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Spirito Santo

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Corpus Domini

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Nel Corpo e nel Sangue di Gesù

Ciascun uomo possa "sentire e gustare" la presenza di Gesù e Maria, SS. Madre della Pentecoste, nella propria vita, in ogni attimo della propria giornata.



Nello Splendore della Resurrezione del Signore l'uomo trovi la sua vera dimensione e riesca ad esprimerla con Amore e Carità. Un abbraccio Michy


Maria SS. di Montevergine

Maria SS. di Montevergine
Maria SS. di Montevergine

Ti seguitò Signore - Mons.Mario Frisina

domenica 13 novembre 2011

Domenica della XXXIIi Settimana del Tempo Ordinario

Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».Mt 25,14-30

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L'invito a non avere paura della vita


Dai protagonisti della parabola emergono due visioni opposte della vita: l'esistenza, e i ta­lenti ricevuti, come una op­portunità; oppure l'esisten­za come un lungo tribunale, pieno di rischi e di paure. I primi due servi entrano nel­la vita come in una possibi­lità gioiosa; l'ultimo non en­tra neppure, paralizzato dal­la paura di uscirne sconfitto. La parabola dei talenti è il poema della creatività, sen­za voli retorici, perché nes­suno dei tre servi crede di poter salvare il mondo. Tut­to invece odora di casa, di vi­ti e di olivi o, come nella pri­ma lettura, di lana, di fusi, di lavoro e di attesa. Di sem­plicità e concretezza. Ciò che io posso fare è solo una goc­cia nell'oceano, ma è questa goccia che dà senso alla mia vita (A. Schweitzer).
Il Vangelo è pieno di una teo­logia semplice, la teologia del seme, del lievito, di inizi che devono fiorire. A noi toc­ca il lavoro paziente e intel­ligente di chi ha cura dei ger­mogli. Dio è la primavera del cosmo, a noi il compito di esserne l'estate feconda di frutti.
Leggiamo bene il seguito della parabola: Dio non è un padrone che rivuole indie­tro i suoi talenti, con in ag­giunta quelli che i servi han­no guadagnato. Ciò che i servi hanno realizzato non solo rimane a loro, ma è moltiplicato un'altra volta: «Sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto». Il padrone non ha bisogno di quei dieci o quattro talenti. I servi vanno per restituire, e Dio rilancia: e questo accre­scimento, questo incremen­to di vita, questa spirale d'a­more crescente è l'energia segreta di tutto ciò che vive. Noi non viviamo semplice­mente per restituire a Dio i suoi doni. Ci sono dati per­ché diventino a loro volta se­me di altri doni, lievito che solleva, addizione di vita per noi e per tutti coloro che ci sono affidati.
Non c'è neppure una tiran­nia, nessun capitalismo del­la quantità. Infatti chi con­segna dieci talenti non è più bravo di chi che ne conse­gna quattro. Le bilance di Dio non sono quantitative, ma qualitative.
Non ci sono dieci talenti i­deali da raggiungere: c'è da camminare con fedeltà a ciò che hai ricevuto, a ciò che sai fare, là dove la vita ti ha mes­so, fedele alla tua verità, sen­za maschere e paure.
La parabola dei talenti è un invito a non avere paura del­la vita, perché la paura pa­ralizza, perché tutto ciò che scegli di fare sotto la spinta della paura, anziché sotto quella della speranza, im­poverisce la tua storia. La pedagogia del Vangelo offre tre grandi regole di maturità: non avere paura, non fare paura, liberare dalla paura. Soprattutto da quella che è la paura delle paure, la pau­ra di Dio. p.Ermes Ronchi

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