Lo uccideranno, ma risorgerà. I figli sono liberi dal tributo.
In quel tempo, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati.
Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì».
Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». Rispose: «Dagli estranei».
E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te». Mt 17,22-27
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dal Giornale "a Sua Immagine"
«I figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli…». Isolate da tutte le altre questioni, anche di identificazione storica, riguardo al racconto evangelico, rimangono queste due affermazioni: la prima sulla condizione di libertà di Gesù e dei suoi discepoli e, l’altra, sullo scandalo. Quanto alla prima, si tratta della libertà rispetto alla legge mosaica alle tradizioni giudaiche. Fuori della legge, senza di essa, il discepolo di Gesù è chiamato alla libertà, a una condizione filiale che lo libera dallo spirito di servitù e di paura. Sono temi paolini (cfr Gal 5,13; Rm 6, 23;8,15-16) molto noti. Anche in Giovanni 8,32 leggiamo che il discepolo, aderendo alla parola di Gesù,diventa libero. I limiti di questa libertà sono il libertinaggio (cfr Gal5,13) e la carità verso il prossimo.
In molte circostanze Gesù non ha avuto alcun problema a scandalizzare: i concittadini di Nazaret, i farisei, gli stessi suoi discepoli che ancora non comprendono la via della Croce.
Ma c’è scandalo e scandalo. Anche Paolo chiede di astenersi dal mangiare le carni sacrificate agli idoli per purtroppo non offendere la sensibilità religiosa (cfr 1Cor 10,28) e rinuncia a usare di un diritto «per non mettere ostacoli alVangelo di Cristo» (1Cor 9,12).
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