaturale, non la si riceve nella propria vita e nella propria storia. Gesù li lascia liberi di non credergli, non ritiene opportuno di operare tanti miracoli per dimostrare la sua identità. Credere in Dio non è una “mercanzia” ma un atto di Fede.
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